Economia

Ilva, scoglio del Governo: M5S vuole chiuderla e riconvertirla, la…

  • Abbonati
  • Accedi
il caso taranto

Ilva, scoglio del Governo: M5S vuole chiuderla e riconvertirla, la Lega no

Non ci sono diplomazie al lavoro il giorno dopo il fallimento dell’ultimo tentativo di rilancio del tavolo Ilva con la newco Società per Taranto. Le uniche sollecitazioni al dialogo hanno viaggiato ieri via twitter che, però, resta anche un formidabile moltiplicatore di polemiche e divisioni. In un tweet, il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, ammonisce che «chiudere l’Ilva vorebbe dire rinuinciare a un punto di Pil e perdere 900 milioni di euro. Una sconfitta da evitare».

Il dossier Ilva, di fatto, è già passato al nuovo Governo, anche se non ancora nato. L’unico con le idee chiare sembra essere Lakshmi Mittal, leader di ArcelorMittal (guida la cordata Am Investco Italy, che si è aggiudicata l’asta); per nulla turbato dalle difficoltà in trattativa, ieri ha dichiarato a margine della presentazione della trimestrale del gruppo (chiusa con un utile di 1,192 miliardi): «Prevediamo di completare l’acquisizione entro la fine del secondo trimestre».

Mittal marcia dritto, e il 30 giugno potrebbe anche essere considerato uno spartiacque idoneo per perfezionare l’operazione, soprattutto tenendo conto che la cassa dell’Ilva in amministrazione straordinaria è in esaurimento («brucia 30 milioni al mese» ha detto il ministro dello Sviluppo Carlo Calenda) e i commissari avrebbero serie difficoltà a pagare stipendi, fornitori, manutenzioni e acquisti da luglio in poi. Le certezze di Mittal devono però scontrarsi con la realtà italiana: ora, salvo colpi di scena, spetterà al nuovo Governo giallo-verde gestire il tavolo, e la mission impossible è trovare nel giro di trenta-quaranta giorni quell’accordo che a oggi, in otto mesi di trattativa, non è mai stato neppure avvicinato.

«Sono stati mesi di confronto inutile - ha spiegato il leader Uilm, Rocco Palombella -. Giovedì non c’è stata trattativa, ma la consegna di un documento che riproponeva i 4mila esuberi e la riduzione del salario. Da come sono andate le cose in questi mesi - ha aggiunto - non sono più così sicuro che Mittal sia mai stato interessato all’Ilva. Se la vuole, perchè arenarsi sui livelli occupazionali? Non riesco a capire come sia possibile partire da 10mila unità con 5 milioni di tonnellate e arrivare a fine piano a 8.500 unità con i 9,5 milioni previsti dal piano».

È chiusura totale, ma il viceministro Teresa Bellanova ha lanciato ieri un appello per il dialogo, così come Marco Bentivogli, segretario della Fim. Anche AnnaMaria Furlan, segretaria della Cisl, ieri si è detta convinta che bisogna riprendere la trattativa. Calenda ha risposto a stretto giro. «La porta del ministero è sempre aperta - ha detto -. Occorre però che ci si sieda per discutere sul serio. La proposta c’è, il tempo è poco». Commentando a Radio 24 il tentativo di giovedì ha sottolineato: «non mi sono alzato dal tavolo, ho detto che prendo atto e avevo già dato la disponibilità, se ci fosse stata la possibilità di continuare a negoziare, di rimanere seduto notte e giorno fino al giuramento del nuovo governo».

Lunedì ci saranno le assemblee tra i lavoratori: entro una decina di giorni dovrebbero essere decise eventuali iniziative di mobilitazione. Fra pochi giorni dovrebbe essere invece fissata la convocazione di un tavolo da parte dei parlamentari del M5s di Taranto, al quale potrebbe partecipare Lorenzo Fioramonti, indicato come possibile ministro dello Sviluppo nella lista dell’esecutivo presentata prima delle elezioni; l’incontro potrebbe tenersi entro fine mese.

«Prendiamo atto del fallimento di Calenda - hanno detto i parlamentari protagonisti dell’iniziativa -, noi andremo oltre i metodi utilizzati dal ministro: Taranto supererà il ricatto occupazionale, affinché reddito, ambiente, salute e lavoro coesistano, creando un nuovo modello economico, non più basato sulla monocultura dell’acciaio». Sul tema Ilva, però, le posizioni Lega-M5s sono da conciliare. Lo confermano fonti parlamentari a margine della trattativa per il contratto di Governo che, al momento, non avrebbe affrontato il dossier di Taranto. Il parlamentare del Carroccio, Rossano Sasso, ieri ha ribadito che «su lavoro, ambiente e infrastrutture la Lega ha la sua visione». Su Ilva «nessun posto di lavoro deve andare perso, così come non si può perdere o fare scappare l’acquirente. Sostenere che l’Ilva va chiusa è inaccettabile, come lo è sostenere che le cose debbano restare così. Occorre mettersi subito al lavoro».

A complicare ulteriormente il quadro, infine, ci sono le «posizioni dissonanti», tra gli enti locali: ieri il sindaco di Taranto, Rinaldo Melucci ha voluto marcare le distanze dal presidente della Regione, Michele Emiliano, in particolare sulla vicenda legata al ricorso al Tar sul piano ambientale.

© Riproduzione riservata