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Tra i vigneti esplode il caso degli affitti “fittizi”

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Tra i vigneti esplode il caso degli affitti “fittizi”

Tra i vigneti esplode il caso degli affitti “fittizi”. Un escamotage messo in piedi per spostare autorizzazioni all’impianto (le licenze che occorre detenere assieme alla proprietà dei terreni per produrre vino) da regioni nelle quali i vigneti vengono abbandonati ad aree nelle quali, invece, sulla produzione di vino si sta investendo e in maniera significativa. Tutto nasce probabilmente dalla gestione delle nuove autorizzazioni all’impianto introdotte dalla riforma dell’Ocm vino nel 2016.

In base alla riforma Ue, ogni anno vengono messe a bando, gratuitamente, nuove licenze pari all’1% della superficie vitata nazionale (ovvero circa 6.500 ettari l’anno per tutta Italia). Ma tale plafond è molto al di sotto delle richieste, in particolare in alcune aree del paese.

Il boom produttivo nel Nord Est

I numeri parlano chiaro: negli ultimi due anni, ovvero i primi in cui è entrato in vigore il sistema delle autorizzazioni, a fronte di una disponibilità di 6.500 ettari le richieste sono ammontate nel 2016 a 63mila ettari per raggiungere nel 2017 la cifra monstre di 164mila ettari, 25 volte la disponibilità. Un boom fragoroso innescato dai due fenomeni enologici del momento, Prosecco e Pinot grigio, che nel Nord Est stanno determinando una nuova primavera della viticoltura. Un fermento e una voglia di investimento che però si scontra con le rigidità previste dalla politica comunitaria. Al momento non può essere rilasciato più di un 1% l’anno e secondo quanto dettato da Bruxelles, una revisione delle norme potrà avvenire ma non prima del 2024. Un termine che a giudizio di molti è troppo lontano.

L’escamotage delle locazioni
E così è stata individuata una, parziale, soluzione. In sostanza prendendo in affitto un vigneto magari dismesso in una regione del Sud (prevalentemente Sicilia e Puglia) è poi possibile richiedere alla regione l’espianto di quel vigneto e il successivo reimpianto in un’altra area del paese come Veneto e Friuli. Ottenuto il via libera di fatto l’autorizzazione all’impianto in capo al vigneto preso in locazione può “traslocare” seguendo il vigneto piantato al Nord. Questa pratica – anche se non sono ancora state rese note cifre – pare sia letteralmente esplosa negli ultimi anni, di fatto provocando una migrazione della capacità produttiva di vino dal Mezzogiorno verso il Settentrione. Al punto che al ministero delle Politiche agricole hanno deciso di correre ai ripari.

Il freno introdotto dal Mipaaf fa saltare l’intesa Stato-Regioni

E così nella nuova bozza di decreto messo a punto per regolare il rilascio delle nuove autorizzazioni 2018 all’impianto, all’articolo 4, è stata introdotta una novità. Chiunque voglia affittare un vigneto, non potrà spostare la relativa autorizzazione prima di cinque anni. Periodo nel corso del quale in vigneto dovrà continuare a essere condotto nella regione d’origine.
Apriti cielo! Contro la proposta del ministero delle Politiche agricole è insorta la regione Veneto facendo così naufragare il parere positivo sul provvedimento Mipaaf in Conferenza Stato-Regioni. Secondo molti osservatori il ministero provvederà comunque a inviare il provvedimento al Consiglio dei ministri per il varo anche perché il tempo, per l’attribuzione delle nuove autorizzazioni, stringe.

«Ci auguriamo - spiega il responsabile vino di Coldiretti, Domenico Bosco - che al di là del capitolo sugli affitti vengano recepite nel provvedimento con anche le molte novità sulle quali invece si era raggiunto un accordo tra le regioni». Come ad esempio l’introduzione di un limite minimo e di uno massimo nelle richieste di nuove licenze. Nel dettaglio la soglia minima per le richieste dovrebbe essere fissata tra i tra i mille e i 5mila metri quadri mentre come tetto massimo (valido a livello nazionale ma con possibilità per le regioni di adottare una soglia inferiore) sarà indicato quello di 50 ettari.

Il punto chiave è rivedere il plafond, inadeguato, di nuove licenze
«La vera questione - aggiunge il responsabile vino della Cia, Domenico Mastrogiovanni – non sono gli affitti “fittizi” che pure vanno limitati, ma l’inadeguatezza della soglia dell’1% l’anno di nuove licenze che va rivista e con urgenza. Non possiamo certo attendere il 2024 come vorrebbe la Commissione Ue». «Alcuni aggiustamenti a nostro avviso – conclude Bosco - sono possibili senza rivoluzionare l’impianto del sistema. Ad esempio si potrebbe istituire una riserva nazionale nella quale far confluire le autorizzazioni liberate da viticoltori intenzionati ad abbandonare il proprio vigneto e che potrebbero così essere riutilizzate altrove, evitando all’Italia di perdere potenziale produttivo e senza intaccare la quota dell’1% di nuove licenze produttive».

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