Ricerca e innovazione, efficienza energetica, cambiamento climatico, prevenzione dei rischi idrogeologici e resilienza alle calamità naturali, connettività digitale, mobilità urbana sostenibile, accesso al mercato del lavoro, sistema scolastico e formazione, lotta alla povertà. È lunga la lista delle «alte priorità» di investimento che l’Italia è chiamata ad affrontare e su cui, secondo i tecnici della Commissione Ue, dovrebbe concentrare la spesa dei fondi strutturali europei 2021-2027, 38,5 miliardi di euro di Fesr e Fse, senza contare il Fondo per lo sviluppo rurale. Il documento, di cui Il Sole 24 Ore ha preso visione, è allegato al Country report sull’Italia (si veda Il Sole dell’8 febbraio) che il collegio dei commissari pubblicherà domani. Da queste linee guida prenderà le mosse il negoziato tra il governo italiano e Bruxelles sulla prossima programmazione per arrivare, si spera entro il 2020, all’Accordo di partenariato che stabilisce come saranno spesi i fondi europei assegnati all’Italia.
Con una premessa: resta per l’Italia il forte deficit di capacità amministrativa, che si traduce in una bassa capacità di spesa dei fondi da parte di alcune regioni di alcuni ministeri. Perciò bisognerà «assicurare la corretta attuazione dei Piani di rafforzamento amministrativo», i Pra, che ogni ammistrazione ha dovuto impostare ma che non tutte sono state in grado di mettere in pratica per davvero.
Il documento, in poco meno di sette pagine, descrive i principali punti di debolezza del Paese e suggerisce, in modo dettagliato, come usare i fondi europei per superarli.
Su ricerca e innovazione, la Ue chiede all’Italia di «far crescere il numero e le dimensioni delle imprese innovative nei settori ad alta intensità di conoscenza e con altissimo potenziale di crescita; favorire gli scambi di conoscenze tra enti di ricerca e i settori produttivi, in particolare le Pmi, attraverso partnership e formazione». Per migliorare l’efficienza energetica e la resilienza al cambiamento climatico, al dissesto idrogeologico e ai disastri naturali come i terremoti, si suggerisce di puntare su una vasta opera di ristrutturazione del patrimonio immobiliare pubblico, dagli allogi popolari alle scuole e agli ospedali.
Si insiste poi sulla necessità di realizzare la rete a banda ultralarga senza escludere le aree bianche (a fallimento di mercato) in modo da ridurre anche il gap tra aree urbane e rurali. Per i trasporti, «che possono contribuire molto agli obiettivi sul cambiamento climatico» si insiste molto sulla multimodalità, sulle infrastrutture al servizio di trasporti “puliti” e sull’elettrico, sia nelle aree urbane che a livello nazionale. Nero su bianco anche l’invito a completare le linee ferroviarie che fanno parte della Rete di trasporto trans-europea (Tetn). Per affrontare le «importanti sfide» sul mercato del lavoro, la Commissione ritiene che l’Italia debba investire per «migliorare l’accesso al lavoro, in particolare di donne, giovani, stranieri e disoccupati di lungo periodo», ma anche «migliorare l’efficienza delle istituzioni e dei servizi per il mercato del lavoro», rafforzando anche la collaborazione tra imprese, scuola e pubblica amministrazione e promuovendo politiche di welfare aziendale. Scuola e formazione, «caratterizzate da ampie differenze regionali», restano uno snodo centrale per l’occupazione, perciò gli investimenti dovrebbero puntare ridurre l’abbandono scolastico, ampliare l’accesso all’università, modernizzare la formazione professionale, puntare sull’apprendimento permanente. Povertà ed esclusione sociale, in un Paese «con le più alte disparità di reddito nella Ue» vanno combattute con «servizi di qualità, infrastrutture pubbliche e sistemi di protezione sociale accessibili» per i quali i fondi europei possono contribuire insieme a quelli nazionali.
Resta da capire, ora, come questa «guida agli investimenti sulla Politica di coesione» sarà utilizzata e con quale livello di vinc0lo nel cosiddetto “semestre europeo” sui conti pubblici e come sarà collegato alle “raccomandazioni specifiche per Paese”.
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