Economia

Dalla pirateria audiovisiva danni all’industria per 700 milioni

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lotta al nero

Dalla pirateria audiovisiva danni all’industria per 700 milioni

Ogni anno è come se andassero persi più di 6.500 posti di lavoro. Come se chiudessero più di 1.500 aziende. Il conto che la pirateria audiovisiva presenta all’economia è da far tremare i polsi, stando all’indagine Ipsos commissionata da Fapav, la Federazione per la tutela dei contenuti audiovisivi e multimediali. È la terza indagine in ordine di tempo, dopo quelle del 2009 e del 2011. «Dopo sei anni - spiega Federico Bagnoli Rossi, segretario generale Fapav - riaggiorniamo dati e ricerca, ma con un orizzonte temporale chiaro, di programma. Abbiamo fatto un accordo triennale con Ipsos».

Nel triennio si potrà dunque verificare l’andamento di un fenomeno che gode di una diffusa autoindulgenza fra i pirati, consapevolezza elevata, ma solo 1 adulto su 4 ritiene che si tratti di un gesto grave. Certo, la pirateria 2.0 ha cambiato pelle, è diventata più sofisticata. E i dati della ricerca Ipsos/Fapav non possono che mettere in allarme. A partire dal fatto che 4 adulti su 10 nell’ultimo anno hanno commesso atti di pirateria. E a conti fatti di tratta di più di 20 milioni di persone.

Salato il conto economico: il danno finanziario per l’industria audiovisiva viene indicato in 686 milioni di euro all’anno. Ma considerando tutti i settori economici italiani, a causa della pirateria audiovisiva vanno persi 1,2 miliardi di euro. E in questo taglio a perderci è anche lo Stato italiano, visto che la perdita di fatturato delle aziende porterebbe a una contrazione di Pil di circa 427 milioni di euro e che gli introiti fiscali che potrebbero arrivare - e che invece neanche si avvicinano alle casse statali - sono stati quantificati dall’indagine in 198 milioni di euro.

I film sono il contenuto più piratato: il 33% della popolazione adulta con oltre 370 milioni di atti di pirateria. L’indagine Ipsos-Fapav ha voluto far luce anche sia sull’universo giovanile, sia sulle serie e programmi televisivi. In quest’ultimo caso si è rilevato che nel 2010 i “pirati” erano rispettivamente il 13% e l’11% della popolazione, saliti oggi al 22% e al 19 per cento. Quindi un aumento, rispettivamente, di 9 e 8 punti percentuali negli atti di pirateria. Per quanto riguarda l’analisi dell’universo “under 15” se tra gli adulti i pirati risultano essere il 39% della popolazione, tra i giovani la percentuale è superiore: 1 ragazzo su 2 tra i 10 e i 14 anni dichiara di aver visto illegalmente negli ultimi 12 mesi almeno un film, una serie o un programma televisivo.

Le motivazioni? La ricerca smonta l’accezione comune che la pirateria derivi da oggettive difficoltà economiche. Chi compie atti illeciti è infatti principalmente uomo (55%), lavoratore (54%), con un titolo di studio mediamente elevato (62% diplomati).

«L’indagine - dichiara il presidente Fapav Federico Bagnoli Rossi - ci dice che non possiamo abbassare la guardia, che dobbiamo lavorare sempre di più e con maggiore determinazione sul fronte della comunicazione e della sensibilizzazione, soprattutto nei confronti dei nativi digitali». Giampaolo Letta, ad Medusa, ha provato a spostare l’orizzonte durante la tavola rotonda della mattinata: «Forse sarebbe ora di provare a sanzionare anche dal basso, e non solo i trafficanti o chi guadagna dal fenomeno a monte». Concetto questo sul quale si è detto d’accordo Paolo Genovese.

Ad aprire i lavori un videomessaggio del presidente del Senato Pietro Grasso. Dalla seconda carica dello Stato è arrivato un messaggio che ha trovato sponda anche negli interventi successivi di Mario Catania, presidente della Commissione d’inchiesta sulla contraffazione e pirateria commerciale della Camera dei Deputati, Nicola Borrelli, direttore Generale del Mibact e Christopher J. Dodd, presidente Mpaa. Prevenzione e formazione sono state le parole più gettonate, con la richiesta di un’attività che trovi sempre più coinvolte le scuole.

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