Il gioco è una miniera d'oro per le casse dello Stato. Stando agli ultimi dati disponibili, nel 2016 gli italiani hanno speso 96 miliardi di euro tra videolottery, bingo, scommesse virtuali, pronostici sportivi e altri giochi d'azzardo, con un'entrata per l'Erario pari a 10 miliardi. Di questi, oltre la metà arriva dalle tasse sulle slot machine, mentre 1,8 miliardi provengono dal Lotto e 1,3 dal Gratta e Vinci. Se calcoliamo che sono state redistribuite vincite per 77 miliardi, significa che gli italiani hanno perso ben 19 miliardi di euro nel solo 2016. Perchè, è sempre bene ricordarlo, per quanto possa essere alta la probabilità di vincita, chi vince davvero è sempre il banco.
Il Podcast realizzato dagli studenti della Scuola di Giornalismo dell’Università Cattolica di Milano
Ciò che rende redditizia questa industria, dunque, è la miriade di persone che tenta quotidianamente la fortuna. Sono però in molti a non riuscire a controllarsi: in Italia, sono circa 12mila gli individui in cura per ludopatia; è solo la punta di un iceberg, che non restituisce il numero reale di giocatori compulsivi.
La testimonianza sulla dipendenza
«Amo il gioco, amerò il gioco e morirò con il gioco. Ma lo tratto come una vecchia amante: l'ho avuta, l'ho tenuta e l'ho lasciata» - ci racconta un ex ludopatico, che vuole restare anonimo. La sua è stata una vita alla continua ricerca di vincite tanto improbabili quanto attraenti: «Da ragazzo andavo nelle sale Bingo, poi ho iniziato a giocare seriamente per un certo periodo, anche frequentando le bische. Mi sono poi dedicato al casinò e alle slot machine, finché ho deciso di smettere perché stavo rovinando la mia famiglia e il patrimonio».
Del resto, si sa che il gioco d'azzardo riduce il tenore di vita del ludopatico e del suo nucleo familiare. Va tuttavia sottolineato che a rimetterci è anche l'economia reale, a cui vengono sottratte risorse preziose: il giocatore compulsivo limita infatti le proprie capacità di spesa con evidenti danni al circuito economico e commerciale. Cosa può spingere dunque una persona ad affidare i suoi risparmi alla dea bendata?
Vulnerabili
Per lo psichiatra Federico Baranzini, «c'è una fascia della popolazione che è più esposta al rischio di sviluppare una dipendenza. Secondo le statistiche, i ludopatici appartengono a una fascia socioculturale o socio-economica più bassa, hanno meno anni di istruzione, o lavori precari. Sono persone meno fortunate che possono trovare nel gioco una sorta di rivalsa. È una rivincita sulla vita il fatto di avere un ambito nel quale si ha la sensazione soggettiva di poter controllare la fortuna. Ciò dà un ritorno narcisistico potentissimo”.
L'ex ludopatico ci spiega più precisamente questo perverso meccanismo: “All'inizio c'è l'emozione di vincere la cifra. Dopo, col tempo, capisci che la vera emozione sta nel perdere per poter poi avere quei 30 secondi di adrenalina per qualsiasi vincita si faccia”. E aggiunge: “La ludopatia non è una malattia che porta danni fisici, come potrebbe essere per l'alcolista, il tossico. Il giocatore se sta bene, sta bene, e sta bene anche quando sta male”.
Il gioco «nero» e le organizzazioni criminali
Non solo una questione personale: il gioco d'azzardo è un universo complesso, dove convivono leggi, normative, lobby, e pure l'illegalità. L'ultimo rapporto della Commissione parlamentare antimafia su tale settore ha rivelato che nel 2015 ben 36 milioni di euro sono stati nascosti al Fisco. Anche i dati della Guardia di Finanza parlano chiaro: nello stesso anno, in tutta Italia sono stati effettuati quasi 6mila controlli che hanno portato al sequestro di 576 apparecchi irregolari e alla scoperta di oltre 1200 postazioni clandestine di raccolta scommesse.
Nel business illegale hanno trovato spazio anche le organizzazioni criminali, che traggono profitto in modalità differenti: dall'attività estorsiva nelle sale gioco legali, alla diffusa imposizione delle macchinette di videopoker negli esercizi pubblici; dall'infiltrazione nelle società tramite prestanome, alla raccolta e gestione di scommesse sportive online.
Stato vs. mafie
Non ha paura a ribadircelo don Luigi Ciotti: «Si era erroneamente creduto che se lo Stato avesse ampliato, controllato e gestito l'offerta del gioco lecito si sarebbe contrastata la presenza dell'illegalità, ma non è stato così. Questo settore dimostra purtroppo di essere ancora permeabile, vulnerabile, con una presenza di aree di opacità che consentono alle organizzazioni criminali un facile inserimento e la realizzazione di enormi guadagni. Ma gli interessi mafiosi si estendono anche al gioco legale, che sebbene gestito dai privati attraverso il sistema delle concessioni, è pur sempre esercitato in nome dello Stato».
Tante dunque le vittime del gioco d'azzardo, sia esso illegale o patologico. Se la guerra contro il primo spetta soprattutto allo Stato, la ludopatia resta per molti una battaglia quotidiana da combattere volutamente all'oscuro degli altri perché i sensi di colpa ti divorano, ed è forte la paura o la vergogna di confessare ai propri cari un impulso irrefrenabile. Come guarire quindi? Il primo passo è riconoscere la dipendenza, e poi - debitamente aiutato da strutture specializzate e seguendo cure specifiche - serve lottare e ancora lottare giorno dopo giorno.
L'ex ludopatico conferma: “Il gioco mi ha dato tre cose: la libertà, la responsabilità e la capacità di scelta. E io, tutte le mattine, finito di lavarmi, mi guardo allo specchio e mi chiedo: ‘Cosa faccio oggi?'. Oggi prima di tutto non voglio andare a giocare, poi per il resto della vita quel che sarà sarà”.
(*) Gli autori di questo articolo sono allievi della Scuola di Giornalismo dell’Università Cattolica di Milano
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