Portofino, Rapallo, Aquileia, Sestri Levante, Sirolo, Positano sono solo alcuni degli 88 Comuni italiani protagonisti negli ultimi sette mesi di una vera e propria corsa all’introduzione dell’imposta di soggiorno. Partito nel 2011 in 13 località, questo strumento di fiscalità locale è adottato oggi da oltre 900 sindaci del Belpaese, complice la possibilità riaperta dalla manovrina della scorsa estate (il Dl 50/2017) di introdurre la tassazione per chi non avesse ancora provveduto o di rimodularla.
Nel giro di poco più di un anno, da quando il decreto è diventato legge (la 96/2017), l’opzione della tassa di soggiorno è stata abbracciata da ben 145 Comuni. In altri 121 municipi l’adozione è in discussione, mentre per l'attivazione a partire dal 2019 si stanno adoperando ulteriori 17 sindaci, tra cui quelli di Arzachena, Città di Castello, Sassari, Sanremo, Tortoreto. E la lista cresce quotidianamente.
A scattare la fotografia è l’Osservatorio nazionale sulla tassa di soggiorno di JFC, che dal 2011 monitora novità e modifiche in merito alla tassazione nelle località turistiche italiane e confronta regolamenti, aliquote e utilizzo dell’imposta tra i diversi Comuni.
«L’imposta di soggiorno rappresenta, per molti enti locali, una delle poche “opzioni” sulle quali poter agire in completa autonomia. E rimane, per molti Comuni, un’importante fonte di entrate per le casse comunali - sottolinea Massimo Feruzzi, amministratore unico del centro studi JFC e responsabile dell’Osservatorio nazionale sulla tassa di soggiorno –. Nel 2017 è stata infatti superata quota 463 milioni di euro di incasso e per il 2018 stimiamo si supereranno i 509 milioni, tra rimodulazione al rialzo delle aliquote e incremento continuo dei Comuni che stanno introducendo l’imposta».
Sono infatti molti i sindaci che hanno ritoccato all’insù il prelievo: la giunta provinciale di Bolzano ha previsto già dal 1° gennaio 2018 incrementi medi del 12,2% (lasciando però alle singole amministrazioni locali la possibilità di effettuare ulteriori aumenti in caso di progetti specifici legati al turismo), Varenna ha più che raddoppiato l'aliquota aumentando anche i mesi di incasso (portati da marzo a ottobre); al raddoppio anche Matera, mentre Peschiera del Garda e Genova hanno rialzato di oltre il 50% le precedenti aliquote. Ma c’ anche chi va controcorrente, come il sindaco di Alassio, che ha azzerato la tassa per luglio e agosto di quest’anno.
Le aliquote attuali vanno dai 20 centesimi a notte a persona in un rifugio di montagna a Courmayer ai 7 euro di un hotel di lusso a Roma. E anche se l’esborso in occasione di trasferte e di vacanze si fa notare meno di altri prelievi fiscali nel portafoglio di chi lo subisce, il ruolo della tassa di soggiorno per le casse comunali è diventato via via sempre più cruciale, passando dai 77 milioni di introiti complessivi del 2011 ai 370 milioni di tre anni fa fino all’attuale mezzo miliardo abbondante. Con Roma che da sola ha incassato nel 2017 126 milioni di euro, Milano 41,4 milioni, Firenze 30 milioni, Venezia 29, Trento 11,5, Torino 6,3, Napoli 5,9 e Bologna 5,5 milioni.
«Una cifra che potrebbe aumentare del 30% e toccare i 670 milioni, se si trovasse un accordo governativo con le piattaforme di home tourism», aggiunge Feruzzi. Airbnb ha aperto la strada alle convenzioni tra enti locali e le piattaforme social per riscuotere direttamente la tassa di soggiorno sugli affitti brevi di case, ma è di 48 ore fa la notizia che anche CaseVacanza.it, sito leader in Italia per gli affitti turistici, ha firmato un primo analogo accordo con il Comune di Rimini per rendere automatica la riscossione dell’imposta, azzerando così anche il rischio di evasione.
Resta invece di difficile valutazione l’utilizzo di tali incassi da parte delle amministrazioni comunali, conclude Feruzzi. La maggior parte degli enti continua a gestire tali introiti per finalità non puramente turistiche e senza alcuna forma di condivisione con gli operatori turistici del territorio, in quanto manca un vincolo contabile specifico, dato che il decreto istitutivo dell’imposta di soggiorno del 2011 non è stato seguìto dall’apposito decreto attuativo. Gli ultimi dati rilevati sugli investimenti comunali finanziati grazie alla tassa di soggiorno (riferiti al 2015 e a sole 148 amministrazioni trasparenti) raccontano che un 15% delle risorse va in eventi, un 11% in restauri e manutenzioni e un altro 11% in miglioramento della viabilità. Seguono voci che spaziano dall’arredo urbano alle reti wi-fi, dalle strutture sportive alla segnaletica
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