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Ex Alcoa, il nodo energia blocca oltre 100 assunzioni. Operai in…

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vertice senza esito

Ex Alcoa, il nodo energia blocca oltre 100 assunzioni. Operai in presidio davanti al Mise

Si resta a Roma. Per far partire la fabbrica di alluminio primario di Portovesme ex Alcoa ora in mano alla svizzera Sider Alloys. Perché l’incontro al Mise, cui hanno partecipato i vertici della nuova azienda e le organizzazioni sindacali, non è stato decisivo come si sperava per una vertenza che va avanti da quasi sette anni. Da quando la multinazionale americana ha spento le celle elettrolitiche nello smelter di Portovesme ed è iniziata la lunga trattativa sfociata poi con la cessione degli impianti al gruppo svizzero. L’incontro è stato aggiornata tra un mese e una rappresentanza di lavoratori ha deciso di rimanere con un presidio davanti al ministero dello Sviluppo Economico.

Nella mattinata di giovedì, davanti alla sede del ministero, erano presenti oltre 100 lavoratori metalmeccanici partiti dalla Sardegna. Sono i tecnici e gli operai fuoriusciti dal circuito produttivo dell’Alcoa ma non ancora assunti dalla Sider Alloys. Chiedono certezze per il futuro. Perché, nonostante gli investimenti, 135 milioni di euro (dei quali 8 milioni a fondo perduto, 84 finanziati con tasso agevolato, 20 stanziati dall’Alcoa e il resto messo a disposizione dal nuovo proprietario) e le prime 70 assunzioni (il progetto definitivo prevede l’inserimento di 370 dipendenti diretti e circa 70 a contratto, con la variabile di altri 50 nel caso venisse riavviata la fabbrica degli anodi) deve essere superato un ultimo ostacolo: la sottoscrizione dell’accordo bilaterale per la fornitura dell’energia. «Per la prima volta abbiamo un imprenditore che investe e vuole produrre - dice Renato Tocco della Uilm - è necessario però che il Governo faccia la sua parte».

GUARDA IL VIDEO / Alcoa, dalla protesta del 2009 all'acquisizione di Sider Alloys

Proprio l’approvvigionamento energetico a prezzi competitivi è al centro delle istanze che i rappresentanti del gruppo svizzero presenteranno al Mise. «Senza l’accordo con il fornitore di energia non possiamo andare avanti – dice Gaetano Libia, manager di Sider Alloys –. Le interlocuzioni con i rappresentanti del Governo, sino a oggi sono state positive, attendiamo però il passo in più. Ossia quell’atto che spiana la strada al progetto». La condizione essenziale per rimettere in marcia lo stabilimento che sino alla fermata produceva 155mila tonnellate di alluminio primario per pani e billette e aveva un fatturato di circa 580 milioni di euro l’anno assicurando occupazione a 450 dipendenti diretti e altrettanti negli appalti e indotto.

Tra le richieste presentate al ministero c’è quella degli ammortizzatori sociali. I sussidi che operai e tecnici giunti alla terza deroga devono percepire. «Non riceviamo un centesimo da dicembre - dice Bruno Usai della Camera del Lavoro - è necessario che si liberino le risorse per il pagamento degli ammortizzatori sociali, ma soprattutto che il Governo faccia la sua parte per rimettere in marcia la fabbrica». E attuare il progetto che ha come obiettivo una produzione annua pari a 145mila tonnellate di alluminio primario.

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