Economia

Dazi Usa, per le imprese danni limitati: «Il rischio è…

  • Abbonati
  • Accedi
acciaio e alluminio nel mirino di trump

Dazi Usa, per le imprese danni limitati: «Il rischio è l’automotive»

«Manteniamo i nervi saldi e non raccogliamo le provocazioni; avremmo solo da perdere in una guerra commerciale globale». Il presidente di Federacciai, Antonio Gozzi gioca in difesa.

Di più non si può fare in questo momento: l’Italia è un esportatore netto e non può permettersi un inasprimento della morsa dei dazi, dopo la mossa di Trump su acciaio e alluminio.

Per contenere i danni, Federacciai chiede alla Commissione europea di mantenere alta la guardia, in particolare «sui flussi deviati – spiega Gozzi – e sulle importazioni anomale che provengono dai paesi che non riusciranno più a entrare in Usa e quindi verranno in Europa», mercato molto più permeabile. Si tratta, secondo i primi calcoli, di circa 10 milioni di tonnellate. Contemporaneamente, secondo il leader di Federacciai, «bisogna continuare a discutere con gli Stati Uniti. Non è piacevole trattare con una pistola sul tavolo, ma bisogna continuare a farlo».

I PAESI PIÙ COLPITI DAI DAZI DI TRUMP
Tonnellate di prodotti finite acciaio e alluminio (Fonte: Bloomberg)

Il quadro al momento non è drammatico per le esportazioni italiane, anche se potrebbe precipitare da un momento all'altro. «Oggi – spiega Gozzi – c'è un differenziale di prezzi con gli Usa di almeno 200 euro a tonnellata. Anche con i dazi al 25% le esportazioni mantengono un margine di vantaggio. Nel medio periodo però c’è il rischio che questo differenziale di prezzi positivo evapori, oppure che gli americani decidano di inasprire le misure di salvaguardia».

Anche Giuseppe Pasini, industriale siderurgico leader del gruppo Feralpi di Lonato e presidente dell'Associazione industriale bresciana è preoccupato soprattutto per una eventuale recrudescenza dello scenario. «Se dall’acciaio si passa all’automotive ci sarà un danno serio per molte aziende italiane e bresciane attive in questa filiera» spiega. Anche per Pasini sarebbe autolesionista la strada della “retaliation” (vale a dire una strategia di rappresaglia, repicando a Trump con dazi sui prodotti Usa). «Siamo esportatori netti – spiega -, con i dazi sulle Harley Davidson o sui Levi's non andiamo da nessuna parte».

Tornando all'acciaio, l'anno scorso l'Italia ha esportato circa 500mila tonnellate negli Usa, per un controvalore di circa 400 milioni di dollari. «Forse non è molto – spiega Antonio Gozzi -, ma allo stesso tempo non è una cifra da trascurare». Anche perché tra le pieghe dei numeri ci sono storie aziendali, come quella della vicentina Valbruna, che negli Usa (nello stato dell'Indiana) possiede un impianto produttivo che compra semilavorati dall'Italia; l’azienda fornisce General Motors, e per questo motivo avrebbe chiesto un'esenzione.

Chi invece ha deciso di disinvestire dal mercato americano (anche se la scelta non pare essere direttamente riconducibile alle politiche di Trump, almeno non da parte italiana) è il gruppo Marcegaglia. Nei giorni scorsi l’azienda mantovana ha raggiunto un'intesa con Synalloy corporation per cedere entro le prossime settimane (per 10 milioni di dollari) una linea di zincatura posseduta in Pennsylvania; a questa transazione si affianca un analogo accordo per cedere per altri 10 milioni) l'intera divisione tubi posseduta negli Usa. Lo si apprende da una nota di Synalloy.

«Questa operazione – hanno commentato i vertici della società americana – ci permette di soddisfare la domanda interna di questi prodotti, sfruttando le opportunità offerte dai dazi sulla Section 232».

L'Europa preoccupata per i dazi di Trump su acciaio e alluminio

© Riproduzione riservata