Economia

Acqua pubblica, utility in allarme: la riforma costa 15 miliardi

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ex municipalizzate

Acqua pubblica, utility in allarme: la riforma costa 15 miliardi

(Adobe Stock)
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Una vera e propria rivoluzione sta per scuotere le società che gestiscono l’acqua. In attesa dell’approvazione della proposta di legge Daga che attribuisce il settore idrico ai comuni sotto forma di “aziende speciali”, totalmente dipendenti dalla Pubblica amministrazione e prive di autonomia decisionale, una decina di imprese a capitale misto pubblico-privato (con il pubblico saldamente al comando) si preoccupa già di come ridurre la dimensione delle attività, rinunciare alla quotazione (almeno per quanto riguarda il segmento idrico) e abbandonare la gestione di più città, pur avendo vinto le gare.

A fare i conti con questo sconvolgimento sono soprattutto Acea, Hera, Iren, Metropolitana milanese (Mm), Cap holding, A2a, Abbanoa, Acquedotto pugliese e Viacque, anche se a essere toccate dal provvedimento saranno tutte le 130 aziende nazionali a gestione industriale (su un totale di 2mila concessioni circa), secondo la stima di Utilitalia, che raccoglie le società del settore.

Più precisamente, Acea dovrebbe lasciare Borsa italiana nel settore idrico, ridurre i servizi e abbandonare gli altri territori fuori da Roma; stessa cosa per la genovese Iren e per la partecipata dell’Emilia Romagna Hera. Metropolitana milanese dovrebbe ridimensionare le proprie attività, mentre Cap holding dovrebbe lasciare le province di Monza, Pavia, Varese e Como e rimanere soltanto nel milanese. A2a dovrebbe affrontare anch’essa l’abbandono del mercato nel segmento dell’acqua. La sarda Abbanoa, l’Acquedotto pugliese e la vicentina Viacque, che sono riuscite recentemente a superare il localismo raggiungendo dimensioni regionali o sovracomunali, dovrebbero “rimpicciolirsi” di nuovo. Il costo di tutte queste operazioni sarebbe di 15 miliardi una tantum.

Stop agli investimenti e ai bond

Per queste società si torna indietro: dopo anni passati a espandersi e a rafforzarsi patrimonialmente, adesso si prepara l’inversione di rotta. Occhi puntati al 25 marzo, giorno in cui dovrebbe approdare alla Camera dei deputati la proposta di legge firmata dalla grillina Federica Daga, entrata in commissione Ambiente come provvedimento urgente. La legge prevede, se verrà approvata così come è stata pensata in origine, di far tornare i comuni al comando.

Pertanto, le aziende del settore dovranno stare alle dipendenze della Pubblica amministrazione locale ed essere sostanzialmente una sua diramazione, anche in termini finanziari e decisionali. I progetti dovranno essere approvati in consiglio comunale come qualsiasi altro provvedimento, gli investimenti devono avere l’ok di giunta e consiglieri e le dimensioni delle aziende speciali non possono superare quelle provinciali. Qualora ci siano più comuni coinvolti, tutti i consigli dovrebbero votare a turno.

Le nuove società non solo non potranno uscire dai confini provinciali, ma addirittura i comuni sotto i 5mila abitanti possono sfilarsi dall’azienda speciale e farne una loro autonoma.

Di conseguenza anche le banche, nel concedere i propri prestiti, terranno conto del rating della «Pa» e non della società stessa, come avviene oggi. E, tanto per iniziare, le società che hanno emesso bond per finanziarsi (per esempio Cap holding e Mm), dovrebbero restituire subito il debito e rinunciare a questo strumento. Infine, nessun privato potrà avere accesso alla gestione del settore, quindi le società quotate dovranno uscire dalla Borsa. Questo il quadro di ciò che è alle porte.

Niente dividendi ai comuni

Paradossalmente, le società idriche trasformate in aziende speciali non verseranno più dividendi agli stessi comuni proprietari. Fatto, questo, non indolore: basti pensare che per il Comune di Roma Acea versa ogni anno decine di milioni.

Secondo le stime di Utilitalia il fatturato realistico complessivo è di 6 miliardi all’anno, con 700 milioni di utili. Di questi, circa un terzo diventa un dividendo per gli azionisti pubblici, soltanto il 10% va ai privati. «Questo dato - spiega il direttore generale di Utilitalia Giordano Colarullo - è la conseguenza del fatto che in Italia la presenza del privato è molto limitata nel settore idrico, e anche dove è presente si trova in minoranza. I primi a rimetterci, con questa legge, sarebbero proprio i comuni, gli stessi che si vorrebbe tutelare. È una proposta che ci riporta indietro nel campo degli investimenti e rende più difficile la ricerca di leve finanziarie».

A tenere testa a questo provvedimento firmato M5s, dietro le quinte, c’è la Lega, l’alleato di Governo che nel settore infrastrutturale crea di fatto un’opposizione. Gli emendamenti proposti alleggerirebbero molto l’impatto della misura: dovrebbe essere preservata l’esistenza di società in house (cioè affidatarie dirette dei comuni ma indipendenti nella struttura); le concessioni dovrebbero almeno arrivare a scadenza; l’autorità Arera dovrebbe mantenere la sua indipendenza e non dovrebbe essere chiusa (e sarebbe lei a continuare a verificare la congruità delle tariffe); la dimensione del servizio può essere come minimo provinciale, ma anche superiore.

QUASI LA METÀ DEGLI AFFIDAMENTI È IN HOUSE
(Fonte: Istituto Bruno Leoni)

Quest’ultimo aspetto, la dimensione territoriale, è tra le più impattanti. È proprio la dimensione più ampia che ha consentito economie di scala e maggiori investimenti (era già nello spirito della legge Galli degli anni Novanta, che prevedeva una sola azienda per provincia). Cap Holding per esempio gestisce la provincia di Milano ma è anche approdata a Monza, Pavia, Varese e Como, per un totale di 65 comuni, riuscendo così a investire 50 euro per abitante, sopra la media delle realtà del Nord Italia, grazie a una maggiore solidità patrimoniale. Altro esempio di crescita dimensionale: Acea, controllata dal Comune di Roma (dove eroga il servizio), è anche azionista di Publiacqua, che tramite Acque Blu Fiorentine eroga il servizio a Firenze.

Ovviamente le aziende più a rischio sperano che gli emendamenti della Lega possano essere approvati. Ma non è scontato. Intanto guardano alle conseguenze immediate con preoccupazione.

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