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Decreto «dignità», rinnovi a rischio per 900mila contratti a…

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il lavoro che cambia

Decreto «dignità», rinnovi a rischio per 900mila contratti a termine entro agosto

Novecentomila contratti a tempo determinato: a fare i conti con le novità previste dal decreto “dignità” allo studio del governo potrebbe essere nell’immediato quasi un terzo dei 2,86 milioni di lavoratori a termine.
Le principali modifiche di cui si discute - rinnovo con causale, aumento dei costi per le aziende, riduzione del numero di proroghe possibili (da 5 a 4) nell’arco complessivo di 36 mesi - andrebbero a impattare già da subito sui contratti in scadenza entro fine agosto che, secondo le stime del centro studi Datagiovani per Il Sole 24 Ore sono 892mila.

Un valore che supererebbe 1,6 milioni di contratti se si considerassero tutti i rapporti a tempo determinato in scadenza entro fine anno, circa il 57% del totale.

LAVORATORI UNDER 35 IN UN CASO SU DUE

Tutto questo se sarà confermata l’ipotesi per la quale non viene previsto un periodo transitorio: le nuove regole si potrebbero così applicare a tutti i contratti a termine dall’entrata in vigore del decreto “dignità”, ora che si apre la settimana in cui il provvedimento potrebbe vedere la luce. E gli effetti sui contratti potrebbero essere in tempi piuttosto rapidi visto che la maggior parte ha una durata al di sotto dei 12 mesi: il 3% meno di un mese, il 20% tra 1 e 3 mesi, il 26% totale tra 4 e 6 e il 29% del tra 7 e 12, secondo le ultime rilevazioni di Eurostat sull’Italia.

Dall’identikit dei rapporti di lavoro in scadenza entro fine agosto emerge che il 26% riguarda la pubblica amministrazione, il 18% l’industria e le costruzioni, il 13% il commercio. Non mancano l’agricoltura (11,5%) e il settore ricettivo di alberghi e ristoranti (con oltre 100mila contratti in scadenza, il 12% del totale), «comparti ad alta stagionalità del lavoro - osserva Michele Pasqualotto, ricercatore di Datagiovani - con flussi in entrata e uscita di dipendenti a termine».

La metà delle cessazioni riguarderà dipendenti residenti al Nord (441mila), circa il 31% al Mezzogiorno (274mila), uno su cinque nelle regioni del Centro. «Le percentuali - spiega ancora Pasqualotto - riflettono la maggiore presenza di contratti a termine proprio nel Settentrione, dove è ovviamente più alta la probabilità che si registri un numero elevato di scadenze».

Più equilibrata è, invece, la dinamica di genere, che vede le donne leggermente penalizzate rispetto agli uomini: è di 465mila unità la stima dei contratti a termine in conclusione, circa il 52% del totale. Si tratta, poi, in prevalenza di giovani: il 47% under 35 e il 27% tra i 35 e 44 anni.

Se consideriamo invece – nella carta d’identità del lavoratore in scadenza – il profilo professionale e il ruolo ricoperto in azienda, l’elaborazione di Datagiovani restituisce la fotografia di un profilo medio alto, spesso accompagnato a un titolo di studio universitario. A scadere entro agosto saranno infatti 266mila contratti che vedono coinvolti dirigenti, tecnici informatici e scientifici e circa 400mila tra impiegati, addetti specializzati nel commercio e nei servizi, o nel campo dell’artigianato e dell’industria.

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