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Siria, gli Usa aprono alla Russia: pronti a colloqui diretti con Mosca

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l’avanzata dell’isis in medio oriente

Siria, gli Usa aprono alla Russia: pronti a colloqui diretti con Mosca

Non si parlavano da più di un anno. E di motivi per non farlo ne avevano parecchi. A cominciare dalla crisi in Crimea e il successivo conflitto in Ucraina, che ha riportato Mosca e Washington ai tempi della guerra fredda. Ma davanti all’avanzata dello Stato islamico, e al rischio - reale - che le fiamme dell’incendio siriano divampino in tutto il Medio Oriente in modo ancor più drammatico, i ministri della difesa di Stati Uniti e Russia, Ash Carter e Sergei Shoiguha, hanno intrattenuto ieri una lunga conversazione telefonica.

È stato il Segretario di Stato americano John Kerry, che aveva rivelato in settimana l’esistenza di una proposta giunta da Mosca per l’avvio di colloqui a livello militare, a spiegare le ragioni di questa imprevisto riavvicinamento: «Il presidente (Barack Obama, ndr) crede che una conversazione a livello militare sia un prossimo passo importante. Spero che possa aver luogo in tempi molto brevi». «Il nostro obiettivo - ha proseguito Kerry- rimangono la distruzione dell’Isis, e anche un accordo politico, che riteniamo non possa essere raggiunto con la presenza prolungata del presidente Bashar al-Assad. Stiamo cercando strade per un terreno comune».

Da Mosca, la portavoce del ministero degli Esteri, Maria Zakharova, ha assicurato: «Non abbiamo mai rifiutato il dialogo con gli Stati Uniti. Siamo aperti al momento su tutte le questioni di mutuo interesse, compresa la Siria».

La crescente presenza militare russa in Siria non è un problema di facile gestione. Anche sul fronte della prevenzione della conflittualità, vale a dire -in termini militari - nel cercare di evitare scontri accidentali. Rischio da non sottovalutare se Mosca dovesse intervenire anche con la sua aviazione per sostenere l’esercito di Assad contro l’avanzata dello Stato islamico. Scenario tutt’altro che remoto. Soprattutto alla luce della notizia diffusa ieri dal Wall Street Journal secondo cui il Pentagono sostiene che la Russia avrebbe spostato i suoi primi caccia da combattimento in una base in Siria. Come se non bastasse il portavoce di Vladimir Putin, Dmitrij Peskov, ha reso noto che la Russia potrebbe prendere in considerazione l’idea di inviare truppe a combattere in Siria ma solo se lo richiedesse Bashar al-Assad. Una possibilità “ipotetica”, ha precisato Peskov.

La versione ufficiale espressa dal ministro degli Esteri Serghej Lavrov è che la presenza militare russa in Siria si ferma all’invio di armamenti e di specialisti in grado di gestirli e di addestrare le truppe di Assad. «Fino a questo momento non stiamo combattendo insieme alle forze russe – ha spiegato Wallid al-Muallem, ministro degli Esteri siriano -. Ma se dovessimo ritenere necessario un impegno comune, prenderemo in considerazione l’idea di chiederlo».

Ma cosa si sono detti i due ministri? «Il segretario e il ministro hanno parlato di aree in cui i punti di vista degli Usa e della Russia convergono e delle aree di divergenza», ha chiarito il portavoce del Pentagono, Peter Cook. «La necessità di coordinare gli sforzi bilaterali e multilaterali per combattere il terrorismo internazionale è stata al centro dell’attenzione» ha detto il portavoce del ministero della Difesa Igor Konashenkov . «La conversazione ha mostrato che i punti di vista sono simili o coincidono sulla maggior parte delle questioni discusse».

Eppure questa inedita prova di dialogo confligge con gli interessi che due potenze del calibro di Russia e Stati Uniti hanno finora avuto nell’esplosiva crisi siriana. La Casa Bianca ha sempre insistito nel chiedere le dimissioni del presidente siriano, accusato di essere il responsabile di una crisi degenerata in una guerra che ha giù ucciso 240mila persone, in gran parte civili. Il Cremlino, tuttavia, è sempre stato determinato nel difendere il solo alleato che ha ancora in Medio Oriente e che gli consente di avere la sua sola base navale sul Mediterraneo. Una sorta di confronto indiretto in una guerra per procura.

Ma l’inattesa quanto travolgente ascesa dello Stato islamico ha sparigliato le carte. Mosca e Washington hanno ora un nemico in comune: l’Isis. Dopo aver fallito nel tentativo di addestrare i ribelli miderati contro Assad, la Casa Bianca non sembra avere molte alternative. Le sue diverse strategia in Siria sono state un insuccesso. Anche l’ultimo piano del Pentagono - creare sempre attraverso l’addestramento dei ribelli “moderati” una forza militare su larga scala questa volta in grado di contrastare con efficacia l’Isis - starebbe per essere rottamato.

Resta il fatto che la crescente presenza militare russa in Siria, non ultimo la schieramento di missili terra aria per difendere la base aerea di Latakia, suggerisce che Mosca e Washington hanno molto di cui a parlare. E che una collaborazione non è scontata. I prossimi giorni ci diranno se sarà davvero disgelo. Obama e Putin potrebbero incontrarsi a margine dell’Assemblea generale dell’Onu a New York. Probabilmente il 28 settembre quando i due leader si ritroveranno entrambi al Palazzo di vetro.

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