«Non abbiamo mai avuto l’intenzione di mettere i bastoni tra le ruote all’agricoltura biologica, ogni produttore fa le proprie scelte. Ma quando i suoi sostenitori hanno cominciato a chiamare “avvelenatori” gli agricoltori convenzionali, è nato un vero e proprio moto di ribellione». Luigi Mariani è agronomo, docente all’Università degli Studi di Milano, membro della Società agraria di Lombardia e una delle anime più attive dietro la lettera dei 400 scienziati che chiedono il ritiro del Ddl sul bio.
Ci sono diversi miti da sfatare, spiega: «In primo luogo, la vera agricoltura organica oggi praticamente non esiste. Le imprese usano concime derivante da agricoltura convenzionale: gli animali da cui deriva il concime, cioè, sono nutriti con mangimi Ogm e foraggi a loro volta concimati con prodotti di sintesi. Quante aziende biologiche possono vantare un allevamento in proprio?».
L’agricoltura biologica, prosegue Mariani, non è sostenibile perchè ha una resa decisamente inferiore. Nel documento dei 400 scienziati, ricorda, si cita un’indagine dell’Università Cattolica di Milano sulle coltivazioni del melo, del pomodoro da industria e dell’uva: la completa eliminazione dei fitofarmaci da queste filiere porterebbe la produzione annua nazionale da 8,9 a soli 2,6 miliardi di euro.
Fitofarmaci che, beninteso, il biologico comunque utilizza: e sono tossici per la fauna e la flora acquatica, come l’azadiractina, lo spinosad, il piretro e i prodotti a base di rame.
Il bio è almeno più sicuro? Non necessariamente: «Nel documento - conclude Mariani - ricordiamo che gli ultimi controlli effettuati dall’Efsa a livello europeo indicano che il 98,6% dei prodotti alimentari italiani in generale presenta residui di pesticidi al di sotto delle soglie di legge».
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