C’è la fetta più avanzata di manifattura e servizi tipici del «Made in Italy» che spinge export e Pil; ma che, a breve, per via delle difficoltà a reperire personale adeguato rischia di subire una frenata, a danno di tutto il Paese. Da qui al 2023 infatti in cinque settori “core” dell’eccellenza italiana, vale a dire automotive, alimentare, moda, ospitalità, design, serviranno oltre 236mila “talenti”, il 70% dei quali sono figure con competenze tecnico-professionali.
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Ma le selezioni, già si sa, si annunciano in salita, visti gli attuali numeri dell’offerta scolastica, secondaria e terziaria professionalizzante: i ragazzi, in uscita dalle medie, che scelgono gli istituti tecnici sono appena il 30,7%; ai professionali si scende, addirittura, al 15%, e agli Its, a oggi l’unico canale formativo post diploma alternativo all’università, gli iscritti sono circa 13mila (una cifra davvero esigua se paragonata agli 880mila allievi delle Fachhochschule tedesche e ai 240mila studenti delle analoghe scuole tecniche francesi).
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A ciò si aggiunga, che nei prossimi cinque anni, in tutto il mercato del lavoro entreranno solamente 665mila laureati, mentre ne servirebbero tra gli 800 e i 900mila, specie nelle materie “Stem” (cioè scientifiche, tecnologiche, ingegneristiche e matematiche, oggi sempre più centrali nell’era del 4.0).
I numeri che Altagamma, la fondazione cui fanno capo le migliori imprese dell’alta industria culturale e creativa, ha reso noti ieri, a Montecitorio, presentando il libro «I talenti del fare», coordinato dai professori Stefano Micelli e Arduino Salatin, mostrano, con chiarezza, la delicatezza del tema.
Nell’automotive, rientrano in questo ambito le aziende che fabbricano macchinari, attrezzature e mezzi di trasporto, per esempio, si stima che serviranno, nei prossimi cinque anni, 89.400 professionisti (ci sarà spazio per progettisti di prodotti e materiali, meccatronici, montatori e manutentori). Nell’alimentare, il fabbisogno sarà di 49mila risorse: qui si andrà a caccia di tecnici della vinificazione, di comunicatori ed esperti di marketing, di addetti all’accoglienza, di guide eno-turistiche. E ancora: nella moda, ci sarà necessità di 46.600 profili, in particolare specialisti in calzature, pelletteria, sartoria, tessuto, maglieria, oltre ai prototipisti. Nell’ospitalità i posti da offrire, sempre da qui al 2023, saranno 33.200 (si spazia dagli addetti alla reception agli esperti di food e ristorazione), nel design le selezioni saranno per 18.300 (soprattutto, artigiani specializzati).
«C’è bisogno di ripensare, e in fretta, l’offerta di istruzione - ha sottolineato il presidente di Altagamma, Andrea Illy -. Serve maggior orientamento presso ragazzi e famiglie e spingere la ricerca tecnico-scientifica. Dobbiamo, poi, riscoprire la cultura del lavoro di squadra, rafforzando l’asse pubblico-privato».
A pesare, come un macigno, è l’elevato mismatch tra domanda e offerta di lavoro: a livello nazionale si calcola che circa il 30% dei candidati è introvabile. Tra i settori, più di un terzo delle entrate nella moda e nel legno sono considerate “difficili”, il 41,3% nella meccanica, il 26% nei beni per la casa e il tempo libero, il 18,4% nell’alimentare (oltre alle competenze tecniche specifiche, mancano le soft skills).
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Un paradosso, nel paradosso, considerato che, da noi, il tasso di disoccupazione giovanile veleggia intorno al 30% (ossia ben sette punti in più rispetto alla media dell’Unione europea, 23%); e abbiamo, pure, la percentuale più elevata di giovani scoraggiati a ricercare un lavoro, ben il 13 per cento. Senza contare, poi, l’impatto della digital trasformation e dell’ecosostenibilità sul mondo dell’occupazione: da qui al 2023 verrà interessato da queste novità quasi il 30% dei lavoratori, e si stima che aziende e pubblica amministrazione ricercheranno circa 270-300mila addetti con specifiche competenze matematiche e informatiche, digitali o, comunque, connesse a Industria 4.0.
Di qui, pertanto, la scelta di diversi imprenditori di giocare d’anticipo: sta diventando sempre più frequente la costituzione di Academy aziendali (nelle imprese Altagamma se ne contano una trentina) e si intrecciano, anche, collaborazioni virtuose con le scuole: sono 77 gli istituti tecnici e professionali con cui i soci della fondazione si interfacciano ogni giorno per co-progettare percorsi didattici in linea con le nuove richieste del settore produttivo. In autunno partirà pure la campagna «MANIfesto», uno spot di 30 secondi realizzato assieme a Discovery Italia, per sensibilizzare famiglie e studenti proprio a riscoprire «l’intelligenza del fare».
«È necessario far riscoprire l’importanza del lavoro nella manifattura», ha aggiunto Andrea Illy. Un messaggio condiviso dal ministro per i Beni e le Attività culturali, Alberto Bonisoli, e dal collega di governo, vice ministro dello Sviluppo Economico, Dario Galli.
La sfida, quindi, è «coinvolgere, anche con più orientamento, famiglie e studenti», ha detto Serge Brunschwig, chairman and Ceo di Fendi.
«Noi abbiamo puntato molto sul senso di appartenenza, sull’emozionalità, sull’eccellenza e sul legame con il territorio - ha chiosato Stefano Dominicali, chairman and Ceo di Automobili Lamborghini -. Qualche anno fa abbiamo fatto partire un progetto di formazione duale per legare scuola e impresa. Formiamo i ragazzi e poi li inseriamo in azienda».
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