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Fca e Renault studiano una fusione alla pari: verso gruppo da 33 miliardi

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Fca e Renault studiano una fusione alla pari: verso gruppo da 33 miliardi

Fca e Renault stanno valutando una fusione fra pari nell'ambito delle trattative per un'ampia alleanza. La casa automobilistica francese ha già presentato il piano al governo francese, primo azionista di Renault con una quota del 15,01 per cento. Lo riporta il Wall Street Journal citando alcune fonti, secondo le quali il presidente di Renault Jean-Dominique Sanard ha presentato il piano di fusione al ministro delle finanze Bruno le Maire. Un'altra opzione è uno scambio di azioni che spiani la strada a una successiva fusione.

I consigli d’amministrazione di Fca e di Renault si riuniranno lunedì per discutere la loro aggregazione, cui seguiranno gli annunci ufficiali da parte delle due società. Fonti parigine rilanciate nella mattina di domenica dai media e dalle agenzie di stampa Bloomberg e Reuters, confermano i rumors registrati dal Financial Times, riguardo un avvicinamento tra i vertici delle due case automobilistiche, allo scopo di dar vita a un player internazionale, capace di competere contro gli altri big dell’auto. Il board di Renault, a quanto si è appreso, è stato convocato domattina alle 8.

VIDEO / «Fca in trattative avanzate per ampia alleanza con Renault»

Fiat Chrysler Automobiles si appresta ad entrare a far parte dell’alleanza Renault-Nissan Motor Co. A quanto si è appreso l’accordo potrebbe includere uno scambio di capitale, ma sono ancora molti i dettagli da definire e chiarire. «La situazione pare ancora fluida» ha riferito a Reuters una persona vicina al dossier. Secondo alcune fonti, i contatti per l’operazione sono in uno stato avanzato ma il deal potrebbe tuttavia non arrivare in porto, soprattutto a causa delle tensioni tra i partner dell’alleanza Renault Nissan, alcuni dei quali non sarebbero troppo convinti dell’operazione. A dimostrazione della delicatezza dell’operazione e delle difficoltà che le case automobilistiche devono affrontare per unire sforzi e investimenti.

Un accordo tra Fca e Renault darebbe vita ad un gruppo da 33 miliardi di euro di capitalizzazione e sarebbe l’esito di un processo di consolidamento tra costruttori di automobili, invocato da più parti in un momento delicato per l’industria che procede verso l’elettrificazione dei propulsori, stringenti controlli per quanto riguarda le emissioni e forti investimenti in tecnologia per la produzione di veicoli connessi e autonomi.

Secondo il New York Times, Fca e Renault potrebbero potenzialmente unire le proprie forze soprattutto in Europa, dove le due società competono direttamente nel segmento delle auto di piccole e medie dimensioni, secondo il New York Times. Una delle opzione allo studio, potrebbe essere la progettazione congiunta delle auto e la produzione di veicoli nei rispettivi impianti, il che consentirebbe ampi margini di risparmio per entrambe le compagnie. Secondo Automotive news, eventuali ostacoli all’operazione potrebbero giungere in Italia dal punto di vista politico: la maggior parte degli impianti europei di Fca funziona al di sotto del 50% della capacità, il che potrebbe mettere a rischio la forza lavoro operativa sul territorio italiano.

«Questa non è solo un'altra partnership - è più di questo», ha detto una fonte. Negli ultimi mesi un’aggregazione di Fca era data per certa: le ipotesi portavano sulle tracce della coreana Hyundai, soprattutto per la compatibilità dei modelli sul mercato, e con Psa Group (Citroen e Peugeot), con cui si sono tenuti colloqui per una cooperazione tra i due gruppi. Ma, secondo il Financial Times, i colloqui con la Renault sono andati oltre la condivisione della tecnologia e sono avanzati più velocemente di quelli con Psa. Nell’ultimo anno sono stati numerosi i viaggi a Parigi del presidente della Fca John Elkann e dell’amministratore delegato Mike Manley, per incontri di lavoro e contatti con le controparti secondo quanto ricostruito da Bloomberg.

Il calo delle vendite in Cina, Stati Uniti ed Europa hanno reso urgente il consolidamento nel settore automobilistico, sostenuta per anni dal defunto ex numero uno di Fca, Sergio Marchionne: «I produttori automobilistici sprecano 2 miliardi di euro a settimana duplicando gli investimenti che potrebbero condividere», sosteneva Marchionne. È appena il caso di sottolineare che il 15% dell’azionariato di Renault è nelle nani dello Stato francese. Nel 2013, il presidente francese Emmanuel Macron, quand’era principale consigliere del suo predecessore Francois Hollande, aveva partecipato ai colloqui tra Fiat e Psa per l’ipotizzata aggregazione tra i due marchi.

I sindacati: «Dall’alleanza anche rischi»
“La potenziale alleanza fra Fca e Renault sarebbe foriera di rilevantissimi effetti per l'industria italiana dell'auto. Potrebbe generare opportunità, se rivolta in modo prioritario allo sviluppo, poiché le profonde trasformazioni incipienti nel settore automotive richiedono investimenti ingenti e strategie di lungo respiro; ma potrebbe nascondere dei grandi rischi se l'attenzione si concentrasse soprattutto sulla riduzione della capacità installata e quindi dell'occupazione in Europa”. Lo afferma Gianluca Ficco, responsabile del settore Auto della Uilm. “Chiederemo un tempestivo incontro ai vertici di Fca, per comprendere in che modo ciò potrebbe impattare sul piano industriale previsto per l'Italia”, aggiunge.

“È giunto il momento che i sindacati si assumano la responsabilità di superare le divisioni, pur nelle differenze, e pretendano la convocazione da parte del governo di un tavolo sull'automotive, come abbiamo chiesto invano da mesi, che coinvolga sindacati e imprese, a partire da Fca”. Lo affermano, in una nota, Francesca Re David, segretaria generale Fiom-Cgil e Michele De Palma, segretario nazionale Fiom-Cgil e responsabile automotive. “Sembra ormai imminente - affermano - l'annuncio di Fca di un'alleanza con Renault. Sono ancora troppe, tuttavia, le incognite che riguardano questa operazione che avrà ricadute importanti sul futuro dell'auto e della componentistica, della ricerca sulla mobilità ecosostenibile e sull'occupazione. Non è pensabile che un grande gruppo multinazionale decida da solo, senza alcuna interlocuzione, su un settore così fondamentale per il sistema industriale del Paese”

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