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Siracusa e le leggi non scritte che soffocano l’impresa

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Siracusa e le leggi non scritte che soffocano l’impresa

La legge italiana è il frutto delle decisioni del Parlamento nazionale e del Parlamento europeo, secondo le risultanze scientifiche e il volere della maggioranza degli elettori. Ma pare esista anche un sistema normativo à-la-carte, basato su regole non scritte, deciso da alcune Procure e da alcuni esperti, sempre gli stessi, per rispondere ai malumori di alcuni cittadini preoccupati i quali si sono informati approfonditamente su Google.
A Siracusa la settimana scorsa è stato sequestrato il petrolchimico, cioè le raffinerie della Lukoil di Priolo e della Esso ad Augusta che fanno di quel tratto di Sicilia il principale polo mediterraneo di raffinazione del petrolio insieme con la colossare Saras di Sarròch, in Sardegna.

Il polo industriale siracusano ha inquinato molto nel passato e inquina ancora, ma inquina sempre meno con il passare del tempo perché si adegua all’evoluzione della legge e della società.

Ora la Procura ha chiesto di fermare gli impianti perché puzzano: gli aliti soffocanti sono in regola con le nome italiane ed europee sulle emissioni. Lo confermano i dati della rete (in parte privata) con cui la Provincia rileva e gestisce l’inquinamento dell’aria.

Privati cittadini, associazioni ed enti locali «si lamentavano della cattiva qualità dell’aria — sono le parole usate dalla Procura per spiegare il motivo del sequestro — doglianze che hanno trovato riscontro in particolare con riguardo alle sostanze c.d. non normate odorigene».

Queste sostanze, non normate perché finora pare che non producano danni alla salute o all’ambiente, giustamente devono smettere di turbare il senso olfattivo di chi vive attorno alle raffinerie fino a rendere insopportabile la qualità dell’aria.

Le «doglianze» fatte proprie dalla Procura e dai suoi esperti avrebbero potuto portare alla chiusura dell’intero polo industriale, lasciando per strada senza lavoro migliaia di persone e aprendo ancora una volta il contenzioso fra occupazione, industria e “cittadini informati”.

Davanti all’ipotesi di soffocare l’intero polo petrolifero e mandare a casa il personale, il giudice delle indagini preliminari Michele Consiglio, figlio di quel compianto Nino Consiglio che fu un esponente di grande rilievo del Pci siciliano, consentendo la facoltà d’uso ha deciso di tenere aperta la produzione e di salvare il posto agli addetti.

La Esso e le raffinerie Lukoil Isab dovranno ridurre l’impatto fiutativo tramite «la copertura delle vasche costituenti l’impianto di trattamento acque» e altri interventi per abbassare il tasso di olezzo.

Nessuna prescrizione, invece, per le colossali vasche dell’impianto di depurazione consortile pubblico che produce anch’esso odoracci e altri aliti.

Strano Paese quello in cui cittadini e imprese possono essere processati per avere violato leggi non scritte.

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