Nella nuova era della mobilità raccontata dai protagonisti di una delle Industry più mature alla Italdesign di Moncalieri, in occasione del congresso di Automotive news Europa, il diesel sembra avere le ore contate. Il mantra è quello del cambiamento, disruptive, intorno alla mobilità elettrica, che promette di modificare strutturalmente le future logiche industriali dei produttori di auto. Un mix complesso di nuove tecnologie, a cominciare dall’auto connessa, trend nei consumi e spinta derivante dalla nuova regolamentazione, soprattutto in Europa.
Ma se da un lato i costruttori di auto parlano al mercato e annunciano l’addio al diesel entro i prossimi anni, i componentisti puntano i piedi e chiedono a gran voce, ai legislatori e agli stessi produttori, che la transazione verso la decarbonizzazione, auspicata dall’Unione europea, sia graduale e sostenibile per la filiera dell’automotive. «Nell’indotto automotive, in media un lavoratore su tre è collegato al comparto powertrain – dice Roberto Vavassori, presidente di Clepa, l’associazione europea dei componentisti automotive – oggi assistiamo ad una guerra tra clan, serve invece guardare al problema da un punto di vista industriale e sanare il gap di fiducia generato dal dieselgate».
Il mercato e la regolamentazione sono i due temi di riferimento. Da un lato le auto con alimentazione diesel che oggi rappresentano oltre il 40% delle vendite in Europa, in calo progressivo da oltre un anno, dall’altro il dibattito europeo sulle emissioni di CO2 – meno 15% al 2025 l’ipotesi al vaglio – che, secondo i produttori, rischia di mettere di mettere dei paletti troppo severi all’intera industria dell’auto.
Il momento storico somiglia ad una tempesta perfetta, con al centro il tema della mobilità sostenibile che spinge verso i motori elettrici a discapito dei motori a combustione, con una serie di ricadute industriali pesanti sulle filiere europee a favore del sistema di produzione di batterie, ad esempio, concentrato tra Cina e Far East. «L’Europa deve trovare la sua strada – sottolinea Vavassori – superando le guerre di posizione pro o contro il diesel. Mentre sviluppiamo a livello europeo nuove tecnologie di batterie e motori del futuro, elettrici, dobbiamo sostenere altre soluzioni applicate alla propulsione, dall’ibrido al gas naturale, e in grado di rendere la mobilità sempre più sostenibile».
Dunque qual è, se c’è, un futuro per il diesel, stretto tra la rivoluzione elettrica che promette di trasformare il mondo delle city car – come racconta Anne Winkler, a capo di Smart (gruppo Daimler) - così come quello delle supera car, testimoniata in questo caso da Andy Palmer con il caso della Lagonda, concept di suv extra lusso presentato a Ginevra la primavera scorsa. La risposta è l’ibrido, destinato a fare la parte del leone anche per il diesel. «Il futuro dei diesel è l’ibrido basato sul sistema a 48 volt» prevede Vavassori. In Europa, in particolare in Italia, c’è poi chi studia e sviluppa le motorizzazioni diesel per General Motors, come racconta Pierpaolo Antonioli a capo del Global Propulsion Systems Gm di Torino. «Il diesel è destinato a scomparire dal segmento di auto medie e piccole, e sicuramente l’Europa, con una quota di diesel che era superiore al 50%, vedrà inevitabilmente ridimensionato il mercato». Per certi versi dunque, in particolare per i nuovi paradigmi di mobilità urbana legati allo sviluppo di una nuova generazione di city car elettriche e condivise, il processo industriale è inevitabile e fisiologico. «Credo che il market share per il diesel – aggiunge Antonioli – si attesterà verso il 20-25%, ma la propulsione diesel resterà centrale grazie alle nuove tecnologie ibride, soprattutto nel settore dei suv e dei pick up, in grado di supportarle dal punto di vista economico. Noi stiamo sviluppando nuove motorizzazioni destinate al mercato americano, dove il diesel si attesta al 10% del mercato».
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