ATENE - Dopo aver superato lo scoglio del voto parlamentare Alexis Tsipras deve verificare se la sua maggioranza esista ancora oppure no. I 17 voti mancanti all’appello, bruciano sulla pelle seppure mitigati da otto astensioni che potrebbero essere recuperate. Di fatto l’ammutinamento dell’ala sinistra di Syriza ha mandato l’esecutivo di coalizione sotto la maggioranza necessaria di 151 su 300 deputati. E ora ad Atene si parla, per domani o martedì, della possibile formazione di un governo di unità nazionale e le grandi manovre per posizionarsi sono già iniziate. Antonis Samaras, ex premier greco ed ex leader di Nea Dimokratia, l’altra sera sembrava politicamente pronto non solo a un appoggio temporaneo e tattico al governo Tsipras ma a un vero e proprio cambio di maggioranza. L’idea sarebbe di liberarsi dei 30-40 voti di Panagiotis Lafazanis, l’ala radicale di Syriza, e sostituirli con i voti di Pasok, To Potami e Nea Dimokratia, o almeno parte di essa.
La nuova svolta di realismo per far fronte alle difficoltà di far approvare un programma indigesto, pieno com’è di misure di austerità su pensioni e aumenti dell’Iva oltre alle privatizzazioni, all’ala radicale di Syriza, arriva dopo una notte drammatica ricca di colpi di scena e risultati sul filo di lana. Il Parlamento greco ha votato alle 2.29 della notte tra venerdì e ieri a favore del piano di accordo con i creditori proposto dal premier Alexis Tsipras. «Ora il governo ha un forte mandato a trattare con i creditori», ha dichiarato il premier greco Alexis Tsipras al termine del voto. Molti greci hanno seguito per tutta la notte alla tv i lavori parlamentari.
Poco prima alle 00.47 da Bruxelles la troika approvava l’ultima proposta presentata da Atene ritenendola sufficientemente buona per essere la base di un nuovo finanziamento per 74 miliardi di euro, di cui 58 dall’Esm e 16 dall’Fmi. Con questo “sì” il documento è passato all’Eurogruppo per l’approvazione politica dove però ha ricevuto la doccia gelata dei tedeschi e rilanciato la necessità di formare una governo ellenico che abbia la fiducia dei creditori. Quando si è debitori la propria sovranità viene limitata dalle posizioni di forza di chi reclama la restituzione del proprio denaro o minaccia di farti restare fuori dall’Eurozona per cinque anni.
Il voto ad Atene, comunque, non era andato liscio. Con alcune vistose defezioni di esponenti di Syriza, il partito di estrema sinistra del premier Tsipras, il Parlamento ha detto sì al piano di riforme e tagli da 13,5 miliardi di euro in due anni (3,5 in più rispetto a quello chiesto dai creditori prima del referendum di domenica scorsa). Il pacchetto Tsipras è comunque passato con un’amplissima maggioranza, molto più ampia di quella su cui conta il governo: i sì sono stati 251 su 300 deputati, i no 32 (tra cui due membri di Syriza) e 8 astenuti. Tra questi pezzi da 90 del partito del premier, a partire dal presidente del Parlamento, Zoe Konstantopoulou e del ministro dell’Energia e leader dell’ala sinistra del partito, Panagiotis Lafazanis. Entrambi si sono limitati a rispendere «presente» al momento di voto, senza esprimersi quindi né a favore né contro.
Sulla carta Tsipras poteva contare sui suoi 149 deputati (ma almeno in 17 di questi o si sono astenuti (otto) o non hanno partecipato al voto (sette, tra cui Varoufakis) e due si sono espressi contro) e i 13 della destra nazionalista di Anel guidata da Panos Kammenos. In teoria senza il voto dell’opposizione il premier Alexis Tsipras sarebbe andato sotto. Se si escludono, però, gli astenuti, i contrari nella sua formazione sono stati solo due più sette che non hanno partecipato al voto, per un totale di nove. Meno dei dodici voti di maggioranza di cui gode il governo, e in passato abbiamo visto governi galleggiare per mesi con un solo voto di maggioranza. Tsipras si è salvato, ma per un soffio e grazie alle astensioni strategiche di Lafazanis e Kostantopoulou che non se la sono sentita di affondare il governo dopo cinque mesi di duri negoziati con la troika e un referendum popolare. Eppure anche solo la loro astensione potrebbe costare l’ennesimo dietrofront, la kolotoumba di Tsipras, così chiamano i greci la capriola, cioè la nuova maggioranza di governo. La testa di Varoufakis potrebbe non essere più sufficiente.