E dire che doveva essere il festival dell’Armonia. I giorni che hanno preceduto la 69esima edizione di Sanremo, al via martedì 5 febbraio su Rai 1, sono stati accompagnati da più di una nota stonata, tra polemiche politiche e dibattito sul conflitto d’interessi di Claudio Baglioni direttore artistico. E così alla conferenza stampa di presentazione l’ex «dittatore», ora «dirottatore» artistico, prova a schivare tutte le trappole possibili: «Non sarà un Festival politico», dice. Sono ancora fresche le polemiche sul tema dell’immigrazione con il pensiero del cantautore rintuzzato a caldo dal vicepremier Matteo Salvini.
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Non è un festival per la politica
Se c’è voluto così poco per scatenare così tanto, mettere le mani davanti era esattamente quello che ci si poteva aspettare
da Baglioni. Molto irrigidito sul tema anche Claudio Bisio: «Non parlerò di migranti, ma nemmeno di Bolsonaro e della Juve
e dei rigori». Ad affiancare Baglioni, oltre a Bisio ci sarà Virginia Raffaele, alla sua seconda esperienza come co-conduttrice (la prima con Carlo Conti nel 2016). La linea è però unanime: basso profilo e schivare le polemiche. Anche se c’è un tema che continua a bussare insistente,
già evidenziato lo scorso anno ma salito ora alla ribalta: il conflitto d’interessi del Baglioni direttore artistico con il Baglioni artista sotto contratto per Sony Music per l’attività discografica e con F&P Group per la parte live, aziende
che per il secondo anno consecutivo hanno fatto il pieno di concorrenti in gara e ospiti alla kermesse.
Conflitto d’interessi, la difesa della Rai
La direttrice di Rai 1 Teresa De Santis ha fatto però immediatamente quadrato su Baglioni e le sue scelte. «La nostra produzione
musicale e culturale vive anche di contiguità», anzi spesso deve «farne tesoro: attraverso rapporti amicali si possono ottenere
artisti che altrimenti non si sarebbero avuti. Questo non vuol dire che non ci debba essere una coscienza tale da far sì che
venga favorita la qualità». E Baglioni, secondo la De Santis, ha «una coscienza molto forte» e «non ha bisogno di chissà quali
sovvenzioni o giochi di potere». Quanto ai precedenti, «penso per esempio al Live Aid, è molto frequente che siano le filiere
amicali a creare le condizioni per arrivare al massimo del risultato».
Effetto Superbowl
I risultati non mancano, a guardare i numeri della manifestazione che, in termini di share e ricavi pubblicitari, sta alla televisione italiana come il Superbowl sta a quella americana: 52,3% la share media dell’ultima edizione. «Svanite le Miss Italia, i Gran Prix della Tv, assente
l’Italia dai Mondiali – commenta Francesco Siliato, Tv and Media data analyst, partner dello Studio Frasi - è rimasto il Festival
a garantire agli inserzionisti audience sopra i dieci milioni di persone per i loro comunicati commerciali. Lo scorso anno
un break della prima serata fu seguito da 13,8 milioni di persone, il 23,5% della popolazione. Una rarità assoluta».
Ricavi in crescita di 3 milioni
Tim per il secondo anno si è riproposta come sponsor unico approfittando della kermesse anche per accendere a Sanremo antenne
5G e mostrare quella che sarà la connettività del futuro. Sponsor unico – ma anche evidentemente un’ottima vendita di break
(complice una controprogrammazione inesistente) – hanno spinto il Festival verso un nuovo record della raccolta pubblicitaria
che «viaggia tra i 28 e i 29 milioni, almeno 3 più dello scorso anno», ha spiegato la direttrice di Rai 1 evidenziando dall’altra
parte «un lavoro molto forte di contrazione dei costi». Mal contato il profitto, confrontando ricavi netti e costi, dovrebbe
superare i 10 milioni di euro.
Artisti internazionali, questi sconosciuti
Bilancio in attivo, ma scaletta povera di artisti stranieri di portata internazionale: finora sono stati annunciati lo scozzese
Tom Walker e il portoricano Luis Fonsi, non esattamente due pesi massimi. «Qualche anno fa - ha spiegato Baglioni - era diverso.
I dischi si vendevano e le case discografiche interpretavano il festival come una vetrina per il mercato italiano». Non era difficile portare un grande artista internazionale a Sanremo a un prezzo tutto sommato abbordabile. «Oggi - ha
aggiunto Baglioni - devi pagargli il cachet per intero». E a quel punto tenere i bilanci della manifestazione in utile, per
la Rai che la organizza, diventa molto più difficile.
Quanto costa cantare al Festival
Le parole di Baglioni restituiscono un significativo spaccato del comparto della discografia nell’era dello streaming. Sanremo,
in termini di vendite, vale poco più dell’1 per cento del mercato. In questo quadro si innestano le parole di Enzo Mazza,
presidente di Fimi, la federazione che rappresenta le major: «Dato il minor peso promozionale esercitato dalla kermesse, è
indubbio che in prospettiva i rimborsi per le case discografiche vadano rivisti. Il pay off promozionale non vale più, mentre
portare un artista in gara per una major comporta costi che si avvicinano ai 100 mila euro». Il rimborso che la Rai garantisce
si ferma a 48mila euro. Stai a vedere che i conflitti d’interesse o - come le chiama Teresa De Santis - le «filiere amicali»
ti risolvono un problema.
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