A pochi giorni dalla pubblicazione da parte della Commissione europea di un’analisi delle città candidate a ospitare i due organismi comunitari che dovranno a breve lasciare Londra e, i protagonisti dell’industria italiana hanno presentato ieri a Bruxelles la candidatura di Milano, che ambisce a ospitare la sede dell’Agenzia europea per i medicinali (nota con l’acronimo Ema). Una decisione dei governi nazionali verrà presa nel corso dell’autunno. L’esito della competizione è incerto.
A sostegno della candidatura di Milano, il presidente di Farmindustria Massimo Scaccabarozzi, ha spiegato che il capoluogo lombardo è «la sede per un’immediata operatività dell’Ema, in una metropoli facilmente raggiungibile, con infrastrutture logistiche, alberghiere e sanitarie di assoluto livello, oltre a un ottimo sistema scolastico e universitario». La manifestazione di ieri, che ha fatto seguito alla presentazione delle istituzioni avvenuta lunedì – è stata organizzata da Confindustria, Farmindustria, Federchimica, Fondazione Milano per Expo 2015, Camera di Commercio Milano Monza Brianza Lodi e Assolombarda.
«Affrontiamo la sfida a testa alta, grazie a una candidatura che offre le condizioni ideali per perseguire gli obiettivi dell’Ema – ha detto Licia Mattioli, vice presidente di Confindustria –. Ecco perché è essenziale che la scelta a cui sono chiamati gli Stati membri sia basata sui più rigorosi parametri oggettivi di valutazione». Alessandro Spada, vice-presidente vicario di Assolombarda, ha fatto notare che nell’area della Grande Milano «risiedono circa 3.600 multinazionali».
Infine, secondo Diana Bracco, presidente della Fondazione Milano per Expo 2015 e imprenditrice del settore farmaceutico, «il sistema economico-produttivo italiano è fortemente impegnato nel sostegno alla candidatura di Milano come nuova sede dell’Ema. Milano ha tutti i requisiti necessari e rappresenta la migliore scelta a garanzia della continuità delle attività dell’Agenzia, fondamentale per assicurare la salute di milioni di cittadini europei».
Le città candidate a ospitare l’Emasono 19, mentre otto sono quelle candidate a ospitare l’Autorità bancaria europea (Eba), l’altro organismo costretto a lasciare Londra. Per evitare un “tira e molla” politico i presidenti della Commissione europea e del Consiglio europeo Jean-Claude Juncker e Donald Tusk hanno ideato una procedura di voto complicata, ma che ha il merito di permettere di prendere una decisione a maggioranza, non come al solito all’unanimità. Nel corso della procedura di voto, che dovrebbe aver luogo in novembre, ogni Paese avrà diritto a sei voti. Nella prima tornata di votazione, ogni governo darà tre voti alla sua prima scelta, due voti alla seconda, e un voto alla terza. Per essere selezionata, la sede dovrà ottenere tre voti da almeno 14 Paesi su 27. In caso contrario, le tre sedi più votate avranno accesso a una seconda tornata. In questo secondo caso, i Paesi avranno un voto ciascuno. Vince chi riceve almeno 14 voti su 27.
A Bruxelles si guarda con preoccupazione all’esito che potrebbe dare questo metodo di voto, soprattutto per quanto riguarda l’Ema. L’establishment comunitario sa che le candidate più credibili sono tutte città dell’Ovest: Amsterdam, Barcellona, Milano, Vienna, Bruxelles, Copenhagen. Outsider è Bratislava, che è appoggiata dai Paesi dell’allargamento e che spera di essere favorita da un criterio geografico (l’Est è sede di pochi organismi europei).
«Ci aspettiamo che il primo voto venga dato dal singolo governo alla propria sede nazionale. Abbiamo dubbi sul secondo voto: verrà fatta un’analisi seria o sarà un voto puramente politico, fosse solo per bloccare un concorrente?», si chiede un alto esponente europeo. «Il rischio in questo secondo caso è che la partita venga vinta da una città quale Sofia…». Entro la fine di questo mese, la Commissione europea ha promesso di presentare un’analisi delle diverse candidature.
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