Un compromesso con molti paletti. Scaduto un brevetto, nei 5 anni in cui viene “prolungato” con il cosiddetto “certificato
supplementare”, le case farmaceutiche europee potranno iniziare a produrre, nella Ue, il suo generico. A patto, però, di venderlo
solo nei Paesi extra-Ue terzi e solo in quelli in cui l’estensione della tutela non è riconosciuta.
Ieri, il Coreper – il comitato dei rappresentanti permanenti dei governi degli Stati membri dell’Unione europea – ha raggiunto
un compromesso sulla bozza di regolamento che introduce una deroga ai certificati di protezione complementare sui farmaci
(gli “Spc” che scattano per 5 anni al termine della validità del relativo brevetto). Ma con paletti per disciplinarne una
produzione tutta dedicata all’export in determinate condizioni.
I certificati supplementari Spc estendono fino a ulteriori 5 anni la durata già ventennale dei brevetti farmaceutici europei, per consentire il recupero del tempo intercorso tra il deposito della domanda e l’ottenimento dell’autorizzazione alla messa in commercio dei prodotti.
Secondo Assogenerici, la conseguenza è che le aziende europee sono così esposte ad una pesante concorrenza da parte dei produttori extraeuropei, non soggetti alle stesse restrizioni, e costrette a delocalizzare gli impianti stringendo accordi vincolati con i Paesi ospiti. Mentre per Farmindustria – contraria a qualunque deroga sugli Spc – i i prodotti originali sono in grado di conservare le vendite nei paesi fuori dall’Europa anche dopo la scadenza del brevetto, mentre il mercato generico è dominato da produttori “locali” e non favorirebbe comunque al concorrenza europea in mercati solitamente emergenti.
La bozza di compromesso
Secondo la bozza di Regolamento concordata in seno alle istituzioni europee, i generici e biosimilari devono essere prodotti
esclusivamente per l’esportazione verso Paesi terzi in cui la protezione del medicinale originale non esiste o è scaduta.
In secondo luogo, il produttore deve aver fornito almeno tre mesi prima le informazioni richieste dal regolamento sia alle
autorità dello Stato membro di produzione sia al titolare del Spc. Terzo, il fabbricante deve aver informato tutti coloro
che sono coinvolti nella commercializzazione del prodotto del fatto che il prodotto stesso può essere immesso sul mercato
solo al di fuori della Ue. Infine il produttore deve apporre sulla confezione del prodotto il logo specifico previsto dal
regolamento, indicando chiaramente che è solo per l’esportazione.
Nei primi tre anni di entrata in vigore della normativa, però, la deroga potrà essere richiesta solo per i nuovi Spc, ovvero
quelli richiesti a partire dalla data di entrata in vigore del regolamento. A seguire, potrà essere estesa anche a quelli
di più vecchia data ma divenuti efficaci dopo l’entrata in vigore della nuova normativa.
Restano dei opunti in sospeso. Come la possibilità per le aziende di produrre e stoccare i lotti prodotti in presenza di
Spc nei propri magazzini per venderli nei paesi Ue dal giorno successivo alla scadenza dell’Spc. Sul punto, sarebbero favorevoli
im governi di Italia, Francia, Germania e Spagna.
Cosa succede ora
Una volta che il Parlamento Ue avrà approvato un mandato negoziale, la presidenza rumena avvierà negoziati con il Parlamento
europeo con l’obiettivo di adottare il regolamento entro la fine della legislatura (cioè entro aprile/maggio).
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