Economia

Tra scuole e fondi Ue rapporti difficili. Molte rinunciano

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PROGRAMMA ISTRUZIONE 2014-2020

Tra scuole e fondi Ue rapporti difficili. Molte rinunciano

(Adobe Stock)
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Le risorse ci sono ma si fa enorme fatica ad utilizzarle. Anzi, spesso sono fonte di problemi. Tanto che c’è chi sconsiglia le scuole dal partecipare ai bandi e chi addirittura rinuncia in corsa quando si rende conto di non essere in grado di gestire i progetti. Parliamo del Programma operativo nazionale Istruzione 2014-2020, o Pon Scuola, che distribuisce 2,85 miliardi di euro, di cui quasi 1,6 miliardi dal Fondo di sviluppo regionale (Fesr) e dal Fondo sociale (Fse). Una montagna di euro destinata agli 8.730 istituti scolastici italiani di ogni ordine e grado, incluse scuole d’infanzia e Centri per l’istruzione degli adulti (in particolare delle regioni del Sud cui spetta la fetta più grossa da 2,12 mld), per sviluppare progetti per scuole inclusive e di qualità. Dall’orario lungo, con scuole “aperte” (tipo civic center) e l’incremento del tempo scuola per i piccoli, alla digitalizzazione, l’edilizia scolastica innovativa, e i percorsi ad hoc per studenti svantaggiati o con deficit cognitivi e contro l’abbandono scolastico. Obiettivi alti e nobili, che però si scontrano con la realtà quando si tratta di passare all’azione, spendere i soldi.

Personale amministrativo sotto stress
Il primo ostacolo è l’eccessivo carico di lavoro che si scarica sulle segreterie delle scuole quando si tratta di “gestire” i progetti, soprattutto nella fase di rendicontazione. Ciclicamente, l’autorità di gestione del Pon, che è un funzionario del ministero dell’Istruzione (Miur) deve fare pressioni sugli istituti affinché la documentazione delle spese, banalmente le fatture, sia caricata sulle piattaforme telematiche: non una sola, due che peraltro pare non dialoghino con facilità. Basta poco per mandare in confusione il personale delle segreterie delle scuole, già oberato dall’ordinaria amministrazione. Ad aprile una circolare per sollecitare una corposa infornata di atti sui laboratori didattici per la digitalizzazione scatenò dure proteste delle segreterie. Anquap, il sindacato dei direttori dei servizi generali e amministrativi(Dsga) parlò di «perdurante angheria burocratica». L’associazione dei presidi (Anp) denunciò la «vera e propria vessazione» in atto: nel mirino la burocrazia del Pon che «scoraggia l’adesione» e «rende impossibile l’utilizzo dei fondi».

Dirigenti scolastici sotto organico
Le proteste sono poi rientrate. Ma Alessandra Augusto, autorità di gestione del Pon, riconosce lo stato di «enorme sofferenza amministrativa» per l’eccesso di procedure che «collassa l’attività delle segreterie che hanno enormi buchi di organico». Alla carenza cronica di dirigenti scolastici (intorno al 30%) si sono aggiunti gli effetti pesanti dei prepensionamenti dovuti a “quota 100”. Augusto difende le procedure e le «complesse regole del gioco» dei cofinanziamenti «per una sana gestione finanziaria, dovute più alle norme italiane che a quelle Ue». «Ma - conclude - le segreterie hanno comunque una fragilità amministrativa che pesa».

GUARDA IL VIDEO: Scuola, amministrativi sul piede di guerra. Le ragioni di Anquap

L'invito alle scuole: «Misurate le forze»
Dunque, se questa è la situazione il problema è destinato a ripresentarsi. I momenti di picco legati ai progetti europei mandano in tilt le segreterie che già hanno organici risicati. Giorgio Germani, presidente Anquap, ricorda che il primo concorso per dirigenti amministrativi da vent’anni a questa parte, non sarà completato in tempo per il nuovo anno scolastico: «Significa che avremo 2.500 scuole senza direttore». Comprensibile, quindi, anche se paradossale, l’invito alle scuole a «misurare le forze» e a non sottovalutare i rischi di una «overdose» di interventi, perché «poi gestirli non è semplice». I progetti autorizzati sono tanti, tantissimi: ben 47.099 (dato Miur), in media più di cinque per scuola in sette anni di progammazione. E sono destinati ad aumentare ancora prima della fine del 2020. Con questi numeri, non stupisce più di tanto che siano in tante le scuole a fare un passo indietro, rinunciando al finanziamento. Rinunce e revoche arrivano in media quasi al 4%, con picchi di circa il 10% in Veneto e Piemonte e sono ben sopra la media anche in Sardegna (6,48%)e Umbria (8,73%). «Il limite - spiega un dirigente regionale - è nelle scarse capacità di valutare sin dall’inizio la fattibilità e la sostenibilità dei progetti».

Il nodo delle competenze
Antonello Giannelli, presidente Anp, evidenzia anche il nodo delle competenze: «In attesa dei concorsi, si prendono a lavorare nelle segreterie bidelli con il titolo di studio per fare gli assistenti ma senza esperienza. Ma la rendicontazione Pon non è uno scherzo, bisogna saperla fare». E sottolinea il gap temporale tra avvio dei progetti e arrivo dei finanziamenti: «Un altro problema che costringe le scuole a restituire i fondi». «Ferme restando le condivisibili esigenze di controllo - conclude - gli oneri burocratici sono da sfrondare, per agevolare l’utilizzo dei fondi».

Italia beneficiaria al top ma pessima utilizzatrice di fondi
Emerge uno dei tanti paradossi in cui ci si imbatte quando si guarda da vicino come nei diversi settori vengono utilizzate le risorse pubbliche, nazionali o comunitarie. E i fondi europei, per la governance che li accompagna e per la possibilità di confronto più o meno omogeneo con altre realtà dell’Unione, sono una preziosa cartina di tornasole che mette a nudo il sistema-Italia, con limiti e debolezze che fanno del secondo beneficiario dei fondi Ue uno dei peggiori utilizzatori in termini di quantità e qualità della spesa. È bene ricordare che i programmi italiani non hanno mai subito perdite significative di risorse comunitarie. Il Pon Scuola ha speso il 18% delle risorse a fine 2018 contro una media del 23% ma fa meglio di altri programmi nazionali come Legalità (13%) Governance (15%), o Ricerca e innovazione (12%). Ma la necessità di rispettare le scadenze Ue e la capacità tutta italiana di rendere ancora più complicate e farraginose procedure che già in partenza semplici non sono, costringe regioni e ministeri a continue corse contro il tempo e ad escamotage (progetti coerenti, progetti sponda, progetti a cavallo) che inevitabilmente si riflettono sull’efficacia dell’intera politica di coesione.

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