Sarà una razionalizzazione che investirà il 10% dei lavoratori, quella che dovrà gestire il prossimo contratto delle banche di credito cooperativo. «Il settore ha ampi margini di crescita sia in termini di efficienza che di produttività», interpreta il responsabile del servizio relazioni sindacali di Federcasse, Marco Vernieri. E, volendo quantificare questi margini, considerato che oggi le Bcc hanno poco più di 36mila addetti parliamo almeno di 3.500 esuberi, ma «sarebbe sbagliato parlare solo in termini di riduzione dei costi – aggiunge Vernieri -. Io preferisco parlare di tutele per le persone. Il sistema ha soprattutto bisogno di crescere sulla capacità di generare ricavi». Tra l’altro va osservato che le Bcc sono state banche disallineate rispetto ai grandi gruppi del credito ordinario sul fronte occupazionale. Negli anni della crisi, infatti, gli occupati di questi istituti sono cresciuti del 10%, portando gli occupati da 33mila ai poco più di 36mila attuali. Se poi andiamo ancora indietro nel tempo, rispetto a metà anni 90, i lavoratori sono raddoppiati.
Il dialogo con i sindacati non si è mai interrotto, ma la riforma del settore, con la creazione dei tre gruppi, in dirittura d’arrivo, ha sicuramente rallentato il corso negoziale. «Il contratto è scaduto da 5 anni. L’ultimo rinnovo risale alla fine del 2012 e siamo disallineati rispetto ai cicli negoziali – spiega Vernieri – e sarebbe impensabile oggi un contratto unico Abi Federcasse. Con il rinnovo abbiamo infatti bisogno di mettere a punto strumenti che aiutino le nostre banche a gestire la realizzazione della riforma».
Se ai gruppi spetterà stabilire i numeri e i termini - e «solo i piani industriali potranno farlo», osserva Luca Bertinotti della Fabi -, al nuovo contratto spetterà invece il compito di mettere a punto gli strumenti. Il primo passo indispensabile è creare le condizioni per sostenere economicamente il Fondo di solidarietà. Dovendo fare un numero massiccio di uscite o si riducono le prestazioni (ma su questo il sindacato, come emerso chiaramente al congresso della Fabi, è contrario) o si aumenta il livello di contribuzione e si cercano altre stampelle. La strada sembrerebbe essere la seconda. «C’è piena disponibilità a prevedere il ricorso solo in via volontaria al Fondo di solidarietà da parte delle banche – dice Vernieri – ma dobbiamo garantirne la sostenibilità, anche ripensando l’utilizzo del Foc, il fondo per l’occupazione. Visto che le Bcc dovranno affrontare il tema dell’occupazione, in questa fase non nella sua accezione espansiva, dobbiamo valutare un suo uso per la tutela dell’occupazione esistente, anche attraverso interventi di contribuzione straordinaria». Oltre che per la riqualificazione dei bancari che «è oggi indispensabile per fare entrare nuove competenze», aggiunge Vernieri. Quanto alla parte economica le Bcc danno la disponibilità a un riallineamento al contratto Abi che riconosce l’ultima tranche in ottobre. L’importo dell’aumento sarebbe lo stesso del contratto Abi, 85 euro, ma in una sola busta paga.
Nessun focus sugli Npl che per il credito cooperativo sarebbero, almeno per ora, un tema secondario. Diversamente dal credito ordinario. Proprio ieri, dal XXI congresso, la Fabi ha lanciato la sua proposta per la gestione interna delle sofferenze. «Siamo contrari alla cessione esterna perché massacra le imprese e punta su profitti a breve termine», dice il segretario generale Lando Maria Sileoni. La gestione interna conviene e la Fabi avanza una soluzione: «Affidare alle filiali le procure e le deleghe per la gestione del credito deteriorato, formando il personale interno e creando figure manageriali ad hoc, special risk manager, che sovrintendano alla gestione di quest’attività», spiega Sileoni. «Sui nuovi mestieri - osserva lo stesso presidente del Casl di Abi, Eliano Omar Lodesani - ci sono molti spazi, dobbiamo riconvertire e fare crescere le persone». «Gli Npl sono stati un tema trascurato - aggiunge - e nel nuovo contratto dovremo occuperacene». Ma non in termini di esternalizzazioni chiede il sindacato. Questo significherebbe tutelare i posti di lavoro dei bancari che, osserva Lodesani, «rimangono centrali nelle banche. Non penso che i robot ci sostuiranno molto presto. Bisognerà sviluppare il tema della produttività sostenibile e non c’è nessuna preclusione a parlare di redistribuzione degli utili ai dipendenti».
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