«Un passo avanti. Ci voleva. Perchè sa, il problema non sono mica i clienti iraniani. Quelli sono pure puntuali nei pagamenti. È chenon si riesce a trasferire il denaro da una banca all’altra». Carlo Banfi, presidente di Assopompe (Anima) e gruppo Aturia (25 milioni di fatturato e 250 addetti) ci spera davvero che sia la boccata d’ossigeno che serve. Il riferimento è all’Accordo quadro di finanziamento (Master Credit Agreement) firmato, a Roma, da Invitalia e due banche iraniane – Bank of Industry and Mine e Middle East Bank – . Intesa “benedetta” dal ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, e dal vice ministro per gli Affari Economici e le Finanze di Teheran, Mohammad Khazaee.
Perchè il business non decolla
Obiettivo, rendere possibile, tra i due Paesi, il business dei grandi progetti dell’elettromeccanica, dell’engineering e dell’oil&gas. Perchè – sospese le sanzioni da oltre un anno – nonostante le banche iraniane siano ormai agganciate al sistema swift e abbiano recepito le normative antiriciclaggio, il minacciato ripristino di sanzioni da parte Usa, renderebbe impossibile, per gli iraniani, onorare i pagamenti e, per le banche e le società di assicurazione crediti, rientrare delle esposizioni.
Troppi rischi. Che rischiano di far incappare le banche europee in una doppia morsa. Perchè al minimo errore commesso da una banca europea in Iran, si rischia una doppia sanzione americana: quella per una violazione delle regole ma anche ripercussioni sulla propria operatività negli Usa (mercato enormemente più importante di Teheran). E tra un Paese con cui facciamo 2,5 miliardi di interscambio con uno che ne vale oltre 50, la scelta è obbligata.
Per superare, dunque, l’impasse, l’accordo fissa i termini e le condizioni generali che regoleranno i singoli futuri contratti di finanziamento (Facility Agreement) conclusi tra Invitalia Global Investment e le banche iraniane, Da parte italiana, l’apertura di linee di credito in favore delle banche iraniane citate, per un ammontare complessivo fino a 5 miliardi di euro, per il finanziamento di singoli progetti di investimento, e, da parte del governo iraniano, il rilascio, per ciascuno di essi, della garanzia sovrana dell’esecutivo di Teheran. I contratti stanzieranno fondi per progetti e partnership in Iran, realizzati congiuntamente da imprese italiane ed iraniane, in settori di reciproco interesse, come le infrastrutture e costruzioni, il settore petrolifero e gas, la generazione di energia elettrica, le industrie chimica, petrolchimica e metallurgica.
A rendere possibile l’operazione, l’inserimento nella Legge di Bilancio della disposizione che consente a Invitalia Global Investment – veicolo societario interamente controllato da Invitalia Spa, la holding posseduta al 100% dal ministero dell’Economia – di operare in qualità di istituzione finanziaria a supporto dell’export nei Paesi ad alto rischio quale, tra gli altri, l’Iran.
«Un passo in avanti»ma «5 miliardi non è molto»
Del resto, da qualche mese la situazione era tornata molto incerta. «Ultimamente – ha aggiunto ancora Banfi, che ha recentemente acquisito un nuovo ordine da 150mila euro in Iran – le banche avevano ripreso ad accettare i pagamento su importi a breve-medio termine. Due-tre mesi fa c’era stato l’ennesimo blocco. Ma un imprenditore non può vivere di “stop&go”».
«Speriamo, anzi dobbiamo essere in lista quanto prima, anche perchè da luglio abbiamo un oprdine di 300 milioni “congelato” per l’empasse dei pagamenti – afferma Alberto Presezzi, l’amministratore delegato della brianzola Bruno Presezzi (che fa impianti per l’industria siderurgica) e che 2 anni fa ha rilevato la Franco Tosi, imprese che fatturano complessivamente 140 milioni e contano 450 dipendenti –. Bisogna ammettere che 5 miliardi complessivi non sono una grossa cifra per il Paese. Significa che uno su 5 sta fuori. Ma bisogna dare atto all’esecutivo di aver aperto una via alternativa e importante per le imprese». Tra 2016 e 2017, si calcola che le nostre imprese hanno avviato con le controparti commerciali iraniane accordi e memorandum per un valore complessivo di circa 27 miliardi di euro.
«Per me tutto ciò che va nel senso di rendere più facile il business è benvenuto – dice Michele Graglia, presidente e ad di Simplas, (che fa componenti “personalizzati” per la meccanica che trasforma le plastiche) –. Però quali saranno i parametri? Solo grandi progetti? Contano i volumi di business o la durata della commessa? Sotto o sopra i 24 mesi? Noi non facciamo impianti ma componentistica “su misura”. Abbiamo commesse in portafoglio da 50mila a 300-400mila euro ciascuna. Sul mercato iraniano le banche confermano
lettere di credito nell’ordine dei 50mila euro. Anche noi piccoli perdiamo occasioni».
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