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Putin riappare in pubblico e mette in allerta la flotta del Nord

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le manovre del presidente russo

Putin riappare in pubblico e mette in allerta la flotta del Nord

Dopo un'assenza di dieci giorni, che aveva alimentato congetture e riflessioni di ogni genere sulle sorti del presidente russo e del suo Paese, Putin è riapparso oggi a San Pietroburgo, insieme al presidente del Kirghizistan Almazbek Atambajev. La prima, rapida comparsa sugli schermi dei notiziari televisivi russi non risponde certo alle domande sollevate nei giorni scorsi: seduto accanto a un gigantesco tricolore russo, Putin è stato inquadrato mentre parla all'ospite, sorridente ma pallido, e un po' impettito.

Un volto di cera su cui senza dubbio continueranno a incrociarsi voci e sospetti, a partire dall'ultima indiscrezione che lo ha pensato in questi giorni a Valdai, non lontano da Pietroburgo, bloccato da problemi alla schiena. Lui, del resto, si è ben guardato dal dare spiegazioni: «Senza pettegolezzi ci si annoierebbe», avrebbe semplicemente commentato. Però l'incontro nel sontuoso Palazzo di Costantino è stato breve e Putin insolitamente ha parlato poco, limitandosi ad assentire mentre affidava all'ospite kirghizo il compito di assicurare che «il presidente sta bene,mi ha appena portato in giro stando lui stesso al volante».

Ma che sia stato o meno il fisico a fermarlo per qualche tempo, questi giorni hanno messo in discussione la solidità della presa di Putin sul Paese: e proprio nel momento in cui l'omicidio Nemtsov ha portato alla luce l'eventualità di faide interne al potere. Risolte quelle o ritrovata la salute, ora la priorità è ribadire chiaramente chi ha il controllo. Ed ecco l'annuncio, poche ore prima della “ricomparsa” di Putin, di improvvise esercitazioni militari nell'Artico. Citando il ministero della Difesa, le agenzie di stampa russe hanno spiegato lunedì mattina che il presidente aveva dato ordine alla Flotta settentrionale basata a Murmansk e alle unità di paracadutisti di porsi in stato di massima allerta, per sei giorni di esercitazioni non programmate nell'Artico. A un passo dai confini Nato con Norvegia e Paesi Baltici, sempre più preoccupati dal clima di tensione con Mosca nato dalla crisi ucraina.

Esattamente un anno fa la Crimea votava nel referendum che due giorni dopo l'ha riportata in Russia. Nel Donbass la tregua cammina su un filo che ogni giorno rischia di spezzarsi, incapace di spazzare via la diffidenza e l'odio e i sospetti della Nato secondo cui da oltre confine l'afflusso di armi ai separatisti non si è affatto interrotto. L'assassinio di Boris Nemtsov, il 27 febbraio scorso, apre scenari inquietanti: un punto di non ritorno, è stato detto, l'eliminazione di un leader dell'opposizione, ma pur sempre un politico. La “scomparsa” di Putin non ha fatto che incendiare i sospetti di un'incrinatura negli equilibri del potere governati dal presidente, uno scontro tra l'Fsb (servizi di sicurezza) e il presidente ceceno Ramzan Kadyrov, uomo sempre meno controllabile ma cruciale per Putin, in quanto garante della stabilizzazione della Cecenia. In questa atmosfera perfino un incendio vero, scoppiato domenica sera sul campanile del monastero Novodevichy di Mosca, è stato descritto da qualcuno come un segno premonitore.

Il rientro di Putin sarà dunque segnato da varie dimostrazioni di forza. Nelle esercitazioni navali nell'Artico saranno impegnati 40mila uomini, 41 navi da guerra e 15 sottomarini. La Russia, ha detto il ministro della Difesa Serghej Shoigu (che in alcune delle fantasie circolate in questi giorni potrebbe assumere il potere al posto di Putin) deve far fronte a nuove minacce che la obbligano a rafforzare la propria potenza e le capacità militari.«Nuove sfide e nuove minacce alla sicurezza militare - ha detto Shoigu - richiedono alle forze armate di rinforzare ulteriormente le loro capacità militari. E un'attenzione speciale deve essere rivolta alle formazioni strategiche nel Nord».

Parallelamente, Mosca celebrerà con grande enfasi il primo anniversario del “ritorno in patria” della Crimea: reso necessario, spiega Putin in un film girato per dare la versione russa degli avvenimenti, per evitare alla penisola sul Mar Nero - base della Flotta russa di Sebastopoli - gli sviluppi violenti a cui oggi assistiamo nel Donbass. La Crimea non farà mai più parte dell'Ucraina, giura il premier Serghej Aksionov. Nel film Putin ripercorre gli ultimi giorni drammatici delle proteste sul Maidan e la fuga del presidente Viktor Yanukovich, nella notte tra il 22 e il 23 febbraio: «Fino al rovesciamento del suo governo non avevamo pensato al distacco della Crimea dall'Ucraina - afferma il presidente russo - ma la Crimea è storicamente territorio nostro. Ci vivono russi. Erano in pericolo. Non potevamo abbandonarli». Nel caso fosse stato necessario, rivela Putin, la Russia sarebbe stata pronta a mettere in stato di combattimento anche le forze nucleari.

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