Economia

La riviera del lusso e il gigante morente

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L'Analisi|territori allo specchio

La riviera del lusso e il gigante morente

L’economia è sempre più sfaccettata, come un prisma. Cambia volto a seconda del settore, della filiera, del territorio. Dietro alla più elevata crescita del Pil dal 2011 (+1,8% tendenziale nel terzo trimestre 2017), certificata dall’Istat nei giorni scorsi, non c’è un ecosistema produttivo omogeneo. Ci sono la Lombardia che macina segni “più” con meccanica strumentale, chimica, farmaceutica, e la via Emilia che diventa simbolo della ripresa – si veda il Sole 24 Ore del 15 novembre – con produzione industriale a +2,8% nel primo semestre, export a +6,4%, disoccupazione al 6,5%.

C’è la filiera della moda che inanella incrementi a doppia cifra nell’export – nei primi sei mesi 2017, come segnala l’elaborazione dell’ufficio studi di Intesa Sanpaolo – verso Svizzera (+21,6%), Francia (+14,7), Russia (+12,3), Cina (+10,9%). Performance che frutteranno a fine anno un miliardo di euro in più nel saldo commerciale (stima della Camera della Moda). L’export è la chiave del successo anche del distretto delle calzature del Brenta (si veda articolo in pagina) che manda oltre confine il 91% della produzione.

L’ultimo Monitor sui distretti di Intesa Sanpaolo individua 94 aree industriali italiane in crescita sul totale di 147 censite , con i risultati più brillanti nella filiera metalmeccanica. Persino meglio delle tedesche.

C’è, dietro alla crescita, la corsa della meccanica e dell’automotive – ieri il report Anfia sulla componentistica ha segnalato +4,8% dell’export nel primo semestre, con un saldo commerciale positivo per 3 miliardi – sospinti dalle misure legate a Industria 4.0 (non a caso le associazioni di categoria Anfia, Aniasa, Federauto, Unrae, Assilea hanno chiesto la conferma anche per le auto del superammortamento).

Il prisma dell’economia, però presenta anche altre facce. Meno brillanti, più problematiche. Facce come quella del Sulcis (si veda altro articolo in pagina) dove situazioni di crisi (Alcoa, Eurallumina) si trascinano a suon di ammortizzatori sociali e in meno di dieci anni gli occupati dell’area si sono più che dimezzati (da circa 5mila a 2mila). La metallurgia, in generale, stando alle ultime previsioni, è uno dei pochi settori destinato a chiudere il 2017 in negativo.

Facce come quella di Piombino, alle prese con il rilancio della ex Lucchini. Ma anche come quella delle costruzioni, che rinviano di anno in anno la ripresa, o quella del calcestruzzo: secondo Federbeton il 2017 porterà in dote un livello di volumi di produzione, mercato e valore aggiunto inferiore di oltre il 60% rispetto a nove anni fa.

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