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Così la «business information» aiuta lo sviluppo delle imprese

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Così la «business information» aiuta lo sviluppo delle imprese

Il credito commerciale nel nostro Paese ammonta a più di 500 miliardi di Euro. Ogni anno in Italia escono dal mercato a seguito di una liquidazione volontaria o di una procedura concorsuale circa 100mila imprese. I fallimenti sono oltre 10mila. I creditori di queste imprese devono aspettare in media più di 7 anni per la liquidazione dei beni, per poi recuperare circa il 10% dei crediti incagliati. I ritardi nei pagamenti delle fatture commerciali sono diffusi: oltre la metà delle imprese italiane non è puntuale, con il 7% delle aziende che accumulano ritardi superiori a due mesi. Per sopravvivere in un contesto complesso e delicato come questo è indispensabile conoscere affidabilità e situazione economico finanziaria di clienti, potenziali clienti, partner e fornitori. È l’unico modo per ridurre il rischio di non essere pagati o di rimanere senza fornitura. Un pericolo devastante per imprese di ogni geografia, dimensione e settore.

La business information è in vetta alle criticità di ogni organizzazione, non solo competenza del risk manager, ma cruciale per tutti i C level. La mia opinione è che l’informazione sulla controparte commerciale sia fondamentale per ogni business e che, più in generale, dati e informazioni creino valore in tutte le funzioni aziendali. La trasversalità del tema è evidente, tanto che la business information non ha solo funzione di paracadute, ma può e deve essere l’abilitatore del business perché aiuta le imprese nella intera value chain. Alcuni esempi: il commerciale non deve accettare un ordine da un cliente del quale non conosce l’affidabilità. Allo stesso modo, la fabbrica non deve acquistare componenti da un fornitore vicino al fallimento. E il marketing non deve approcciare nuovi clienti prima di averne valutato il rapporto costo/opportunità.

La business information consente di conoscere le caratteristiche del mercato, anche in termini di volumi e profittabilità e l’analisi del portafoglio deve sempre essere il primo passo. E la necessità di monitorare l’affidabilità di tutte le controparti con cui si fa business riguarda anche i casi di relazioni consolidate con controparti delle quali si pensa di sapere tutto: è sbagliato, perché la situazione di una azienda può cambiare molto velocemente.

La digitalizzazione ha portato tutte le imprese a avere, gestire e produrre moltissimi dati, dati che potrebbero rendere più efficienti i processi, ridurre i costi e aprire nuovi business. Basti pensare alle opportunità che derivano dall’abbinamento di informazioni proprie con altre provenienti dall’esterno. È questo il caso per esempio di un’assicurazione che può trarre conclusioni strategiche abbinando i profili degli assicurati con quanto proviene dalle scatole nere dei veicoli. Allo stesso modo un contact center di recupero crediti può usare l’analisi semantica automatica di tutte le conversazioni per trovare correlazioni tra toni e vocaboli usati e performance di recupero.

Parimenti, è facile immaginare che in un futuro tutt’altro che lontano l’affidabilità di un compratore influenzi direttamente la produzione di una industria 4.0 e prima ancora i fornitori. Ovvero: se il cliente non è in grado di pagare è inutile avere in magazzino i semilavorati, tanto meno costruire il prodotto. A deciderlo non sono gli acquisti, il commerciale o la produzione, ci pensano direttamente il robot e l’intelligenza artificiale.

Queste considerazioni apparivano all’orizzonte con le dovute proporzioni, anche dieci anni fa. Oggi, per effetto della digitalizzazione, è esplosa la massa di dati che possono essere analizzati: ogni giorno vengono generati 2.5 quintilioni di byte. Il 90% di tutti i dati generati nella storia dell’umanità ha meno di 2 anni. La digital disruption e la velocità dei cambiamenti hanno reso imprescindibile e improcrastinabile la necessità di essere informati prima di decidere. Di nuovo a favore della diffusione di strumenti di indagine predittiva, è la possibilità tendente all’infinito di ragionare out of the box, cioè al di fuori di schemi precostituiti, perché conoscere un cliente significa anticiparne i bisogni e fornirgli soluzioni personalizzate: chi possiede un’auto di una certa categoria di solito risiede in una casa della stessa categoria. È un oceano nel quale ci sono giacimenti di potenziali clienti. Una opportunità da non perdere per nessuno.

Infine, una breve considerazione sulle frodi. Anche in questo ambito, la business information è una soluzione perché dotarsi di strumenti informativi fa luce e assicura visibilità sugli interlocutori, sulle identità e le caratteristiche dei singoli operatori e dei mercati. In conclusione, la pervasività dei dati impatta sui modelli organizzativi. A ogni impresa sia pubblica che privata serve una riorganizzazione che tenga conto del patrimonio dei dati.

* CEO di Cerved

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