Il Di Maio-pensiero sull’Ilva dopo il verdetto dell’Avvocatura dello Stato («Gara illegittima ma non possiamo annullarla perchè serve dimostrare che è stato colpito un interesse pubblico concreto, rilevante e attuale»), ma soprattutto la decisione del responsabile dello Sviluppo economico di rinviare al ministero dell’Ambiente l’approfondimento della parte relativa al risanamento della fabbrica e alla trattativa sindacale il nodo occupazionale, non convincono assolutamente Taranto. Anzi: provocano nelle istituzioni, nell’imprenditoria e nei sindacati della città che più avverte il tema Ilva, reazioni molto irritate.
Gli industriali: «Così si decide di non decidere»
Se non di vero e proprio fastidio. Oggi quella parte di Taranto, maggioritaria, che sperava che Di Maio indicasse finalmente
una strada chiara per mettere in sicurezza l’acciaieria, avviare i progetti di bonifica e tutelare i posti di lavoro, si è
ritrovata nuovamente delusa. L’incertezza prosegue, lo stallo non ha mai fine, l’approdo non si vede ancora. «Per l’ennesima
volta il ministro Di Maio ha deciso di non decidere»,, dichiara il presidente di Confindustria Taranto, Vincenzo Cesareo. E il sindaco di Taranto, Rinaldo Melucci, non esita nel definire il discorso di Di Maio da «arrampicatore sugli specchi»,
dichiarando che sta andando in scena «una farsa». Incalza anche il sindacato con la Fim Cisl che si dice pronta allo sciopero
se le risposte definitive dovessero tardare ancora.
La sensazione della «via d’uscita politica»
«Prima la richiesta di parere all’Autorità Anticorruzione, e va bene, poi il parere chiesto all’Avvocatura dello Stato, che
è finalmente arrivato, dopodiché ci aspettavamo che Di Maio dicesse: queste le mie decisioni. Apprendiamo invece - commenta
Cesareo - che adesso il ministro vuol verificare col ministero dell’Ambiente se è stato legittimo o meno aver fatto slittare
le scadenze intermedie del piano di risanamento ambientale e aspetta che i sindacati trovino l’accordo con Mittal sui posti
di lavoro. Speriamo che sia davvero l’ultimo rinvio, l’ultima dilazione. Prendiamo atto che il ministro riconosce che il tempo
stringe e che il 15 settembre è alle porte, ma, se Di Maio permette, questo lo diciamo ormai da molte settimane. Non vorremmo
che questo suo tirare in ballo ora l’Anac, adesso l’Avvocatura, poi il ministero dell’Ambiente serva solo a costruirsi una
via d’uscita politica. Magari per dire alla parte vicina a M5S - aggiunge Cesareo -: vedete? Io avrei annullato la gara, ma
ci sono tanti vincoli, tanti lacci e lacciuoli, tanti impedimenti che mi impediscono di farlo».
L’irritazione del sindaco
«Non è che non decidendo o non pronunciandosi sul mantenimento o sulla chiusura dello stabilimento siderurgico, lui può lavarsene
le mani. Questo sia molto chiaro. Il ministro e il suo Governo dovranno comunque occuparsi di Taranto». Così il sindaco Rinaldo
Melucci, del Pd, a Di Maio. «Noi - aggiunge il sindaco - continueremo a incalzarlo, proponendogli delle cose anche in maniera
leale. Devo dire però che dopo la mezz’ora che ci ha concesso al pari di qualsiasi altra associazione, lui non ha mai ascoltato
il comune di Taranto. Se questa è la trasparenza della sua idea politica, siamo molto dubbiosi. Adesso cercheremo di mettere
insieme le organizzazioni sindacali, la Confindustria, la provincia e gli altri comuni dell’area di crisi complessa per verificare
in quale direzione andare. Io ho l’impressione - sottolinea il sindaco di Taranto - che si stia consumando una farsa. Capisco
- conclude il sindaco di Taranto - la sua difficoltà nell’aver promesso in campagna elettorale la chiusura dello stabilimento,
ma qui il ministro semplicemente non decide. E questo crea imbarazzo e forte preoccupazione in tutti gli attori del territorio».
Cisl: «È il momento delle responsabilità»
«Riteniamo sia giunto il momento di assumersi responsabilità che, come abbiamo spesso ribadito, contrastano con la campagna
elettorale - dichiara Valerio D’Alò, segretario Fim Cisl Taranto -. Nel suo tentativo di tenere buoni tutti, il ministro sta
ottenendo l’effetto opposto, ma di mezzo, nella bilancia del consenso, ci sono sempre Taranto e i lavoratori. Non si sottovaluti
che, così come già successo in precedenza, l’attesa dei lavoratori in cassa integrazione e delle ditte in appalto, oggi chiuse
o in ammortizzatori sociali, si potrà trasformare in mobilitazione qualora il futuro ambientale e occupazionale di Taranto
dovesse essere messo a rischio dai giochi della politica di qualunque schieramento. Non abbiamo avuto remore a scioperare
col governo precedente - conclude D’Alò -, non ne avremo con l’attuale se sarà necessario».
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