«Beh, non mi pare una brutta cosa, lei che dice?». Francesco Mendini preferisce l’understatement, anche se la soddisfazione è tangibile. Bovisa Tech, periferia nord-ovest di Milano, uno dei fiori all’occhiello del suo studio di architettura, è stato infatti scelto dalla Tsinghua University di Pechino come sede del proprio hub europeo per l’innovazione. Localizzazione del resto naturale, visto che l’intero progetto rappresenta la concretizzazione della partnership con il Politecnico di Milano, che proprio in Bovisa ha creato il nuovo polo di ingegneria, design e start-up.
A sbarcare a Milano è il braccio operativo TusStar, il più grande incubatore al mondo, colosso attivo dal 1999, in grado di incubare oltre 5000 aziende, una trentina delle quali già sbarcate in borsa. Realtà decisamente “pesante”, con un giro d’affari globale superiore agli otto miliardi di euro e più di un miliardo e mezzo di profitti.
Al gruppo, un centinaio di siti in Cina e altre sedi in tutto il mondo (Usa, Canada, Brasile, Egitto, Malesia, Australia e Svizzera) mancava un approdo nell’Unione Europea, trovato ora a Milano, «rilevando uno spazio di 23mila metri quadri», ci racconta il direttore generale di TusStar Lin Jian. L’obiettivo è quello di creare a fianco del Campus Bovisa del Politecnico di Milano una piattaforma per l'attrazione di investimenti cinesi in innovazione, sostenendo le attività di trasferimento tecnologico fra le rispettive accademie e il mondo delle imprese, facendo leva sulla creazione di startup. Operazione appena concretizzata che tuttavia viene da lontano, sigillata lo scorso febbraio da un accordo tra i due rettori avvenuto alla presenza del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella e del suo omologo cinese Xi Jinping. Joint platform tra Politecnico e Tsinghua partita ufficialmente lo scorso novembre e ora finalizzata con l’acquisto delle aree. Un vasto complesso a ridosso di Polihub, incubatore del Politecnico gestito dalla Fondazione Politecnico di Milano, spazi che verranno a breve attrezzati per poter avviare le attività.
Sulla base delle intese siglate i due atenei collaboreranno sul fronte della ricerca nella prospettiva di valorizzare i laboratori del Politecnico di Milano per progetti congiunti. Prenderà il via una attività di formazione post-laurea (corsi di formazione post graduate ed Executive PhD), rivolta anche a manager di aziende a proprietà cinese, a cui si aggiungono partnership nell’area del trasferimento tecnologico per agevolare lo sviluppo di progetti di collaborazione tra imprese italiane e cinesi, così come la promozione di start up grazie al coinvolgimento degli incubatori dei due atenei: Polihub e TusStar. L’obiettivo è dunque anche quello di aumentare il numero di aziende incubate, coinvolgendo realtà italiane e cinesi. Tra i progetti allo studio vi è anche l’avvio di master ad-hoc, sfruttando le potenzialità offerte dal Mip, graduate school of business del Politecnico di Milano, così come l’avvio di una base innovativa congiunta dedicata al design e alla progettazione. I benefici di questa joint platform saranno reciproci: studenti, manager e professionisti potranno entrare in contatto con potenziali partner di ricerca e affari, sfruttando le capacità formative reciproche.
«Si procede sul modello del distretto - spiega il presidente della Fondazione Politecnico di Milano Gianantonio Magnani - aggiungendo nuovi soggetti in grado di portare contributi per innovare. Noi stessi come Polihub puntiamo a crescere, e in zona per fortuna ci sono ancora spazi disponibili per farlo». Per il quartiere, che ha visto negli anni l’apertura di nuovi spazi del Politecnico, così come dell’incubatore Polihub, si tratta di una sorta di “consacrazione” definitiva, una transizione finalmente compiuta dalla manifattura tradizionale all’economia della conoscenza,candidando il Campus Bovisa del Politecnico di Milano a diventare uno dei più importanti cluster d’innovazione d'Europa. «A quest’area - spiega ancora l’architetto Mendini - abbiamo voluto dare un’immagine molto tecnica inserendo vetri retrocolorati ma utilizzando anche materiali tradizionali, come il legno. Era un modo per creare un ponte tra la vecchia Bovisa industriale e le nuove attività. Ai tempi non sapevamo che qui sarebbe venuta un’università straniera. Che in effetti, riflettendo, si integra perfettamente con quello che abbiamo creato».
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