«In Italia c’è un grosso tema di qualità della finanza pubblica e all’interno di esso c’è un problema di qualità degli investimenti. Serve un nuovo approccio al sistema di welfare, oggi troppo familistico, con pesanti ricadute di inefficienza e di iniquità. Purtroppo le riforme che si stanno attuando in Italia non vanno in questa direzione da noi auspicata». Non ha usato giri di parole Marco Buti, direttore generale della Dg Affari economici (EcFin) della Commissione UE che ieri a Roma, insieme ai colleghi Manuela Geleng e Marc Lemaitre (nella foto), direttori delle Dg Occupazione (Empl) e Politiche regionali (Regio), ha illustrato il country report 2019 sull’Italia, approvato nelle scorse settimane, e con esso l’allegato D, con le priorità d’investimento e gli indirizzi «non esaustivi» su come dovrebbero essere spese le risorse Ue del periodo 2021-2027: 38 miliardi a prezzi costanti per l’Italia tra Fesr e Fse.
«Duecento euro l’anno procapite per le regioni meno sviluppate e 37 euro per quelle più sviluppate», ha ricordato Lemaitre alle autorità di gestione dei programmi convocate nella sede della rappresentanza Ue a Roma.
Con l’evento di ieri, in cui è intervenuto anche Andrea Montanino, capo ufficio studi di Confindustria, è partito il confronto con la Commissione, che porterà, dopo l’approvazione dei regolamenti da parte del nuovo Parlamento e del Consiglio, all’accordo di partenariato Italia-Ue e - entro fine 2020 - all’adozione dei programmi operativi.
Il dibattito interno era già stato avviato nei giorni scorsi in conferenza Stato-regioni, dove però è emerso qualche malumore da parte degli enti locali per la decisione del governo di porre – nel confronto – sullo stesso piano i soggetti del partenariato e le Regioni sui cui poi graverà la responsabilità di gestire i programmi e la spesa. Viene considerato «un segnale politico importante», per nulla apprezzato dalla regioni.
Siamo solo all’inizio, ma questo potrebbe rivelarsi un nodo difficile da sciogliere. A questo primo confronto per il governo ha preso parte il capo di gabinetto del ministero per il Sud, Valeria Capone, che ha ribadito i dubbi italiani, tra cui quelli sulla macrocondizionalità (peraltro già cancellata dall’Europarlamento) e sulla revisione di mediotermine perché rischia di ridurre le risorse per i territori.
In vista dei programmi, Valeria Capone ha indicato «quattro temi unificanti» che il governo intende «intersecare con i cinque obiettivi tematici proposti dalla Commissione: 1) lavoro di qualità per giovani e donne; 2) protezione del territorio e risorse naturali; 3) omogeneità e qualità dei servizi per i cittadini; 4) cultura come veicolo e spazio di coesione.
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