Può diventare una notizia anche un fatto che non è accaduto. Ed ecco la notizia che non c’è: non illudiamoci sul riciclo
dei rifiuti, oggi il Consiglio dei ministri ha approvato il decreto Semplificazioni dal quale ha sfilato le norme “end of waste” che avrebbero sbloccato il riciclo. Le norme non ci sono più (ecco la non-notizia) e di conseguenza il riciclo dei rifiuti
non esce dalla crisi. Tutto ciò accade mentre gli impianti di selezione si riempiono di materiali che senza la normativa non trovano destinazione,
mentre Roma entra in emergenza rifiuti e mentre il mercato del riciclo è paralizzato. Inoltre, il decreto Semplificazioni ha smantellato il Sistri sui movimenti di rifiuti.
Riciclo addio
Il decreto Semplificazioni approvato oggi, contrariamente a una prima versione che era stata approvata la settimana scorsa,
non contiene le disposizioni più volte annunciate dal ministro dell’Ambiente, Sergio Costa per risolvere il problema del blocco
delle autorizzazioni degli impianti di riciclo.
End of waste (in inglese, fine del rifiuto) è quel criterio europeo secondo il quale un rifiuto, se segue criteri precisi, quando viene
riutilizzato in un nuovo ciclo produttivo perde lo status di rifiuto e diventa prodotto.
Oggi l’Italia ha normative specifiche per meno di un pugno di prodotti, come per esempio gli pneumatici usati. Tutto il resto
che viene riciclato resta rifiuto in aeternum, e alle norme del rifiuto resta vincolato.
Dai pannolini alla crisi
Il problema era nato in febbraio con l’innovativo impianto con cui a Spresiano (Treviso) la Fater e l’azienda di servizi
ambientali Contarina riescono a riciclare i pannolini igienici, uno dei problemi più “esplosivi” nella gestione dei rifiuti.
L’impianto è oggetto di studio internazionale e modello invidiato nel mondo.
La società Contarina aveva chiesto alla Regione del Veneto un’autorizzazione all’impianto in cui la Regione, al termine della
sua istruttoria attenta e complessa con cui rilasciava il permesso all’attività, stabilisse anche i criteri end of waste.
La Regione del Veneto ha risposto a Contarina che no, non le è permesso stabilire i criteri secondo i quali un materiale esce
dalle regole dei rifiuti per entrare in quelle dei prodotti, e la Regione non può farlo perché non esiste alcun regolamento
europeo né alcun decreto nazionale cui riferirsi.
Contarina è andata al Tar Veneto, il quale ha dato ragione alla società trevisana e ha dato torto alla Regione del Veneto:
il Veneto (ha detto il Tar) deve decidere che cosa è rifiuto e che cosa è prodotto.
La sentenza del Tar è passata all’esame del Consiglio di Stato, il quale in febbraio ha ribaltato il parere del Tar e ha dato
ragione al Veneto: la competenza per stabilire i criteri end of waste spetta solo al ministero dell’Ambiente o al legislatore comunitario, non a un’autorità competente al rilascio di un’autorizzazione
come nel caso di una Regione.
La sentenza ha messo nel panico tutto il mondo del riciclo, che ora si sta fermando.
Difatti le Regioni, pur non condividendo la pronuncia del Consiglio di Stato, non rilasciano o rinnovano le autorizzazioni caso per caso per le attività di recupero e riciclo dei rifiuti.
Perché è stato tolto dal decreto Semplificazioni (aggiornamento)
(Aggiornamento del 13 dicembre, ore 11,55) La norma end of waste è stata tolta dal decreto Semplificazioni perché in questa versione non avrebbe semplificato nulla, anzi a quanto dicono
gli esperti del settore il testo proposto era al contrario una complicazione.
L’approccio dell’articolato era infatti quello punitivo, cartaceo e burocratico la cui applicazione non avrebbe aggiunto alcuna
tutela ambientale e al contrario avrebbe creato spazi per i furbetti del rifiuto. Il testo proposto era contestato perfino
dai tecnici di rifiuti dello stesso ministero dell’Ambiente.
La norma end of waste proposta e cancellata dal Consiglio dei ministri rinviava a un decreto successi con criteri generali che sarebbero stati
applicati caso per caso. Un raddoppio normativo perché esistono già i criteri generali nell’ordinamento Ue e in quello italiano
che li ha recepiti: non servono altri criteri nazionali; nel mercato unico i materiali che cessano di essere rifiuti sono
beni che devono poter essere venduti nel mercato. Inoltre per ogni materiale da riciclare sarebbe servito emanare un decreto
dall’iter infinito (concertazione, intese con le Regioni, pareri dell’Ispra, la verifica del Consiglio di Stato, notifica
della regola tecnica alla Ue, approvazione della Corte di conti, nulla-osta del dipartimento Affari giuridici legislativi
di Palazzo Chigi).
Il mondo delle imprese del riciclo e degli esperti di ambiente sta lavorando a un emendamento all’articolo 184-ter del Codice
dell’Ambiente (decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152): «5-bis. Per ciascuna tipologia di rifiuto, fino alla data di entrata in vigore del relativo decreto di cui al comma 2, i criteri
specifici di cui al comma 1 possono essere stabiliti per il singolo caso, nel rispetto delle condizioni ivi indicate, tramite
autorizzazioni rilasciate ai sensi degli articoli 208, 209, 211, nonché ai sensi del Titolo III-bis della parte seconda del
decreto legislativo n. 152 del 2006».
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