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Professione Youtuber. Ogni milione di click s’incassano mille euro

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Professione Youtuber. Ogni milione di click s’incassano mille euro

Daniel Middleton - Youtube
Daniel Middleton - Youtube

Martedì 16 gennaio 2018. Il prima e il dopo di Youtube si dividono idealmente qui, nel momento in cui la piattaforma (fondata nel 2005 e acquisita dopo appena un anno da Google per la bellezza di 1,65 miliardi di dollari) ha stretto i criteri per far parte dello Youtube Partnership Programme, quello che consente a chi abbia un canale e produca contenuti originali di guadagnare grazie alla pubblicità sui propri contenuti. Fino ad allora i canali dovevano raggiungere 10mila visualizzazioni totali; dal 16 gennaio servono mille iscritti e 4mila ore di visualizzazioni negli ultimi 12 mesi.

Nei fatti un’operazione di razionalizzazione che rappresenta la chiave per far entrare Youtube nella sua terza fase, quella in cui la piattaforma di Google potrà dare realmente battaglia alla tv tradizionale e agli altri Ott (Netflix, Amazon) facendo leva anche su una sua peculiarità: quei creator (come preferiscono definirli in Google) che passano sotto il nome di youtuber, le star per la “Generazione Z”.

Nuovi milionari
La classifica annuale stilata da Forbes stima che fra giugno 2016 e giugno 2017 i dieci protagonisti più pagati di Youtube nel mondo abbiano guadagnato 127 milioni di dollari lordi (+80% annuo). I primi due sono gamers e si sarebbero portati a casa 16,5 milioni di dollari (DanTDM il cui canale ha 18,4 milioni di iscritti ) e 15,5 milioni (Evan Fong, meglio conosciuto come Vanoss il cui canale ha 22,7 milioni di iscritti). E in Italia? Le elaborazioni per Il Sole 24 Ore di Wavemaker Content, società di GroupM, restituiscono una classifica per numero di iscritti con al primo posto Lorenzo Ostuni, gamer meglio conosciuto come Favij (4,4 milioni di iscritti), seguito dal duo comico iPantellas (3,35 milioni), e da St3pNy (il gamer Stefano Lepri il cui canale ha 3,09 milioni di iscritti). Si tratta, in questo caso, di giovani fra i 23 e i 28 anni che tutta una generazione di giovanissimi identifica come star. Con quali entrate? Non le cifre stellari degli youtuber classificati da Forbes. Difficile però stabilire con precisione i guadagni che dipendono da pubblicità, branded content e azioni varie di marketing una volta raggiunto un certo livello. L’ipotesi più accreditata è che dalla piattaforma in media agli youtuber vip vadano mille euro per ogni milione di visualizzazioni. In realtà la cifra è definita da alcuni sovrastimata, anche in virtù del fatto che le visualizzazioni sono solo uno dei criteri “miscelati” in un algoritmo, ovviamente, segreto.

L’oro che non luccica
Attenzione però a pensare a una nuova corsa all’oro. È vero che a livello mondiale Youtube è ormai una piattaforma con 1,5 miliardi di iscritti con oltre 1 miliardo di visualizzazioni ogni giorno ed entrate pubblicitarie sempre maggiori (secondo alcuni analisti i ricavi del 2018 potrebbero attestarsi fra 13 e 15 miliardi di dollari). Però si tratta di una realtà molto polarizzata. Una ricerca dell’università tedesca di Offenburg ha evidenziato come nel 2006 il 3% dei top youtuber valeva il 63% di tutte le visualizzazioni; dieci anni dopo (quindi nel 2016) i top 3% arrivavano al 90 per cento. Meglio stare, quindi, con i piedi per terra e considerare che in Italia il panorama si sviluppa fra chi (la stragrande maggioranza) mette in tasca qualche spicciolo se va bene e una sparuta pattuglia che può arrivare a 3-400mila euro all’anno. Dall’altra parte è anche vero che pensare solo ai ricavi che arrivano dalla piattaforma è riduttivo. Casi come quello di Michele Bravi o di Frank Matano sono esempi di come il passaggio da youtuber allo showbiz sia fra le possibilità.

Qui, però, non va trascurato il ruolo di altri attori dell’ecosistema cresciuti con il fenomeno youtuber. Accanto ai creator si sono sviluppate i cosiddetti “Multi channel Network” (Mcn): agenzie che offrono loro servizi di marketing e aiuto nella produzione e promozione. Ci sono la Web Stars Channel di Luca Casadei; la NewCo management di Francesco Facchinetti; Newtopia di Fedez e J-Ax; Show Reel; Divimove, solo per citare i principali. «Abbiamo da subito percepito che queste piattaforme di videosharing avrebbero facilitato l’accesso al pubblico. Oggi Show Reel – dice il fondatore Luca Leoni – ha 30 dipendenti, un fatturato di 4 milioni e utili che reinvestiamo totalmente in format creativi». L’importanza di queste agenzie è non trascurabile: aiutano gli youtuber a creare formati, fanno parte di un network e si scambiano visualizzazioni e in più sono una “centrale di business” che smista richieste dei grossi clienti. «Investire sugli youtuber – spiega Alessandro Pastore, a capo di Wavemaker Content – per un brand significa entrare in contatto con la loro community, coesa e ingaggiata, andando a capitalizzare il talento creativo dei creator».

La terza vita di Youtube
«Abbiamo iniziato nel 2013» dice Alessandro Stigliano che con Alessandro Tenace forma i The Show, seguiti da 2,1 milioni di follower. «Ci siamo resi conto che in Usa il format delle candid camera, rivisitato nella forma dell’esperimento sociale, funzionava bene online. Da qui l’idea di partire, ma con taglio imprenditoriale». Ecco la terza vita di Youtube, che arriverà dopo l’età del self generated content puro seguita da questi anni in cui la piattaforma si è trasformata in una “enciclopedia visiva” dei nostri tempi. La terza vita è proprio quella dei creator in cui agenzie e regole più stringenti per la monetizzazione saranno centrali. Youtube ha in definitiva fatto capire di voler far crescere creator in grado di autoprodurre contenuti di qualità, partendo da basi clienti solide. Punto di approdo? Facile immaginare una sfida alla tv tradizionale passando – è l’elemento che chiude il cerchio – attraverso lo sviluppo della Youtube Tv, ora presente in Usa ma non in Italia. Del resto, Youtube ha dalla sua gli youtuber: star per un’intera generazione. La stessa che, in tema di domanda di video, fra qualche anno detterà legge.

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