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L’irresistibile ascesa delle web tv: gli abbonati sono otto milioni

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L’irresistibile ascesa delle web tv: gli abbonati sono otto milioni

L’attrice Sophie Turner a Los Angeles alla presentazione di Chasing happiness (Afp)
L’attrice Sophie Turner a Los Angeles alla presentazione di Chasing happiness (Afp)

Il vero sconfitto della stagione tv 2018-2019 alla fine è proprio il televisore, emblema della tv tradizionale che fra un anno e l’altro, secondo i dati Auditel, ha perso un numero di spettatori non lontano dal milione. Per una tv tradizionale che piange (o sicuramente che non ride), c’è chi invece si gode il momento: quelle piattaforme di video on demand che stanno scavando in profondità, a dispetto delle frequenti polemiche sul ritardo della banda ultralarga che in Italia (l’ultima a puntare l’indice pochi giorni fa è stata la numero uno italiana di Dazn, Veronica Diquattro). Stando a uno studio EY qui gli abbonamenti sarebbero saliti a 8 milioni a gennaio, in crescita di 1,23 milioni rispetto a giugno. Superando la pay tv tradizionale.

L’affanno del piccolo schermo
Le elaborazioni Auditel fatte dallo Studio Frasi per Il Sole 24 Ore mostrano come la tv tradizionale stia perdendo seguito. Da un anno all’altro sul piccolo schermo sono andati persi 341mila spettatori nel “giorno medio” e ancora peggio è andata in prima serata: -832.804. Tutto questo nella stagione televisiva, vale a dire il periodo che convenzionalmente viene compreso fra metà-fine settembre e fine maggio (25 maggio in questo caso). Considerando il dato per editori, nel giorno medio la Rai ha tenuto con uno share del 36,75% (ma con 125mila spettatori in meno di media) frutto una perdita di 0,31 punti per le generaliste e un aumento dello stesso tenore per i canali digitali. Seguono Mediaset con il 31,5% di share (in calo di 0,72 punti) e 185mila spettatori di media in meno; Sky al 6,92% di share (+0,33 punti); Discovery al 6,70% (-0,03); Cairo al 4,21% (+0,31) e Viacom all’1,45% (+0,06). In prima serata Rai e Mediaset restano in testa, ma in calo: -383.752 spettatori di media la Rai (37,7% di share; -0,27 punti) e -562.518 Mediaset (31,67% di share; -1,18 punti). Quanto ai canali, nel giorno medio in testa per share c’è Rai 1 (16,97%; -0,22 punti), seguita da Canale 5 (16,25%; -0,30); Rai 3 (7,14%; +0,48); Rai 2 (5,89%; +0,05); Italia 1 (4,63%; -0,28); Rete 4 (3,84%; -0,02); La7 (3,71%; +0,29). In prima serata guida Rai 1 (19,46%; -0,48 punti), seguita da Canale 5 (15,58%; -1,06); Rai 2 (6,19%; +0,18); Rai 3 (5,92%; +0,24) Italia 1 (5,10%; -0,32); La7 (4,94%; +0,45); Rete 4 (4,26%; +0,46 punti). Insomma, le ammiraglie di Rai e Mediaset hanno risentito, e più Canale 5 di Rai 1 che ha trasmesso il programma piùvisto: “L’altro capo del filo” de Il Commissario Montalbano (44,88% di share). Riguardo a Mediaset, al di là degli inciampi (Adrian ad esempio), l’assenza della Champions in chiaro ha pesato. Il gruppo comunque si è più volte detto soddisfatto per i dati del target commerciale (15-64 anni). Dall’altra parte i vincitori: Rai 3 e soprattutto La7, ma anche Rete 4 in prime time, raccogliendo i frutti di un dibattito politico sostenuto in questi mesi. «Diminuiscono del 3% le persone che seguono la tv da un televisore, ma siamo ben lontani dal considerare finito un medium seguito da 24,6 milioni di persone per almeno metà della prima serata» spiega Francesco Siliato, Media data analyst presso lo Studio Frasi. È dall’altra parte importante, secondo Siliato, rilevare che «anche in questa stagione i due editori incumbent Rai e Mediaset producono il 68% dei pubblici televisivi nell’intera giornata e il 69% in prima serata».

La total audience Auditel
C’è comunque un caveat. E non è da poco. Auditel infatti al momento rileva solo gli ascolti da televisore. Entro giugno dovrebbero arrivare le prime rilevazioni su tutti i device. Lì si capirà quanta parte dell’ascolto tv è rimasto nell’ambito degli editori televisivi, spostandosi solo su altri schermi: smartphone, Pc, tablet. Il “risveglio” della tv tradizionale potrebbe dunque essere meno traumatico del previsto. Si vedrà. Intanto però alla modalità tradizionale che scende, sta facendo da contraltare l’altra modalità, la tv via web, quella dei colossi Netflix e Amazon Prime Video e delle altre piattaforme di videostreaming.

La crescita di Netflix e gli altri
A mettere in fila i numeri dell’avanzata anche in Italia del video on demand è EY con uno studio che ha come sponsor Sky, Discovery e Fastweb e lascia poco spazio a dubbi: gli abbonamenti in Italia alle piattaforme a pagamento – EY prende in considerazione le principali pèiattaforme: Netflix, Amazon Prime Video, Timvision, Now Tv (Sky), Infinity (Mediaset), Eurosport Player e Dazn – sono saliti (dato a gennaio) a 8 milioni: +1,23 milioni (+18%) in soli 6 mesi. Questo con 6 milioni di sottoscrittori unici e 11 milioni di utenti fra abbonati e familiari, in un computo che dalla scorsa estate comprende anche Dazn, con le sue 3 partite settimanali di Serie A in esclusiva via internet. Nessun numero sui singoli operatori, ma a giudicare dai rumors di mercato a farla da padrona è Netflix, seguita da Prime Video e Dazn. Questo per il pay, ma EY (che si sofferma sugli abbonamenti e non, ad esempio, sul “Tvod” di Chili) ha monitorato anche la parte free comprensiva di Youtube, Raiplay, Mediaset Play. E così, considerando chi «nell’ultima settimana ha guardato contenuti video attraverso Internet della durata di almeno 10 minuti», gli utenti free sono saliti a 22,6 milioni (erano 20,9 a giugno 2018). Il totale di free e pay di 25,8 milioni è pari al 71% degli utenti internet italiani. Numeri importanti e in crescita, per ciò che per la tv rappresenta non solo un pericolo, ma anche una sfida. «Il nuovo time to market tra produzione e contenuti fruibili – commenta Fabrizio Pascale, Telco, Media & Technology Med Leader di EY – ha notevolmente accresciuto la quota di mercato degli Ott. Queste piattaforme, infatti, stanno diventando una vetrina di format per tutti i media dell’arena competitiva, oltre a rappresentare l'ultimo miglio su cui indirizzare i servizi verso il cliente finale. Questo induce a riflettere su un futuro prossimo di grandi contaminazioni fra competitor e non».

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