La governance della trasformazione digitale del Paese e della Pubblica Amministrazione è il passaggio ineludibile se vogliamo recuperare competitività. È in capo a due figure diverse, con una gestione duale ancora non definita esattamente. Si tratta di Luca Attias, il Commissario straordinario che ha preso il posto di Diego Piacentini e che capitana uno sparuto, ma agguerritissimo Team Digitale e Teresa Alvaro, direttrice generale dell’AgID, l’Agenzia vigilata dal ministro per la PA Giulia Bongiorno che ha in capo l’attuazione della strategia, recentemente delineata da un ambiziosissimo Piano triennale, e la sua diffusione su tutto il territorio italiano.
Molti commentatori in questi mesi hanno più o meno correttamente messo in evidenza il grave rischio dato da una governance che chiamare confusa è un eufemismo, tutto giusto, ma ascoltando con attenzione le dichiarazioni rese pochi giorni fa da queste due figure apicali alla Commissione bicamerale per la semplificazione, emerge ancor prima che un problema di governance, o almeno assieme a questo, una drammatica carenza di project management da parte di chi è chiamato alle scelte politiche sull’impiego delle risorse. In altre parole, manca la capacità di collegare obiettivi, risorse umane, finanziarie e strumentali necessari per raggiungerli e tempi di realizzazione.
Luca Attias ha dichiarato testualmente che prima di dire quello che si può fare va dichiarato quello che non si può fare. «Noi siamo una trentina, al massimo una quarantina di persone, da decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, quindi da là non ci muoviamo. In Gran Bretagna, nella struttura equivalente sono 820 (…). Questo già vi dà una risposta» e ancora «Sul digitale in Italia ci siamo presi in giro per tanti anni, dicendo che avremmo fatto grandi progetti con quattro gatti. (…) Se vogliamo occuparci del cloud, della razionalizzazione delle infrastrutture, si devono prendere quaranta persone verticalmente che si occupano solo di quello e fanno risparmiare 2 miliardi di euro netti al Paese. E questo vale per tutto. La serietà e la consapevolezza dello stato delle cose è il punto».
Gli fa eco Teresa Alvaro che ha dichiarato in commissione che «In termini di risorse, assolutamente scarse, stiamo lavorando come AgID in una situazione quasi ai limiti del drammatico: abbiamo persone di grande professionalità che, purtroppo, hanno raggiunto i limiti dell’età pensionabile e stiamo pensando a come resistere» e ancora, sollecitata dalla Commissione sulla definizione della fattibilità dichiara che «… La soluzione è avere nella struttura le risorse e le competenze necessarie per poter esercitare questa azione, non solo di coordinamento, ma anche di progettazione».
Siamo tutti consapevoli dello stato della finanza pubblica, ma la politica deve essere il luogo delle scelte e soprattutto deve evitare di prenderci in giro e di mentire a sé stessa: a condizioni date né il Team Digitale né l'AgID sono in grado di svolgere i compiti che il Piano Triennale gli impone e che lo stato attuale dell’Italia, drammaticamente ultima, o nella pattuglia degli ultimi tre in qualsiasi indicatore di economia digitale, richiederebbe. Servono persone competenti, numerose (una stima molto accurata lasciata da Diego Piacentini parlava di almeno 510 figure professionali) ben gestite e focalizzate, con risorse certe su obiettivi definiti e tempi dati.
È un tema quindi non solo di strategie, che comunque dovrebbero essere più lineari e dovrebbero definire le priorità, ma di fabbrica: delle novanta azioni che il Piano Triennale descrive e promette ben 67 sono di competenza dell'AgID, di cui undici pesanti la vedono come unica protagonista e nelle altre deve affiancare le amministrazioni con un ruolo di indirizzo, ma anche in quello, labour intensive, di coaching. Ce può fare l'AgID a sopportare questo peso produttivo? Può interpretare al meglio il suo ruolo di agenzia di execution? Purtroppo, la risposta non può che essere negativa.
È quindi necessario che sia data alla fabbrica AgID la possibilità di rafforzarsi, di meglio organizzarsi, di dotarsi di risorse sufficienti per un compito decisivo. E può oggi, con le risorse che ha, il Commissario Straordinario con il suo Team adempiere gli importantissimi compiti che assegna loro la norma e che vanno da «esercitare poteri di impulso e coordinamento» per la trasformazione digitale del Paese a «coordinare le attività» di innumerevoli enti, agenzie, amministrazioni, società pubbliche che si occupano di Agenda digitale, e ancora a esercitare un vero potere sostitutivo in caso di inadempienza di amministrazioni pigre? Anche qui la risposta non può che essere negativa.
Ancora una volta ci siamo concentrati sulle cose da fare, tutte giuste ma ripetute così tanto che sembrano ormai grida manzoniane. Abbiamo tralasciato il come. Non è un errore da poco: senza un efficace project management potremmo trovarci con un pugno di mosche.
Obiettivo del prossimo Forum PA 2019, in programma dal 14 al 16 maggio aRoma, sarà proprio contribuire a sanare questo gap tra il dire e il fare, con un confronto concreto tra tutti gli attori in campo, con un esame delle migliori esperienze da replicare, con uno stimolo continuo alla politica perché faccia il suo lavoro: scegliere priorità, definire obiettivi e tempi e assegnare le risorse necessarie.
* Presidente Forum PA
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