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Quando la comunicazione aziendale rischia di essere controproducente

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gestione d’impresa

Quando la comunicazione aziendale rischia di essere controproducente

Un aspetto sicuramente rilevante nella gestione dell'impresa in senso lato riguarda le comunicazioni alla clientela. Risvolto che le piccole e medie imprese a volte non curano in modo puntuale ed efficace, con effetti che possono risultare controproducenti. A sottolinearlo è una ricerca intitolata «Communication Crackdown» realizzata dalla Coleman Parkes Research per contro della filiale europea del gruppo giapponese Ricoh, specializzato nella vendita di prodotti e servizi per la gestione delle informazioni (oltre che noto per le sue fotocamere digitali).

La ricerca sottolinea anzitutto che «il volume delle comunicazioni irrilevanti sta mettendo a dura prova la fiducia dei consumatori e la loro fedeltà nei confronti dei brand». Due terzi degli intervistati afferma di sentirsi meno legato a una azienda che li sommerge di informazioni irrilevanti e il 63% dichiara di essere pronto a spendere meno o (57%) a rompere i rapporti. Con una certa esagerazione, si spinge poi ad affermare che «questo rappresenta una minaccia non solo per la crescita delle Pmi, ma anche per la loro sopravvivenza»: mentre occorre tempo per guadagnarsi la fiducia di un cliente, basta una comunicazione generica o una pioggia di informazioni sgradite in quanto irrilevanti per distruggerla.

Eppure, si fa notare, rispetto alle grandi aziende le Pmi sono «maggiormente agili e flessibili: riescono a raccogliere più rapidamente i feedback dai clienti», anche se poi non di rado non riescono a reagire in modo adeguato. Conclusione: «Piuttosto che focalizzarsi sui possibili rischi, le Pmi dovrebbero considerare la personalizzazione delle comunicazioni come una grande opportunita».

David Mills, Ceo di Ricoh Europe, consiglia anzitutto una integrazione dei dati sui clienti: «Nelle piccole e medie imprese i dati sui clienti sono spesso archiviati in differenti sistemi e gestiti ancora frequentemente in forma cartacea. Questo approccio non consente di ottenere una visione unica del cliente, per cui è difficile individuare le caratteristiche in base alle quali personalizzare le comunicazioni. Il primo passo è quindi focalizzarsi sulla gestione dei dati, integrandoli in una piattaforma per ottenere una visione unica del cliente».

Il secondo consiglio (sempre anche… pro domo sua, per pubblicizzare i Business Process Services di Ricoh) è quello di ricorrere all’aiuto di esperti per digitalizzare le informazioni sui clienti e i processi per la loro raccolta, in modo da poter segmentare accuratamente la clientela per poi personalizzare le comunicazioni indirizzandole verso uno sbocco multicanale. La ricerca evidenzia infatti che quasi la metà dei consumatori preferisce ricevere comunicazioni sia cartacee sia digitali.

Il terzo consiglio è quello di saper “ascoltare” i clienti: «L’80% degli intervistati si dice disponibile a fornire informazioni personali pur di ricevere comunicazioni mirate. Per le aziende è quindi opportuno raccogliere il feedback dei clienti sulle comunicazioni per migliorarle e far sentire il consumatore valorizzato e apprezzato». Personalizzare il più possibile i messaggi, conclude la ricerca, aiuta a differenziarsi dalla concorrenza. In meglio.

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