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Dopo Brexit la maggioranza dei Cfo sceglie di continuare a investire

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Dopo Brexit la maggioranza dei Cfo sceglie di continuare a investire

Come stanno reagendo, operativamente, i direttori finanziari europei al cospetto di una nuova realtà che, dopo il voto sul referendum relativo all’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea, mette le aziende di fronte all’incertezza di grandi cambiamenti socio-politici? Alla domanda ha provato a rispondere una ricerca, «Stepping into the Unknown», commissionata da Oracle a Coleman Parkes Research e condotta su un campione di 800 manager in ambito finance di aziende attive in vari Paesi dell’area Emea, Italia compresa.

Il fine dell’indagine era quello di valutare come il voto di giugno stia influenzando le strategie di business e condizionando le aspettative delle aziende secondo l’opinione dei Chief financial officer. Chi ha in mano le attività finanziarie dell’organizzazione, questo uno degli assunti della ricerca, è chiamato più di ogni altra linea di management a comprendere le attuali e future condizioni di mercato, perché su queste figure grava il compito di consigliare la propria azienda su come raggiungere gli obiettivi di crescita e di pianificare a lungo termine.

Il dato di sintesi forse più importante dello studio vede il 46% dei responsabili finance dichiararsi propensi a continuare ad investire alla ricerca (e in presenza) di solide opportunità per crescere nonostante lo “shock” conseguente alla Brexit. E la ragione di questo atteggiamento è facilmente sintetizzabile: le aziende sono consapevoli del fatto di non poter aspettare che si risolva questa situazione di insicurezza se vogliono rimanere competitive e conquistare quote di mercato. Se circa metà delle aziende campione pensano “positivo”, è però anche vero che il 41% dei Cfo ammette di essere stato colto di sorpresa dal risultato del referendum, confermando nel 46% dei casi (la percentuale scende al 42% per il campione italiano) come il processo di pianificazione sia divenuto da giugno in poi più complesso.

L’effetto Brexit, insomma, c’è e si fa sentire. E in contesti e ambiti diversi. Il 44% dei direttori finanziari oggetto di studio, per esempio, ha confermato di aver sviluppato molteplici piani di emergenza (aggiornati regolarmente) per assicurarsi che la propria azienda continui ad operare nonostante i cambiamenti. Il 50% ritiene invece che sempre più aziende saranno in difficoltà in termini competitivi mentre il 59% (il 51% in Italia e ben il 62% nel Regno Unito) prevede maggiori attività in termini di consolidamento e di fusioni e acquisizioni. Per quanto il clima di incertezza condizioni non poco l’operatività dei Cfo, la necessità di continuare a investire in modo strategico emerge comunque evidente, testimoniata per esempio dalla minoranza di aziende (il 32% del totale) che sta limitando la spesa allo stretto necessario.

Secondo Fabio Spoletini, Country Leader di Oracle Italia, «la situazione di incertezza non ferma l’evoluzione del mercato ma, anzi, apre a nuove opportunità a chi si muoverà in modo strategico. Alcune delle aziende che oggi hanno più successo sono state lanciate sull’onda della crisi finanziaria del 2008, sfruttando i cambiamenti nelle abitudini dei consumatori e implementando processi sufficientemente agili da adattarsi di pari passo alla loro crescita». Opportunità che i Cfo italiani sembrano pronti a cogliere con maggiore attenzione rispetto ai colleghi di altri Paesi. Il 46% dei manager intervistati, infatti, si dicono più ottimisti rispetto allo scorso anno e più della metà, il 51% per la precisione, sta proseguendo con gli investimenti nonostante l’esito “negativo” del referendum. Il 43% ha inoltre aumentato il numero delle fonti di dati da prendere in considerazione per valutare l'impatto di incertezza.

Molto significativa, infine, la percentuale di direttori finanziari, pari al 75%, che conferma di investire più tempo in pianificazioni e previsioni rispetto a 12 mesi fa, così come è sostenuta (raggiunge il 46%) quella di coloro che vedono più aziende essere a rischio uscita dal mercato. Dando un occhio alle risultanze dell’indagine relativa a Regno Unito e Germania, si scopre che la propensione agli investimenti non è venuta meno fra il 44% e il 46% dei Cfo rispettivamente. L’Italia, per una volta, si dimostra più virtuosa. Almeno nelle intenzioni.

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