Economia

Ilva all’ultima chiamata. In cassa restano solo 24 milioni

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SIDERURGIA

Ilva all’ultima chiamata. In cassa restano solo 24 milioni

L’amministrazione straordinaria di Ilva è arrivata ai suoi ultimi 24 milioni. Dai prossimi giorni fino alla fine settembre brucerà poco meno di un milione di euro al giorno e poi la cassa virerà in negativo. L’equilibrio economico finanziario del gruppo siderurgico, come confermano fonti vicine alla procedura, ha ormai imboccato un punto di non ritorno.

La disponibilità di risorse fresche, come detto, supera di poco i 20 milioni. L’attività, seppure a scartamento ridotto, prosegue, e il mese prossimo l’azienda prevede di incassare circa 235 milioni di euro dalla vendita dei prodotti. Ma a settembre ci saranno da pagare gli stipendi (probabilmente gli ultimi) per gli operai, circa 48 milioni, ai quali aggiungere altri 201 milioni di esborsi correnti. Due voci che, già da sole portano a un flusso di cassa operativo negativo per circa 14 milioni nel mese di settembre (in linea con quanto avvenuto nei due mesi precedenti). A questo si aggiunge una decina di milioni per i minimi investimenti di periodo e il gioco è fatto: lo sbilancio di settembre è di 24 milioni, tale da «mangiarsi» quel poco di denaro che era rimasto in cassa. E le previsioni per l’ultima parte dell’anno indicano un saldo negativo finale per 132 milioni.

Già alla fine del 2017 l’amministrazione straordinaria era arrivata a rischiare il fondo del barile, con soli 8 milioni di euro in cassa. Ma con l’inizio del 2018 l’azienda aveva potuto beneficiare dell’iniezione di 300 milioni di finanziamento per completare la procedura di cessione, di cui 35 milioni utilizzati immediatamente per pagare l’indotto locale. Il «tesoretto», si è dimezzato nei primi tre mesi dell’anno, poi è stato perfino incrementato grazie agli incassi delle vendite nei mesi di aprile e maggio, e si è mantenuto i equilibrio fino a giugno; poi è precipitato in picchiata, deteriorandosi irrimediabilmente tra luglio e agosto, con flussi di cassa negativi per 48 e 81 milioni.

La scadenza del contratto con Am Investco Italy, la cordata aggiudicataria guidata da ArcelorMittal, è però fissata al 15 settembre ed è quello, salvo colpi di scena, lo spartiacque entro il quale dovrà essere perfezionata la cessione degli asset Ilva. Manca solo l’accordo sindacale. Il tempo stringe, ma i rappresentanti dei lavoratori rifiutano di tornare a sedersi al tavolo della trattativa senza un chiaro segnale politico di da parte del Governo. Il ministro dello Sviluppo economico, Luigi Di Maio è però ancora lontano dall’accendere il semaforo verde sulla vicenda Ilva.

Dopo avere ottenuto il parere dell’Avvocatura, alla fine della settimana scorsa, Di Maio ha parlato di «forti criticità e nuovi elementi fondamentali che porterebbero al sospetto di illegittimità dell’atto», salvo poi fare marcia indietro sull’annullamento dell’aggiudicazione, sottolineando che, in questi casi, va valutata anche la tutela dell’interesse collettivo. Il ministro ha annunciato che convocherà un tavolo prossimamente. Intanto, ha chiesto al ministero dell’Ambiente un parere (atteso per fine settimana) sulla regolarità delle scadenze previste da ArcelorMittal nell’adempimento della nuova Aia, lasciando intendere la volontò di chiedere all’aggiudicatario ulteriori sforzi sul cronoprogramma.

Secondo fonti vicine al dossier le rsu Fim, Fiom, Uilm e Usb sono già sul piede di guerra e minacciano la mobilitazione generale per il 12 settembre se nei giorni scorsi la trattativa non si sbloccherà.

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