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Fondo coesione, spesa sotto il 2%. Riassetto di mille accordi…

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Servizio |Decreto crescita

Fondo coesione, spesa sotto il 2%. Riassetto di mille accordi sul Sud

Entra in extremis nel decreto crescita la riorganizzazione del Fondo sviluppo e coesione, il grande contenitore da oltre 60 miliardi per gli investimenti pubblici e il riequilibrio territoriale. Il ministero del Sud e l’Agenzia per la coesione territoriale cercano in questo modo almeno un parziale rimedio a una situazione ormai cronica: come documentato dal Sole 24 Ore del 13 marzo il Fondo ha percentuali di spesa che per il periodo 2014-2020 sono pari ad appena l’1,5% delle risorse programmate (492 milioni su 32,1 miliardi). Ci si ferma a poco meno del 2% per la sottosezione rappresentata dai Patti per lo Sviluppo (276,6 milioni su 14,3 miliardi programmati). Con i Patti per il Sud, in particolare, in netto ritardo.

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L’Fsc, se si considerano anche i due rifinanziamenti dell’ultima legge di bilancio e le risorse non ancora programmate, sfiora i 64 miliardi. E costituisce, insieme a quello dei fondi europei, l’altro grande polmone delle politiche di coesione. La norma di riordino,che dovrebbe entrare nel Dl la cui pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale è attesa in questi giorni, punta a sottoporre all’approvazione del Cipe entro quattro mesi un unico Piano operativo denominato “Piano sviluppo e coesione” con modalità unitarie di gestione e monitoraggio per oltre 1.000 strumenti. Tanti sono quelli censiti nella relazione illustrativa del decreto, che cita 785 accordi di programma (Apq) relativi alla programmazione 2000-2006, 188 Apq rafforzati (2007-2013), 30 programmi del Pac (Piano azione coesione) 2007-2013, 11 Programmi operativi nazionali 2014-2020, 23 patti per lo sviluppo (11 Regioni, 12 patti delle Città metropolitane), 20 Poc (Programmi operativi complementari) 2014-2020. Una polverizzazione e un disordine che secondo il ministero del Sud hanno pesantemente compromesso le performance di spesa.

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Le funzioni di governance verranno trasferite a dei Comitati di sorveglianza, chiamati ad approvare i criteri di selezione delle operazioni lasciando una certa libertà alle Regioni sui singoli interventi e sulla loro riprogrammazione. Il Cipe inoltre dovrà stabilire le misure per accelerare la spesa, che vedranno coinvolta anche la nuova Centrale progettazione di Palazzo Chigi insieme al Dipartimento politiche di coesione e all’Agenzia per la coesione territoriale.

Il Piano, in sede di prima approvazione, conterrà gli interventi in fase più avanzata mentre le risorse che resteranno fuori verranno riprogrammate con una delibera del Cipe ed andranno in particolare al finanziamento di piccole opere e manutenzioni straordinarie per strade, ferrovie, aeroporti, reti idriche, edilizia scolastica e sanitaria, contrasto al dissesto idrogeologico. Ed in parte potranno essere utilizzate per la progettazione degli interventi, in questo caso anche in deroga alla norma in base alla quale il Fondo sviluppo e coesione deve andare per almeno l’80% alle regioni del Mezzogiorno.

Un discorso a sé va fatto per le nuove risorse del Fondo, quelle stanziate dall’ultima legge di bilancio per 4 miliardi fino al 2023 (800 milioni l’anno). In questo caso tutte le proposte di assegnazione di fondi da sottoporre al Cipe devono avere un vaglio preventivo del Dipartimento politiche di coesione e, se entro tre anni non si dà luogo a «obbligazioni giuridicamente vincolanti», le risorse decadono e non possono essere riassegnate alla stessa amministrazione.

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