L’associazione dei vivaisti Civi-Italia, insieme a sei aziende private del settore, chiedono quattro milioni di euro di danni alla Regione Puglia per tutte le piante di ulivo che non sono più riusciti a esportare. E questa potrebbe essere soltanto la prima, di una serie di class action che rischiano di abbattersi sulla Puglia per colpa della Xylella. Soprattutto ora che il Tribunale di Lecce ha archiviato la causa penale contro le autorità che negli ultimi anni hanno gestito l’emergenza nella regione. Paradossalmente: perché se la causa in sé è archiviata, il decreto di archiviazione costituisce di fatto un atto di accusa preciso e circostanziato contro «l’irregolarità, il pressapochismo e la negligenza» con cui - dall’Osservatorio fitosanitario regionale ai consulenti universitari - ci si è occupati dei primi focolai.
La causa civile per danni promossa dai vivaisti italiani risale alla fine del 2014. Allora il batterio della Xylella, che già aveva colpito una porzione estesa del territorio pugliese, mostrava i primi focolai anche in Liguria e in Toscana. Così, per arginare la contaminazione, molti Paesi cominciarono a non importare più non solo gli ulivi italiani, ma tutte le piante da vivaio potenzialmente sensibili al batterio. Il risultato fu un crollo degli ordini per i nostri produttori, in particolare quelli di clienti importanti come i francesi, i tunisini, i marocchini e i libanesi.
L’azione dei vivaisti è affidata allo studio Trevisan & Cuonzo e a seguirla passo per passo è l’avvocato Vincenzo Acquafredda: «La nostra è stata la prima azione civilistica con richiesta di risarcimento danni avanzata sul tema della Xylella - racconta - prima di noi, ci sono state solo iniziative amministrative di gruppi di agricoltori che chiedevano la revoca dei provvedimenti per eradicare gli ulivi infetti».
Per cinque anni lo studio ha portato avanti le sue tesi coraggiose e pionieristiche sulle ricadute dei cambiamenti territoriali sugli operatori economici. Poi, qualche giorno fa, il decreto di archiviazione del Tribunale di Lecce è arrivato come il cacio sui maccheroni: «Le conclusioni a cui è giunta la procura - spiega l’avvocato Acquafredda - all’80% possono essere considerate un atto d’accusa contro il sistema dei controlli che non ha funzionato». E costituiscono un grande aiuto per la causa dei vivaisti, che in questo momento si trova in piena fase istruttoria al Tribunale di Lecce e che, in assenza di intoppi, potrebbe arrivare a sentenza entro la fine dell’anno o al massimo agli inizi dell’anno prossimo.
Soprattutto, se i vivaisti dimostrassero di aver ragione, il loro sarebbe un caso destinato a fare scuola. «Potrebbe essere la punta di un iceberg che apre la via a molte altre cause», assicura l’avvocato Gabriele Cuonzo, fondatore dello studio. Uno dopo l’altro, altri operatori economici, in primo luogo quelli del turismo, potranno farsi avanti. «Nessun territorio finora ha subito un cambiamento così repentino e inesorabile - ha aggiunto Cuonzo - quello della Puglia è forse il primo caso di modifica strutturale del paesaggio legato ad un evento preciso: se verrà dimostrato il nesso di causalità tra le omissioni accertate e i danni economici, le cause civili per risarcimento potranno aumentare».
Tre giorni fa, intanto, la Commissione europea ha avviato le nuove ispezioni nella Piana degli ulivi monumentali in provincia di Brindisi, per verificare l’avanzamento del contagio, l’effettivo abbattimento degli alberi infetti e l’avvio delle pratiche di innesto e reimpianto. Secondo le associazioni degli agricoltori, dopo aver raggiunto la provincia di Bari è confermato che la Xylella in Puglia sta virando anche a Ovest, con i nuovi casi di contagio in provincia di Taranto.
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