Autobus meno inquinanti, piste ciclabili, riqualificazione delle periferie, illuminazione pubblica, e-government. Sono alcuni esempi di come le città metropolitane italiane stanno utilizzando le risorse del Pon Metro, il programma operativo nazionale 2014-2020 finanziato per quasi 900 milioni di euro con risorse del Fondo europeo di sviluppo regionale (Fesr) e del Fondo sociale europeo (Fse), più la quota di cofinanziamento nazionale. Le sei aree metropolitane del Sud beneficiano di circa 90 milioni ciascuna mentre a quelle del Centro-Nord ne arrivano circa 40.
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Non in tutte, però, la spesa di queste risorse procede secondo le tabelle di marcia concordate con la Commissione europea. A fine luglio, secondo i dati dall'Agenzia per la Coesione che è responsabile del Pon, la spesa complessiva certificata a Bruxelles era di poco superiore a 41 milioni di euro, molto lontana dai 120 milioni che è l'obiettivo fissato per fine 2018. Per le somme non spese, a fine anno scatterà il disimpegno automatico. I soldi, cioè, resteranno alla Ue.
Le città virtuose…
Ma quali sono le città più virtuose nell'utilizzo del Pon Metro? La prime due sono Firenze e Milano che a luglio erano già
ben oltre l'obiettivo di fine anno, a qualche decimale di distanza l'una dall'altra. Le seguiva Bari che aveva coperto l'importo
da spendere per oltre il 90%, ma con il merito di trovarsi a gestire una somma molto più alta: se Milano e Firenze avevano
speso quasi 5 milioni e mezzo ciascuna, Bari ne aveva spesi 12,4. Per farne cosa? Il capoluogo pugliese ha avviato già dal 2016 il rinnovo della flotta di autobus urbani,
con l'obiettivo di acquistarne almeno 50 alimentati prevalentemente a metano: servizi migliori per i cittadini e meno emissioni
inquinanti. Firenze, invece, ha puntato sulla riqualificazione energetica della rete di illuminazione pubblica con l'installazione delle lampade
a LED, ma anche di tecnologie che consentono di ridurre e omogeneizzare l'illuminazione in città. Tutto si traduce nell'abbattimento
strutturale dei consumi e quindi dei costi per l'amministrazione e i cittadini. Nel capoluogo toscano, inoltre, si sta ampliando
la digitalizzazione delle comunicazioni tra uffici pubblici e cittadini. A Milano le risorse del Pon Metro sono state concentrate su alcune periferie e in particolare sui grandi complessi di case popolari
come nel quartiere Lorenteggio. Altri fondi sono stati destinati ai centri di emergenza sociale “a bassa soglia”, che rispondono,
per esempio, a situazioni di emergenza abitativa delle fasce più deboli della popolazione. Parte dei fondi è servita anche
a realizzare le piste ciclabili in zona Repubblica e in zona Solari-Tortona.
…e i casi disperati
I casi virtuosi, però, si fermano qui. Delle altre 11 città che beneficiano del Pon Metro, solo Genova aveva superato il
50% dell’obiettivo di spesa fissato per fine anno (55,1% per essere esatti). Roma e Venezia erano al 40%, Reggio Calabria
sfiorava il 30% e a seguire Cagliari (26,8%), Catania (19,4%), Torino (18,6%), Palermo (18,3%), fino ai casi disperati di
Napoli, Messina e Bologna tra lo 0,1 e l'1%.
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Un programma complesso, unico in Europa
Va detto che si tratta di un programma unico nel panorama europeo dei fondi strutturali con un modello di governance particolare,
perché ogni città gode di ampia autonomia nella gestione. A differenza degli altri, infatti, oltre all'autorità di gestione,
espressa dall'Agenzia, esistono 14 organismi intermedi, uno per ogni città. Anche in questo caso, dunque, l'uso più o meno
efficiente dei fondi europei fa emergere le criticità generali che impediscono al Paese di crescere alla stessa velocità degli
altri partner europei, anche quando le risorse ci sono. E non sempre lo spartiacque è tra Nord e Sud, come mostrano i dati
delle 14 città.
Perché risultati diversi tra le città
Secondo i tecnici, tre fattori determinanti possono spiegare buona parte dei divari tra le diverse città.
1) l'assetto organizzativo della città e la loro capacità di adeguare le proprie strutture e procedure alle nuove responsabilità
assegnatele dal Pon;
2) il livello di innovatività di alcuni ambiti di azione, su tutti quello dell'inclusione sociale, che ha determinato tempi
più lunghi per l'avvio dei progetti, soprattutto in contesti (per lo più del Sud) che non avevano mai sperimentato l'approccio
integrato proposto dal Pon;
3) la natura dei progetti, in particolare quelli assimilabili alla categoria “lavori pubblici”, più frequenti al Sud anche
per la maggiore quantità di fondi disponibili, hanno tempi di avvio molto lunghi, dilatati anche dal nuovo codice appalti,
il cui complesso iter di riforma avviato nel 2016 è ancora in corso.
L'iniziativa del Pd di un osservatorio nazionale
Proprio da una delle città più virtuose nell'uso dei fondi europei è partita nei giorni scorsi una iniziativa del Pd che punta
ad alzare il livello di attenzione sulle risorse comunitarie per i territori. Il coordinatore nazionale, Matteo Mauri, e la
responsabile Esteri del partito, Lia Quartapelle, hanno lanciato un osservatorio nazionale per il monitoraggio della spesa
che, per il 2014-2020, è di 34 miliardi per Fesr e Fse, e dal 2021 è destinata a crescere. «Prima di chiedere altro – ha affermato
Mauri – bisogna spendere ciò che è stato già stanziato. Altrimenti si perdono forza e credibilità in Europa». La spesa ordinata
ed efficace dei fondi europei è una sfida che tutti i governi hanno dovuto affrontare, se non altro per non vedersi cancellare
le risorse. Le continue difficoltà hanno riguardato e riguardano tutti i governi perché rispecchiano l'incapacità del Paese
di risolvere questioni che si trascinano da decenni, dall'efficienza della Pa al funzionamento della giustizia civile. Il
governo M5S-Lega ha ereditato una situazione preesistente e per affrontarla non ha trovato di meglio che vecchi strumenti
come la riduzione del cofinanziamento nazionale, a conferma che non esiste la bacchetta magica che in un istante trasformi una zucca in carrozza. Per vincere la
sfida c'è bisogno di competenze, tenacia ma soprattutto di tempo. Per la ministra Barbara Lezzi la battaglia è appena iniziata.
Il tempo – appunto – dirà se e quali nuove soluzioni riuscirà a trovare.
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