L’ammiragio aveva cominciato da ragazzo con il grado di guardiamarina sulle motovedette della Capitaneria di porto. Per decenni ha comandato navi e ha salvato centinaia di persone in mare. Conosce “dall’interno” il sistema di gestione della sicurezza dell’uomo in mare. L’ammiraglio non vuole essere citato per nome.
Si sente parlare della Convenzione di Amburgo. Che cos’è?
La Convenzione di Amburgo fu approvata nel ’79 dall’Imo (International maritime organization, soprannominata “l’Onu del mare”). Riunisce e razionalizza le norme precedenti della “legge del mare” e tra l’altro impone l’obbligo di assistenza dell’uomo in mare e di sbarco in un porto sicuro.
La definizione di “porto sicuro” consente qualche ambiguità: anche recenti sentenze italiane hanno definito come “sicuro” un porto dotato delle infrastrutture di assistenza ai naufraghi, e i porti libici non sono configurabili come tali. La Libia fra l’altro non ha sottoscritto la Convenzione di Amburgo.
Quali provvedimenti ha scelto il Governo italiano sullo sbarco dei migranti?
Gli annunci sui divieti fatti dal Governo italiano finora non sono stati accompagnati da decreti o da altri atti simili, dalle cui motivazioni (le voci “visto”, “considerato”, “preso atto”) si potrebbero desumere i dettagli. La responsabilità unica ricade sul comandante del porto, cioè sulla Capitaneria.
Prima del caso della Diciotti ci fu la Maersk. Che avvenne?
Il caso del pattugliatore d’altura Umberto Diciotti, che ha raccolto i migranti salvati dalla nave privata Vos Thalassa, per certi versi ricorda quella dell’Alexander Maersk. A fine giugno le autorità italiane avevano chiesto all’enorme portacontainer Alexander Mersk, che era in passaggio nella zona, di raccogliere 108 migranti nel Canale di Sicilia. La nave ha interrotto il viaggio per adempiere alla richiesta ma ha le murate altissime, 25 metri, è come un edificio di circa 8 piani; impossibile il salvataggio tramite biscaglina. Così la Maersk ha dovuto chiamare una nave Ong, la Lifeline, che era in prossimità per farsi assistere nelle operazioni di imbarco. L’aiuto dato dalla Lifeline alla Maersk aveva riacceso il tema delle navi Ong, creando problemi poi al momento di sbarcare gli africani.
La Vos Thalassa o la Alexander Maersk dovranno essere pagate per il servizio svolto?
Le incertezze e i no del Governo italiano, lo stesso che ne aveva chiesto servigi, avevano tenuta ferma al largo di Pozzallo (Ragusa) per tre giorni l’enorme portacontainer Alexander Maersk, cui a fine giugno le autorità italiane avevano chiesto di raccogliere e imbarcare 108 migranti africani. Una nave di quella tipologia costa circa 30mila-35mila dollari al giorno. A ciò si aggiungono le penali per la consegna ritardata delle merci nei porti di destinazione. A ciò si aggiunge una possibile sanzione dell’Imo (International maritime organization, la cosiddetta “Onu del mare”) per violazione della Convenzione di Amburgo. Potrebbe aggirarsi sui 200mila dollari la stima di un risarcimento che l’armatore potrebbe chiedere al comandante del porto di Pozzallo, ultima pedina della catena del comando. Lo stesso avverrà con la Vos Thalassa, che appartiene alla società Vroon Offshore Italia di Genova, che naturalmente presenterà il conto per le giornate di lavoro perse.
Ammiraglio, si può impedire l’ingresso alle navi militari?
La settimana scorsa il pattugliatore della marina militare irlandese Opv Samuel Beckett (dislocamento 2.265 tonnellate) ha chiesto al comandante del porto di Messina il permesso di ormeggiare al molo Marconi con 106 naufraghi. Il ministro italiano dell’Interno, Matteo Salvini, ha detto di voler vietare l’accesso nei porti alle navi militari in missione internazionale; polemica la risposta della ministra della Difesa, Elisabetta Trenta. Qualora l’annuncio di Salvini per porre limiti alle navi militari estere in missione internazionale si tramutasse in un provvedimento scritto, come un decreto, potrebbero esserci conseguenze sulle missioni navali delle molte marine militari presenti nel Mediterraneo, come le crociere di addestramento, le esercitazioni, le missioni di “peace-keeping” e così via. Potrebbero nascere anche problemi di reciprocità quando le navi militari italiane volessero entrare in porti stranieri, come nel caso delle crociere della bellissima Amerigo Vespucci.
