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«Effetto Pigmalione» in azienda: ciò che pensate a volte si…

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i consigli dell’esperto

«Effetto Pigmalione» in azienda: ciò che pensate a volte si avvera

Vi capita mai di sognare il vostro professore delle scuole superiori? Sì, parlo di colui che, al suo ingresso in classe, sapeva ammutolire gli studenti solo con lo sguardo, per poi afferrare il registro e scorrerlo con la penna dall’alto al basso, seminando il panico tra gli alunni più timorosi. Chi non ne ha mai incontrato uno o una così? Mi sono sempre chiesta quale sortilegio fosse in grado di esercitare contro il malcapitato di turno o contro di me, non certo immune ai suoi effetti. Con il tempo ho scoperto che il “sortilegio” era provocato da un fenomeno assai noto tra gli psicologi con il nome di «effetto Pigmalione», «profezia auto-verificantesi» o «effetto Rosenthal», dallo studioso tedesco che per primo svolse alcuni esperimenti a riguardo.

Effetto Pigmalione in azienda

L’effetto Pigmalione è stato per la prima volta preso in considerazione nel contesto scolastico: gli psicologi Rosenthal e Jacobson scoprirono che, quando un bambino viene ritenuto da un’insegnante poco predisposto ad una certa materia, viene trattato, spesso in maniera inconscia ed inconsapevole, in modo diverso dagli altri. Quel giudizio, sebbene non espresso verbalmente, viene comunque percepito e interiorizzato dall’alunno: ad esempio, quel bambino inizia a convincersi davvero di non essere portato per una determinata materia e pertanto:

1) studia meno, tanto impegnarsi non serve a nulla;
2) studia di più, ma vive la materia con stress e apprensione;
3) lascia che altri svolgano il suo compito perché più adatti.

Comportamenti, questi, che non fanno altro che rafforzare la convinzione iniziale dell'insegnante. Allo stesso tempo, le aspettative che gli insegnanti nutrono nei confronti degli alunni possono agire in senso inverso: in maniera del tutto inconsapevole, i bambini ritenuti più intelligenti in base ai test ricevono un trattamento speciale che li induce, sempre inconsapevolmente, a rispondere alle attese dei maestri nel tentativo di confermarle. Quanto è difficile, a scuola o nel lavoro, sopportare la delusione di una persona che ci crede bravi o, perfino, i migliori di un gruppo?

Spostiamo la medesima situazione in un contesto aziendale: cosa accadrebbe in una tipica relazione manager-collaboratore? Quando si ricopre il delicato ruolo di gestione di una o più persone, ci si relaziona con un sistema di aspettative proprie e altrui che influiscono sulle performance dei singoli, nonché sulla relazione. Fortunatamente, lo stesso avviene anche per creare dei circoli virtuosi all’interno del proprio luogo di lavoro. Un manager che crede nei propri collaboratori si aspetta che siano in grado di gestire compiti sfidanti, generare idee di valore e portare avanti un progetto con competenza; in caso di errori, li aiuterà a comprenderli e superarli, consapevole che ognuno ha delle aree da sviluppare. La relazione instaurata sarà quindi di supporto, più tipica delle relazioni tra un allenatore e un giocatore impegnato in un percorso di crescita. Il collaboratore è così portato a rispondere a tali aspettative sfidanti, cercando il più possibile di non deluderle e stimolando al massimo le proprie capacità.

A quali aspetti deve dunque prestare attenzione un manager per migliorare la gestione delle sue persone? Innanzitutto, trattandosi di schemi mentali che agiscono a livello inconscio, i giudizi e le aspettative devono essere portati alla luce, chiarendo il sistema di attese con cui ci si relaziona ai membri del team. Ecco alcune domande che un buon manager può costantemente porsi per smascherare i filtri con cui gestisce i propri collaboratori:

1) Quali sono le aspettative che ho nei confronti dei miei collaboratori?
2) Sono aspettative sufficientemente alte da divenire uno stimolo? E non troppo alte da essere vissute come irrealizzabili?
3) Qual è il potenziale che non sto liberando nelle mie persone e quali compiti posso assegnare loro per scoprirlo?
4) Come comunico le mie aspettative alle persone? Con una riunione in cui sottolineo quanto sono deluso da ciò che non hanno raggiunto o, invece, riconoscendo i loro sforzi ed supportandole a fare ancora meglio?
5) Quanto spesso i miei collaboratori ricevono feedback costruttivi e sentono che credo in loro e sto dando il massimo per accompagnarli nella loro crescita?

A questo punto, è possibile lanciare il proprio personale esperimento: così, come ne Le Metamorfosi di Ovidio, Pigmalione si innamora perdutamente di una statua e riesce a ottenere dagli dei che la trasformino in una vera donna, Galatea, allo stesso modo noi potremo risvegliare tutto il potenziale umano delle persone che lavorano con noi semplicemente equilibrando la nostra maniera di trattarle.

* Consultant in Newton Management Innovation

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