La gara con cui Ilva è stata aggiudicata ad Am Investco Italy non è nulla. Manca l’ufficialità, ma sembra essere questo, secondo diverse fonti, l’orientamento giuridico sulle questioni sollevate dal ministro dello Sviluppo, Luigi Di Maio, nelle scorse settimane. Secondo il popolo dei social il parere sulla correttezza della gara per l'aggiudicazione dell’Ilva sarebbe giù sulla scrivania del ministro Di Maio da venerdì sera. La vox populi rimbalza in Rete da giorni, ma a oggi nessuna conferma ufficiale è arrivata dal ministero. Nei giorni scorsi, fonti vicine ad ArcelorMittal, (azionista di maggioranza di Am Investco Italy), la cordata aggiudicataria, hanno dovuto smentire di avere ricevuto alcuna comunicazione riguardante l’atteso verdetto, ricordando che «l’iter prevede che l’Avvocatura comunichi la decisione al ministero dello Sviluppo economico e questo, solo successivamente, si attivi per contattare i soggetti interessati alla vicenda, tra cui anche i sindacati». Al momento, quindi, la multinazionale è in attesa di una comunicazione da parte del ministero che, secondo fonti vicine al dossier, potrebbe arrivare già stasera, comunque nelle prossime ore. La sensazione, condivisa da alcuni osservatori vicini al dossier Ilva, è che l’Avvocatura si sia già espressa e che non ritenga che ci siano i presupposti per annullare la gara. Due fonti hanno in particolare confermato poche ore fa a Reuters che «l’Avvocatura non ha ritenuto che ci fossero gli estremi per l’annullamento in autotutela e ha rimesso la decisione al governo». Il parere condividerebbe parte dei rilievi Anac, giudicandoli però non idonei a invalidare l’aggiudicazione. Una linea che l’Avvocatura aveva già tenuto l’anno scorso, quando fu interpellata dall’allora ministro dello Sviluppo, Carlo Calenda, in merito all’opportunità di prevedere rilanci prima di aggiudicare definitivamente gli asset all’offerta ritenuta migliore. Sui social, come detto, la questione è ampiamente dibattuta. Sulla querelle è intervenuto, via twitter, anche l'ex ministro dello Sviluppo, Carlo Calenda, dicendo nei giorni scorsi che «se Di Maio ha ricevuto il parere dall'Avvocatura su Ilva dovrebbe immediatamente renderlo disponibile, qualsiasi sia il contenuto evitando di nasconderlo come ha fatto con la lettera di richiesta di un parere (parziale) all’Anac».
Polemiche a parte, Di Maio aveva indicato come giorni idonei per conoscere il parere «quelli intorno a Ferragosto». A una settimana di distanza, cresce l’attesa per conoscere quali decisioni intende assumere il ministro per agevolare una rapida risoluzione della vicenda.
In questi giorni i tecnici del Governo e ArcelorMittal hanno continuato a lavorare sottotraccia per capire in che modo migliorare la proposta occupazionale giudicata insoddisfacente fino a oggi dal sindacato e dallo stesso ministero: l'accordo con i rappresentanti dei lavoratori è una condizione solo sospensiva al perfezionamento dell'operazione, ma la durata della validità del contratto di aggiudicazione è ormai agli sgoccioli, con la scadenza fissata al 15 settembre, in parallelo con l’esaurimento della cassa a disposizione della procedura commissariale per la gestione ordinaria dell’azienda. In diverse occasioni il chairman di ArcelorMittal, Lakshmi Mittal, aveva dichiarato, prima della proroga, che l’intenzione del gruppo era prendere possesso dell’Ilva, come da contratto, al 30 giugno. L’allungamento della scadenza non muta l’atteggiamento dei vertici del gruppo, che al 15 settembre, come confermano fonti, si dichiara pronto a subentrare alla gestione commissariale nel controllo operativo dell’azienda.
Un accordo con il sindacato, però, faciliterebbe le cose. Il confronto, avviato da più di un anno, non ha fino a oggi avvicinato di molto le parti. Am è disposta ad assumere da subito circa 10mila persone (qualche centinaio in più rispetto a quanto previsto dal piano), mentre i sindacati chiedono garanzie per tutti i 14mila dipendenti. Si discute di incentivi all’esodo: a questo scopo sono state previste risorse per circa 200 milioni di euro (da verificare se la somma può salire a 250 milioni), con l’obiettivo di accompagnare all’uscita almeno 2mila persone. Il lavoro dei tecnici di Governo e Mittal riguarda l’esplorazione dei confini giuridici di eventuali misure e non è un mero bilanciamento dei numeri. Si sta approfondendo per esempio la possibilità che l’incentivo possa essere erogato a valle di un piano di ammortizzatori a valere per tutta la durata del piano, misura che potrebbe alzare l’asticella degli eventuali interessati all’esodo. Si sta studiando anche la possibilità di costruire una società terza, partecipata da Mittal, nella quale fare confluire parte dei lavoratori non riassunti subito, con uno schema che, però, dovrebbe differire dall’analoga proposta avanzata dall’ex ministro Carlo Calenda mesi fa.
Per Valerio D’Al, segretario generale della Fim Taranto, «a ridosso del parere dell’Avvocatura di stato, i tre mesi di proroga giugngono quasi al termine senza che nello stabilimento nulla cambi. Continueremo a spingere perchè la trattativa riparta quanto prima - spiega in una nota - proprio perchè consapevoli delle difficoltà delle tante famiglie dei lavoratori. Non consentiremo che ci siano discriminazioni tra i dipendenti e, prima di discutere di numeri, va fatta chiarezza su qual è la visione del futuro dello stabilimento e quale è il piano industriale di Mittal partendo proprio dalla conferma di un milione di tonnellate di acciaio dedicate ai tubifici come proposto nella presentazione del piano industriale. Far presto non vuole dire firmare a ogni costo, vuol dire dare il massimo per portare ai lavoratori il miglior accordo possibile per il risanamento e il rilanco di Taranto».
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