Bebe Vio, Massimo Montorsi, Marco Confortola, Alessandro Paleri. In questi anni ho avuto l’occasione di conoscere diverse persone resilienti. Alcune note, altre sconosciute. Persone esemplari per la loro capacità «di affrontare le avversità della vita, di superarle e di uscirne rinforzate e addirittura trasformate positivamente» (così è definita la resilienza in psicologia). Pietro Trabucchi, professore universitario, ricercatore, coach e amico, il massimo esperto in Italia di resilienza, ricorda che la resilienza intesa come abilità si può allenare e sviluppare; intesa come approccio alla vita, si deve scegliere.
Perché questa esplicita sollecitazione? Se penso alle persone resilienti che ho conosciuto, trovo la risposta nelle loro azioni: straordinarie, per me; ordinarie per loro. Se penso a una risposta non empirica, l’unica che mi viene in mente è: perché aiuta a vivere meglio. Sono le parole di Pietro Trabucchi, quando descrive i tratti della persona resiliente, a rendere questa risposta concreta, visibile, palpabile: «Il resiliente è un ottimista e tende a leggere gli eventi negativi come momentanei e circoscritti; ritiene di avere un ampio margine di controllo sulla propria vita e sull’ambiente che lo circonda; è fortemente motivato a raggiungere gli obiettivi che si è prefissato; tende a vedere i cambiamenti come una sfida e come un’opportunità, piuttosto che come una minaccia; di fronte a sconfitte e frustrazioni è capace di non perdere comunque la speranza».
Parole che ricordano altre parole. Art Spiegelman e il suo appello a saper riconoscere il quarto di bicchiere pieno. Un appello che nasce dalla necessità, in alcuni momenti della vita, di saper cogliere e scorgere e usare quel quarto di bicchiere pieno come un’ancora. Samuel Beckett che implora «Ever tried. Ever failed. No matter. Try again. Fail again. Fail better» (Già provato. Già fallito. Non importa. Prova ancora. Fallisci ancora. Fallisci meglio). Una apparente vocazione al fallimento, in realtà un’implacabile invocazione al miglioramento continuo. Nelson Mandela, che ritratto in «Ama il tuo nemico» chiede di essere ricordato non per i suoi successi ma per tutte le volte che, caduto, è riuscito a rialzarsi (e, aggiungo io, a diventare un uomo migliore).
La resilienza non può essere confinata a percorsi di sviluppo o di formazione, non può essere solo oggetto di studio, fattore di analisi psicologica, tema di cultura aziendale o elemento di sfida per chi si occupa di persone e organizzazione. La resilienza, intesa sia come abilità sia come scelta, è una promessa di felicità (pardon, Stendhal): per ogni singolo individuo, per le organizzazioni aziendali, per un Paese che è attraversato da meravigliose storie di resilienza, ma che non fa abbastanza per renderle strade maestre.
Negli ultimi 18 mesi, insieme a Stefano Gentili, Chief marketing & distribution officer di Generali Italia, abbiamo avviato un viaggio alla scoperta delle eccellenze italiane. Abbiamo incontrato persone di ogni età, dal Trentino alla Sicilia, con alle spalle una storia di successo e davanti agli occhi un futuro ricco di visioni, ambizioni e soddisfazioni. Abbiamo conosciuto manager, imprenditori, start upper; medici, ricercatori, scienziati; architetti, archeologi, astronomi. Tutte le realtà che ci hanno incantato e attratto, hanno alle spalle uomini e donne con storie molteplici e diverse ma con un tratto comune. Sono tutti uomini e donne resilienti. Abbiamo scoperto, nel nostro viaggio, che eccellenza fa sempre rima con resilienza.
La parola resilienza ha un’origine antica. Il suo etimo latino richiama «il saltare indietro, il rimbalzare, il fare balzi». Fa venire in mente un movimento duplice, verso il basso e verso l’alto. L’etimo della parola resilienza non nega la caduta: anzi la prevede, la include, la annovera nel quotidiano come inevitabile. Ma accanto alla caduta, e sempre in un momento successivo, annuncia e dichiara la risalita, l’ascesa, la rinascita. Compito e dovere di chi nelle aziende si occupa di formazione e sviluppo, ma soprattutto di tutti coloro che gestiscono persone (il management), è promuovere e diffondere una cultura della resilienza come approccio alla vita. E generare idee e percorsi per svilupparla come abilità. Per il bene delle aziende, per il bene delle persone, per il bene della società.
* Partner di Newton Management Innovation
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