Congelare la procedura ex articolo 47 e iniziare finalmente a discutere di lavoro e piano industriale. È il compromesso per fare ripartire la vertenza sindacale sulla cessione dell’Ilva al quale stanno lavorando le parti in causa, con il ministro Carlo Calenda che, in particolare, ieri ha ribadito l’impegno a «tenere il filo negoziale, ma non a tutti i costi, e continuare a spingere affinchè il tavolo si riapra nei modi giusti».
Il nodo è proprio capire quali possano essere le modalità più appropriate per tornare al confronto. La lettera di apertura della procedura, prevista dalla legge 428 del 1990 sui trasferimenti d’azienda e inviata venerdì 6 ottobre ai sindacati («non si capisce se è frutto di dilettantismo o se è stata una provocazione con l’obiettivo di far scattare l’incidente» ha detto martedì il segretario della Fim, Marco Bentivogli) è l’equivoco che in questi giorni sta costituendo il vero ostacolo all’avvio di una interlocuzione, visti i contenuti, giudicati particolarmente penalizzanti per i 10mila addetti che Am Investco Italy (è la cordata che si è aggiudicata gli asset dell’Ilva in amministrazione straordinaria) è disposta a riassumere.
La migliore soluzione per ritrovarsi al tavolo sembra a questo punto accordarsi per «congelare» il documento: un’ipotesi che, come conferma più di una fonte, si sta vagliando in queste ore. Lo stesso Bentivogli ha ricordato ieri che «con gli articoli 47 si possono prevedere mancati accordi, ma questo non esclude che il negoziato si debba fare sul serio». Un’affermazione che lascia intendere anche la disponibilità dei rappresentanti dei lavoratori ad accantonare il percorso previsto dalla legge (che tra l’altro ha una durata massima di una dozzina di giorni dall’avvio della consultazione) per tornare a sedersi il tavolo. In una parola: cambiare il binario della discussione, ripartendo dall’accordo tra i commissari e ArcelorMittal (il gruppo siderurgico controlla l’85% di Am Investco Italy) all’indomani dell’aggiudicazione.
Il tavolo può essere aperto indipendentemente da quanto è stato scritto nella lettera, che se accantonata non appare più come una pregiudiziale all’avvio della discussione: per farlo, però, il Governo punta ancora a ottenere da Am almeno una sorta di assenso sul fatto che quanto scritto nella lettera possa essere superato in trattativa. «Bisogna resettare tutte le posizioni e ricominciare con una trattativa più serena»ha sintetizzato ieri Rocco Palombella, tornando a chiedere insieme alla leader Fiom Francesca Re David la salvaguardia di tutti i lavoratori, evitando esuberi.
Il ministro dello Sviluppo economico, Carlo Calenda, ieri ha ribadito durante un vivace question time alla Camera che ha deciso di richiamare il tavolo su Ilva «fino a quando gli impegni» di Am «non vengono chiariti in relazione alla lettera» d’avvio della procedura. Replicando alle interrogazioni di Donatella Duranti (Mdp) e di Stefano Fassina (Possibile) il ministro ha sottolineato che il Governo vuole «mantenere il negoziato con una cordata che è pronta a investire 4 miliardi di euro tra piano ambientale e industriale e che garantisce il maggior numero di assunzioni e il migliore livello salariale» (rispetto all’altra cordata che ha perso la gara), «continuando però a richiamarla ai suoi obblighi». Replicando alle contestazioni sulle scelte del Governo Calenda ha ricordato ieri che la cordata AcciaItalia, partecipata da Cdp (uscita sconfitta dal confronto con Am ), «prevedeva più esuberi e meno stipendi» e ha sottolineato che in Europa «sono vietati gli aiuti di stato sull’acciaio».
Il ministro nei giorni scorsi ha auspicato la possibilità di ufficializzare la riconvocazione del tavolo già entro questa settimana, anche se sullo sfondo resta l’incrocio in calendario con l’iter del dossier antitrust. L’indagine, se non necessiterà di approfondimenti, potrebbe concludersi giovedì prossimo: la cordata potrebbe preferire attendere a questo punto qualche giorno e acquisire ulteriori elementi in vista della ripresa della trattativa.
A sollecitare il dialogo, durante la giornata di ieri, è stato anche il presidente di Federacciai, Antonio Gozzi. «Il Governo - ha detto - deve prima di tutto creare un ambiente favorevole al fatto che ArcelorMittal e il sindacato si parlino: è chiaro che non si può pensare a una ripartenza dell’Ilva contro il sindacato. Non esiste e credo che non ci pensi neppure Mittal». Gozzi si è detto convinto che «ci sarà una lunga negoziazione e alla fine l’Ilva potrà riprendere la sua strada nelle mani del più importante imprenditore della siderurgia mondiale, capace di garantire all’Ilva investimenti e management».
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