Quella contro la plastica per qualcuno è una «guerra» ma pare invece una guerricciola; anzi meno, una scaramuccia; meglio
ancora, una rissa. Finiscono sotto tiro solamente alcune plastiche, e nemmeno le più pervasive.
Un esempio? La direttiva antiplastica appena approvata dall’Unione europea metterà presto al bando pochi prodotti usa-e-getta: saranno messi al bando i piatti di plastica ma, stravaganza, rimarranno permessi i bicchieri di plastica.
L’Italia è il maggior produttore europeo di stoviglie, piatti, bicchieri, posate di plastica, con 1 miliardo di fatturato
per circa 30 aziende e 3mila addetti diretti.
Le plastiche vietate
La direttiva europea (mirata a difendere gli oceani dall’enorme quantità di plastiche che vi viene rovesciata dai 10 grandi
fiumi dell’Asia, dell’Africa e del Sud America) metterà al bando in Europa dal 2021:
●posate e piatti di plastica,
●cannucce,
●bastoncini per palloncini gonfiabili,
● bastoncini cotonati,
● palette per miscelare i cocktail,
● sacchetti di plastica osso-degradabile,
● contenitori di polistirolo espanso per alimenti.
Ne sono esentati i prodotti biodegradabili, come i piatti di cartone o di plastica compostabile oppure come i bastoncini cotonati realizzati interamente di cellulosa come i Cotton Fioc, marchio della Sc Johnson, ma anche moltissimi altri prodotti usa-e-getta.
Tra i bicchieri, la direttiva mette al bando solamente i contenitori per liquidi realizzati con polistirolo espanso, cioè quelli di schiuma espansa usati soprattutto in Inghilterra e negli Stati Uniti per bere senza scottarsi le dita il tè oppure il caffè lungo e bollente. Rimarranno consentiti tutti gli altri bicchieri di plastica, come quelli bianchi di polistirolo sottile, quelli che scrocchiano e si fessurano fra le dita, oppure quelli trasparenti di polipropilene, dalla consistenza più morbida e tenace.
Le plastiche permesse
Ma quali altre plastiche usa-e-getta non sono vietate?
Sono del tutto permessi:
● i flaconi di ammorbidente
● le bottiglie d’acqua minerale
● i tubetti del dentifricio
● le bottiglie di bevande dolci
● le spugne di microfibra per cucina
● i flaconi di detersivo
● i cerotti
● le cialde del caffè espresso
● le buste delle patatine, delle barrette alimentari e di altri cibi
● le bottiglie di prodotti chimici per la casa (candeggina, ammoniaca)
● i vasetti dello iogurt
● i flaconi di shampo e di sapone liquido
● i blister delle pastiglie
● i sacchi per l’immondizia
● le bottigliette di salsa, ketchup, maionese
e infiniti altri prodotti.
I problemi delle ordinanze
Molti Comuni e molte istituzioni vogliono fregiarsi della medaglia di “plastic free” e cominciano a comparire ordinanze che
vietano la vendita di prodotti di plastica consentiti da tutte le leggi del mondo.
Perfino la Sicilia, una delle regioni più disgraziate e arretrate sul fronte dei rifiuti, sta studiando una normativa per potersi definire Prima Regione Plastic Free, peccando probabilmente di un eccesso di presunzione.
Con ogni probabilità molte di queste ordinanze fuori standard impatteranno su ricorsi al Tar e su richieste di risarcimento, per
esempio nel caso dei negozianti o dei dispositivi di distribuzione automatica di bevande.
Che cosa inquina il mare
Certifica l’analisi condotta dall’Hochschule Weihenstephan-Triesdorf e Helmholtz Zentrum di Monaco il 90% della plastica negli oceani arriva dai fiumi Yangze, Indo, Fiume Giallo, Hai, Nilo, Brahmaputra Gange, Fiume delle Perle, Amur, Niger e Mekong.
Il motivo è semplice. Miliardi di persone che fino a pochi anni fa vivevano nella miseria più atroce, nella sporcizia, bevendo
acqua fangosa e mangiando cibi deperiti, finalmente possono indossare vestiti di poliestere e calzare scarpe di poliuretano,
possono lavarsi con detergenti, pulire la casa e la biancheria, cibarsi con alimenti sani e ben conservati, bere bevande sterili
e godere di uno stile di vita sicuro e durevole simile al nostro. Però al tempo stesso in questa parte di mondo emersa dalla
povertà non esistono ancora i sistemi di raccolta e gestione dei rifiuti.