Perché anni fa il soccorso si spostò dalla Sicilia alla Libia?
Per anni il soccorso dei “barconi” si era svolto vicino alle coste italiane attraverso gli strumenti consueti del soccorso in mare con le motovedette della Guardia Costiera. Quando le navi si sono avvicinate alle coste libiche? La decisione fu presa nell’autunno 2013 dopo che, in ottobre, un barcone affondò davanti a Lampedusa e annegarono 368 eritrei (di altri 20 non furono più trovati i corpi). Lo scandalo che ne seguì indusse la Marina militare a voler intervenire con grandi navi d’altura, sostituendosi alle piccole motovedette della Guardia Costiera e spostando il fronte di soccorso a ridosso delle coste libiche per eliminare gli scafisti, parte finale e più visibile della catena criminale. Si chiamò “Operazione Mare Nostrum”.
Quanto durò l’Operazione Mare Nostrum?
L’Operazione Mare Nostrum avviata dalla Marina militare italiana nell’autunno del 2013 dopo la morte di quasi 400 eritrei vicino a Lampedusa spostò davanti alla costa libica il servizio di soccorso e durò un anno, fino al novembre 2014. Mare Nostrum probabilmente costituì un invito e un richiamo per gli emigranti e per le organizzazioni criminali che li sfruttavano, poiché non servivano più i barconi per la traversata ma bastavano gommoni e un telefono satellitare: dopo poche miglia al largo uno degli emigranti sul gommone lanciava l’Sos dal telefonino satellitare e non appena la macchina dei soccorsi veniva avviata il gommone veniva affondato e il satellitare gettato in mare.
Che cosa fu l’Operazione Frontex?
Secondo alcune fonti, costava quasi 10 milioni di euro al giorno — ma probabilmente in realtà costava molto meno — l’Operazione Mare Nostrum avviata dalla Marina militare italiana nell’autunno del 2013 dopo la morte di quasi 400 eritrei vicino a Lampedusa. Mare Nostrum aveva spostato la frontiera del soccorso dalle acque italiane alle acque libiche per contrastare l’odioso fenomeno degli scafisti. Nel novembre 2014 Mare Nostrum fu ritirata e venne sostituita dall’operazione europea Frontex. Mirata a tutelare le frontiere europee, Frontex è coordinata per l’Italia dalla Guardia di Finanza. Invece di usare le grandi e costose navi della Marina militare, adatte alla navigazione lontano dalla costa italiana, il comando fece ricorso agli strumenti delle Convenzioni internazionali in corso, come la Convenzione di Amburgo sul salvataggio della vita in mare: l’autorità italiana dirottava verso i naufraghi africani le navi mercantili in transito, risarcendole dei costi sostenuti.
Perché si usano i mercantili privati? E le navi delle Ong?
In occasione dell’operazione europea Frontex, mirata alla difesa delle frontiere marittime europee, l’Italia per salvare gli emigranti in mare fece ricorso agli strumenti delle Convenzioni internazionali in corso, come la Convenzione di Amburgo sul salvataggio della vita in mare: l’autorità italiana dirottava verso i naufraghi africani le navi mercantili in transito nel Mediterraneo, risarcendole poi dei costi sostenuti. Solamente successivamente si sono presentate davanti alle coste libiche le navi delle organizzazioni non governative (Ong), che svolgono questa attività senza costi a carico dello Stato. Così è avvenuto anche l’altra settimana per la portacontainer Alexander Maersk oppure l’altro giorno con la Vos Thalassa, una nave di servizio.
Ammiraglio, che cos’è la Guardia costiera libica?
Non c’è chiarezza. Quando l’Italia cede motovedette alla “guardia costiera libica” e quando si vedono le foto dei marinai libici, a quale organizzazione militare o paramilitare si ci si riferisce? Sono organismi neutrali oppure sono strumenti armati dei trafficanti di schiavi? C’è una Guardia Costiera di Misurata, una Guardia Costiera della Tripolitania, probabilmente una diversa Guardia Costiera Libica a Zuara-Zauia.
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