La ricetta per guadagnare tanto nel settore Hr? In Italia, più che nel resto d’Europa, è senza dubbio un mix di due ingredienti fondamentali: esperienza nel settore e capacità di aggiornarsi in tempo reale con le ultime applicazioni del progresso tecnologico.
A rivelarlo è l’elaborazione del gruppo di recruiting mondiale Hays per Il Sole 24 Ore che ha messo a confronto le buste paga di cinque figure professionali – direttori, hr business partner, manager, advisor e assistant - della galassia delle risorse umane in Italia, Francia, Germania, Spagna e Gran Bretagna.
Partendo dal vertice della piramide emerge che il capo delle risorse umane con 2-5 anni di esperienza guadagna uno stipendio lordo annuo – comprensivo di parte fissa e variabile – di 75mila euro in Italia, 70mila in Francia, 68mila in Spagna, 116mila in Gran Bretagna. La situazione cambia parzialmente se il capo del personale ha alle spalle 5-10 anni di attività: l’hr director italiano incassa infatti un aumento del 60%, contro il +21% dei colleghi francese e spagnolo, il +23% di quello tedesco, il +30% di quello inglese.
L’esplosione vera e propria dello stipendio del direttore del personale italiano avviene però quando la seniority supera i dieci anni: 180mila euro annui, un importo più che doppio rispetto a quello guadagnato dall’hr director con meno di 5 anni di esperienza. Tra i 5 paesi considerati solo in Germania e Gran Bretagna lo stipendio è leggermente più alto: rispettivamente 190 e 186mila euro. Mentre in Francia ci si ferma a 140mila euro e in Spagna a 139mila.
Tra le figure considerate – per tutti i dettagli si veda l’infografica a lato – è quella dell’hr assistant che in Italia registra una crescita rilevante di stipendio in base alla seniority che lo porta ai vertici del ranking europeo degli stipendi.
Lo stipendio di questa figura professionale - che si occupa di supportare dal punto di vista amministrativo tutte le attività della direzione delle risorse umane - in Italia è di 25mila euro lordi annui considerando un’esperienza di 2-5 anni di lavoro, leggermente sotto la media degli altri paesi che è di 27mila euro in Francia, 29mila in Spagna, 38mila in Germania e 26mila in Gran Bretagna. Con oltre 10 anni di esperienza arriva a guadagnare 60mila euro (più del doppio) e stacca tutti gli altri paesi europei (la Francia si ferma a 40mila euro, la Germania a 49mila, la Gran Bretagna a 35mila euro).
«Lo stato di salute del settore delle risorse umane in Italia è buono – commenta Mark Bowden, managing director Southern, Central, Eastern Europe & Middle East di Hays -: dopo la frenata registrata negli anni della crisi, dal 2018 in poi le opportunità di lavoro sono cresciute un po’ a tutti i livelli e con retribuzioni in linea con gli altri principali mercati europei».
Ma per fare carriera o restare al top nell’universo hr, secondo Bowden, c’è un requisito fondamentale che non deve mai mancare. «Essenziale è l’apertura mentale di fronte al continuo progresso tecnologico – sottolinea - che garantirà alle aziende sempre più strumenti da impiegare nelle strategie di sviluppo. Per massimizzare i vantaggi dell’avvento delle nuove tecnologie, è fondamentale che manager e responsabili delle risorse umane comprendano e anticipino l’impatto che queste potranno avere su tutte le dinamiche aziendali: dal reparto hr al marketing, passando per il finance, nessun settore sarà immune al progresso tecnologico e alla digitalizzazione».
Avere un così ricco bacino di tecnologie da cui attingere, implica la necessità, da parte dei manager, di avere le tech skill adeguate per poter identificare quelle più adatte allo sviluppo del proprio business.«Per molti professionisti sarà quindi necessario un costante aggiornamento per rimanere sulla cresta dell’onda» prosegue Bowden.
L’automazione rappresenta solo una opportunità oppure nasconde anche qualche minaccia? «È inevitabile – risponde Bowden - che molti compiti, soprattutto quelli ripetitivi, possano essere sostituiti dall’automazione e dai robot. Tuttavia, non bisogna temere il cambiamento, al contrario è di strategica importanza che i leader aziendali comunichino alla propria forza lavoro in modo corretto e adeguato l'alto potenziale di crescita e le nuove opportunità che ne potranno derivare. Il ruolo dell’uomo resterà comunque fondamentale per portare a termine tutte quelle mansioni complesse che richiedono necessariamente la sensibilità di un professionista.
Ma non mancano le avvertenze. «La tecnologia è utile solo se le persone vogliono davvero farne uso -avverte Bowden -: qualsiasi progresso tecnologico ha senso solo se rappresenta realmente un beneficio per il target a cui si rivolge. Affinché questo avvenga, le organizzazioni devono intraprendere come prima cosa un cambiamento culturale, che dovrebbe partire dai vertici aziendali, incoraggiando un ambiente votato alla collaborazione, all’apertura e alla flessibilità».
I responsabili delle risorse umane, conclude il managing director di Hays, «hanno un ruolo chiave in queste dinamiche, nel guidare e facilitare la creazione di un clima aziendale che favorisca il cambiamento e accolga positivamente i nuovi input tecnologici».
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