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Algoritmi, no grazie! I candidati vogliono un recruiter in carne e ossa

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INDAGINE MONSTER.IT

Algoritmi, no grazie! I candidati vogliono un recruiter in carne e ossa

Il tema è noto e, almeno fra gli addetti ai lavori, e anche molto dibattuto. Nelle attività di selezione e recruitment quale può essere il valore aggiunto apportato dalla tecnologia, e dall’intelligenza artificiale in particolare? Quanto, in altre parole, un algoritmo matematico può identificare la figura più idonea per rispondere alle esigenze di un’azienda in cerca di talenti e professionisti? La tendenza, condivisa anche da molti Hr manager ed head hunter, è che (in prospettiva) questi strumenti non sostituiranno ma affiancheranno in modo continuativo chi è preposto a valutare e scegliere i candidati.

E questi ultimi, come la pensano? Sono consapevoli, e favorevoli, a sostenere un colloquio di lavoro “pilotato” da un computer? Stando a una recente indagine condotta da Monster.it, la divisione italiana della multinazionale del recruiting online Monster Worldwide, una persona su due si dice convinta che non sarà mai un algoritmo a valutare l’idoneità di un candidato.

A specifica domanda - «L’intelligenza artificiale finirà col sostituire l’elemento umano del processo di selezione?» - il 45% dei partecipanti al sondaggio ha indicato la risposta più conservatrice tra le quattro possibili, e cioè la seguente: «Assolutamente no, un robot non potrà mai valutare una persona meglio di un essere umano». Chiusura netta, dunque, verso i recruiter virtuali e piena fiducia verso quelli in carne ed ossa. Il 26% dei soggetti aderenti alla ricerca afferma invece di essere «appena impensierito» dall’idea che ad occuparsi delle attività di selezione sia un robot, mentre un terzo si dice molto aperto all’innovazione tecnologica (in tutte le sue derivazioni) in veste di strumento per favorire un primo contatto tra candidati e aziende. Senza però mai rinunciare, ed è la seconda risposta per numero di preferenze emersa dall’indagine, all’aspetto umano della relazione.

Interessante, inoltre, il parere espresso dal 23% dei rispondenti, secondo cui un algoritmo difficilmente potrà valutare l’idoneità di un candidato ma potrà diventare un alleato sempre più prezioso al servizio dell’area risorse umane, soprattutto nella fase di valutazione dei curriculum ricevuti (che in alcune grandi organizzazioni sono migliaia all’anno).

«La maggioranza di chi cerca lavoro - questa la riflessione di Nicola Rossi, Country Manager di Monster Italia - dimostra di pensarla come la maggioranza di chi il lavoro lo offre: l’idea che l’intelligenza artificiale sia in futuro di sempre maggiore aiuto alle divisioni Hr senza per questo sostituirsi all’uomo in processi come la selezione e il recruiting domina il pensiero comune e costituisce anche la conclusione di quasi ogni dibattito su questa tematica». Non deve quindi sorprendere che una fetta dei candidati, seppur minima (il 6% del totale) si dimostri convinta del fatto che l’attendibilità degli algoritmi sarà in futuro sempre maggiore, arrivando ad eliminare completamente la presenza dell’uomo nel processo di selezione e di ricerca del lavoro.

Eccessiva confidenza nelle capacità delle macchine e del software? Forse. «L’errore - ha precisato infatti in proposito Rossi - sarebbe a mio avviso quello di considerare l’intelligenza artificiale come un sostituto dell’uomo per l’intera gamma delle sue attività, quando il suo fine dovrebbe essere quello di semplificare, e cioè di snellire, velocizzare e liberare i responsabili delle risorse umane da quei compiti routinari che incidono sulla qualità del loro lavoro e dell’intera divisione Hr».

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