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Fondi europei: Marche, Sardegna, Umbria e Molise sono più…

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programmazione 2021-2027

Fondi europei: Marche, Sardegna, Umbria e Molise sono più povere perciò avranno più soldi

Il prossimo bilancio a lungo termine dell'Unione europea porta due notizie, una buona e una cattiva, per quattro regioni italiane. Quella cattiva è che nella classifica delle 300 regioni europee per Pil procapite a parità di potere d'acquisto, retrocedono a tal punto da scendere sotto le soglie che separano le regioni più sviluppate da quelle in transizione e meno sviluppate.

Sardegna e Molise passano dallo status di regioni “in transizione” a quello di “meno sviluppate”, raggiungendo Campania, Calabria, Basilicata, Puglia e Sicilia. Marche e Umbria invece retrocedono dal club delle regioni più ricche a quello meno prestigioso delle regioni “in transizione” dove saranno insieme all'Abruzzo.

MAPPA INTERATTIVA / Il Pil procapite delle regioni europee -Fonte: Eurostat regional yearbook 2018

Si sono “salvati” Piemonte, Trentino, Friuli V.G. e Lazio che, nonostante un calo del pil procapite di oltre il 10% tra il 2007 e il 2016, sono rimaste tra le regioni più ricche. Per le Marche ha inciso una modifica ai criteri di ammissibilità: la categoria delle regioni in transizione si è allargata fino a comprendere tutte quelle con un Pil procapite tra il 75 e il 100% della media Ue, mentre fino ad oggi la forchetta era 75-90%. Ma fino al 2014 le Marche erano abbondantemente sopra quota 100, l'anno dopo hanno perso quasi 10 punti: un crollo su cui hanno avuto un ruolo determinante le crisi del gruppo Merloni, del comparto calzaturiero del Fermano e del sistema bancario regionale (Banca Marche e Cassa di risparmio di Fabriano e Cupramontana, acquisita da Veneto Banca).

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Il rilievo non è solo statistico
Da questa classifica, contenuta nella proposta di regolamento dei fondi strutturali per il prossimo bilancio di lungo termine della Ue, dipende la dote di risorse che ogni regione riceverà nel prossimo periodo di programmazione, 2021-2027. La buona notizia è che queste quattro regioni avranno un aumento molto consistente di risorse europee: l'obiettivo è ridurre le disparità e riavvicinarle alla media Ue. Per ora è difficile fare proiezioni su quanti soldi in più riceveranno da Bruxelles anche se qualche simulazione è in preparazione. Ma tanto per dare un'idea, nella programmazione 2014-2020 la Basilicata, che era stata retrocessa dalla categoria delle regioni in transizione a quella delle meno sviluppate, ha ottenuto quasi 1,8 miliardi di euro (Fesr, Fse e Feasr) circa 5-6 volte di più rispetto al periodo precedente. Insomma, nell'arco di meno di un decennio ben cinque regioni sono scese sotto le soglie di ricchezza che determinano l'appartenenza a una o all'altra categoria di regioni. Un altro segnale, preoccupante, dell'arretramento economico generale del Paese rispetto al resto dell'Unione europea, che a lungo andare si traduce inevitabilmente anche in una contestuale perdita di peso politico.

Un problema non solo italiano
La caduta della ricchezza procapite rispetto alla media Ue durante il decennio della Grande crisi non ha riguardato solo le regioni italiane. Vaste aree della “vecchia Europa” che sono andate indietro in termini relativi rispetto al resto dell'Unione sono «bloccate nella “trappola del reddito medio”» come scriveva quasi un anno fa la Commissione europea nel settimo rapporto sulla politica di coesione. Significa che non sono abbastanza arretrate per poter competere a livello globale sul costo del lavoro con i Paesi emergenti ma allo stesso tempo non sono abbastanza avanzate per stare sul mercato alla pari con chi è tecnologicamente più avanti. Le mappe dello Eurostat regional yearbook 2018 appena pubblicato, danno una rappresentazione eloquente della situazione. In Francia, soprattutto, solo due regioni sono rimaste tra quelle più ricche, Parigi e Rodano –Alpi. La situazione è peggiorata anche in Spagna, in Grecia e in Finlandia. Da queste riflessioni è scaturito un riequilibrio nella distribuzione delle risorse della politica di coesione europea e dei fondi strutturali. Il fondo di coesione, riservato ai paesi dell'Est entrati nella Ue nel 2004 con l'allargamento, è stato tagliato del 40% mentre gli altri fondi hanno subito solo piccole riduzioni e, come si diceva, è stata allargata la forchetta per le regioni intermedie. Applicando anche i nuovi criteri di distribuzione che non si limitano più solo al reddito procapite, le regioni italiane avranno in media il 6% in più rispetto al 14-20, 91 euro procapite contro i 106 della media Ue che però subisce un taglio dell'11 per cento.

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