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Le risorse statali per i competence center salgono a 40 milioni

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INDUSTRIA 4.0

Le risorse statali per i competence center salgono a 40 milioni

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In ritardo di oltre otto mesi arriva al traguardo il decreto di attuazione dei Competence center del piano Industria 4.0. Dopo un’estenuante scambio tra ministeri, Consiglio di Stato e Corte dei conti, il testo è stato pubblicato sulla Gazzetta ufficiale n. 6 del 9 gennaio, ma il percorso non è ancora concluso. Occorreranno ancora diversi mesi prima di vedere all’opera il primo centro italiano concepito come “risposta” al modello tedesco dei Fraunhofer. Ora infatti bisognerà effettuare due selezioni, quella delle università che devono scegliere le imprese partner (si pensa a un avviso pubblico per manifestazione di interesse) e il bando di gara del ministero dello Sviluppo che dovrà individuare con procedura negoziale i poli «pubblico-privato». Il bando del Mise dovrebbe essere presentato nell’arco di 10-15 giorni, con una novità rilevante rispetto alle attese: le risorse statali a disposizione saliranno da 30 a 40 milioni.

I centri ad alta specializzazione dovranno essere costituiti con un contratto che oltre ai partner dovrà specificare, tra le altre cose, l’attività e gli obiettivi strategici; l’entità e i tempi dei conferimenti; il divieto di ripartizione degli utili; la previsione di un organo comune che agirà in rappresentanza delle imprese partner su alcune procedure, ad esempio per accedere a garanzie sul credito o a strumenti per l’internazionalizzazione.

Sono tre i compiti principali: orientamento alle imprese, in particolare Pmi, sui temi della digitalizzazione industriale; formazione (in aula, sulla linea produttiva e su applicazioni reali); attuazione dei progetti di innovazione e ricerca proposti dalle imprese e fornitura di servizi di trasferimento tecnologico in ambito Industria 4.0.

Ai competence center selezionati saranno assegnati fondi pubblici - secondo il regolamento Ue Gber - per un massimo teorico di 7,5 milioni di finanziamento (contributi diretti alla spesa) per singolo polo. Con questa ripartizione: 65% per costituzione e avvio dell’attività e 35% per i progetti (per un importo massimo di 200mila euro).

La dote più corposa (40 milioni rispetto ai 30 preventivati) potrebbe consentire il decollo di 6-8 competence center in tutta Italia. Tra i candidati ci sono i tre Politecnici (Milano, Torino e Bari), l’università di Bologna, il Sant’Anna di Pisa (in partnership con la Normale), l’università di Genova, la Federico II di Napoli e la rete degli atenei veneti guidati da Padova.

Il decreto fissa poi una serie di requisiti per i partner pubblici e privati. In particolare atenei ed enti di ricerca dovranno dimostrare di aver ottenuto ottime performance scientifiche nelle valutazioni effettuate dall’Anvur. Le università dovranno poi impiegare personale e risorse (almeno per il 70%) che fanno parte dei migliori dipartimenti universitari italiani individuati da un indicatore ad hoc (Ispd). Proprio ieri - per inciso - sono stati selezionati dal Miur e dall’Anvur i 180 dipartimenti a cui sarà assegnato oltre 1 miliardo in cinque anni per fare ricerca anche in chiave Industria 4.0.

Il bando poi erogherà i fondi ai competence center in base a un punteggio che terrà conto della solidità economica e scientifica dei partner e del programma: dal numero di progetti industry 4.0 già avviati di trasferimento tecnologico nelle Pmi ai bandi vinti in Italia e in Europa sugli stessi temi (per le università e centri di ricerca) fino ai brevetti e alle dimensioni del fatturato delle aziende nei tre anni precedenti.

Infine il decreto identifica anche le caratteristiche dei progetti di ricerca applicata presentati dalle imprese che potranno accedere ai benefici finanziari. Progetti che - secondo il bando che sarà presentato nei prossimi giorni - dovranno dimostrare un livello di maturità tecnologica medio alto (da 5 a 8) secondo la scala «Trl» (Technology Readiness Level) utilizzata anche per i progetti che partecipano ai bandi Ue Horizon 2020.

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