Che cosa si trova nei mari europei
I ricercatori belgi di Arcadis hanno condotto uno studio per conto della Commissione Ue («Marine Litter study to support the establishment of an initial quantitative headline reduction target») e hanno scoperto diverse cose sul Mediterraneo:
● il nostro mare, sebbene sporco, ha la fortuna di essere pochissimo popolato su una sponda e di avere Paesi fortissimi riciclatori
sull’altra;
● che gran parte dei rifiuti sulle spiagge non arrivano da lontano ma sono prodotti direttamente sull’arenile dai turisti.
● Il peggior insozzatore del Mediterraneo pare la Turchia: popolatissimo come quelli dell’Europa (molto) ma riciclatore come
quelli dell’Asia (poco).
Secondo lo studio dell’Arcadis per la Commissione di Bruxelles, nel Mediterraneo (701 rifiuti ogni 100 metri di spiaggia) si trovano soprattutto
●vaschette per alimenti e stoviglie di plastica (17%),
●filtri di sigaretta (14%)
● alla pari di tappi (14%).
● Il 5% sono i sacchetti della spesa,
● il 5% i bastoncini per le orecchie,
● il 4% frammenti minuscoli di plastica.
Diversa la sporcizia negli altri mari: nel Baltico sono in testa i pezzi di plastica generica (24%) e filtri di sigaretta, nel Mar Nero spiccano i filtri di sigaretta (36%) e le confezioni di patatine o dolciumi alla pari con le bottiglie di bevande, nel Mare del Nord il 32% è formato da pezzi indistinti di plastica e polistirolo.
Che cosa sporca il Mediterraneo
L’analisi di Arcadis sulle spiagge del Mediterraneo dice che la plastica è la spazzatura dominante (63%) perché galleggia e non sparisce dalla
vista, seguita da carta e cartone comprese le cicche di sigaretta (22%), rifiuti sanitari (7%) e vetro (4%).
Il 67% sono imballaggi.
Ma solamente il 13% della spazzatura nella sabbia viene da lontano:
● la prima causa di lordura è data da bagnanti e turisti (52%),
● e il 53% dei rifiuti è generato direttamente sulla spiaggia.
Cordami, reti, cassette di polistirolo per pesce e galleggianti lasciati dai pescherecci e dalle altre attività del mare sono il 14% dei rifiuti.
I rifiuti domestici sono l’11%, gli scarti di gabinetto (come i bastoncini nettaorecchie) il 6%, le discariche il 4%.
Quasi tutti i rifiuti trovati in spiaggia (il 70%) sono generati dalla fase di consumo dei prodotti, e il 91% da singole persone (il 3% dalle attività economiche).
Il disegno di legge Salvamareper i rifiuti dei pescatori
È stato approvato giovedì 4 aprile dal Consiglio dei ministri un disegno di legge da sottoporre al Parlamento denominato,
forse con eccessivo entusiasmo, legge Salvamare. Proprio così, Salvamare.
Questo disegno di legge non prevede ancora interventi contro i depuratori rotti del Mezzogiorno che vomitano nei nostri bei
mari tonnellate di liquami delle fogne, né per il momento sono previste misure per ridurre il fenomeno della pesca intensiva
che sta trasformando in deserti senza vita i mari.
La norma invece dice che i pescatori finalmente non dovranno attenersi più alle convenzioni internazionali dei mari, le quali impongono di rigettare in acqua i rifiuti raccolti dalle reti insieme ai pesci.
Difatti quando portano a terra i rifiuti raccolti in acqua i pescatori vengono inquisiti per trasporto illecito di rifiuti,
oppure come produttori di rifiuti devono pagare lo smaltimento.
Con questa nuova norma, i pescatori potranno finalmente portare a terra la plastica accidentalmente finita nelle reti.
La possibilità di portare a terra i rifiuti pescati al largo è definita da due politici del Movimento Cinquestelle Vilma Moronese e Patty L’Abbate «una norma epocale in materia di inquinamento. Non erano mai state messe in campo misure di questo genere».
Che cosa dice il ministro Costa
All’indomani dell’approvazione del disegno di legge Salvamare, il ministro dell’Ambiente Sergio Costa a «Si può fare» su Radio24, in un’intervista che andrà in onda domenica alle 9,15, torna sul tema della plastica.
A proposito della bando della plastica monouso, agli intervistatori Alessio Maurizi e Carlo Gabardini, il ministro Costa conferma che l’Italia sarà in prima linea: «Noi abbiamo voluto la direttiva europea di contrasto alla
plastica usa e getta e quindi vogliamo essere i primi a poterla applicare. La direttiva dovrebbe andare in Gazzetta Europea
a maggio. Noi a giugno saremo pronti per approvarla con una ulteriore norma che recepisce la direttiva che noi abbiamo voluto.
Su questo vogliamo rimanere leader, perché già lo siamo, dal punto di vista della tutela ambientale».
© Riproduzione riservata