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Caso Volkswagen, l’occasione per cambiare davvero

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L’ANALISI

Caso Volkswagen, l’occasione per cambiare davvero

In caso pensassimo le frodi come un patrimonio esclusivo del settore finanziario, il caso Volkswagen ci costringe a ricrederci: il problema è molto più grave e diffuso. Non si tratta di un errore (errare humanum est), neppure di una colpevole omissione, ma di un crimine perpetrato intenzionalmente e con la più scaltra malizia.

Le macchine prodotte dalla Volkswagen erano programmate per ingannare i test che controllano le emissioni di gas nocivi, così da passarli, anche se le loro emissioni superavano dalle 10 alle 40 volte il livello consentito negli Stati Uniti. E non parliamo tanto di CO2, ma di gas di scarico di motori diesel che l’anno scorso l’Organizzazione mondiale della sanità ha dichiarato essere causa di tumori, con effetti paragonabili all'esposizione secondaria al fumo di sigaretta. A peggiorare la situazione, questo crimine non è stato perpetrato da una società di un paese in via di sviluppo, dove la cultura dell'osservanza alle regole non si è ancora sviluppata, ma da un impresa del paese che fa dell’osservanza delle regole il suo orgoglio nazionale: la Germania (non osiamo immaginare cosa avrebbero scritto i giornali tedeschi se l’impresa fosse stata italiana).

Non sorprendentemente il prezzo delle azioni Volkswagen è crollato. La casa automobilistica tedesca rischia una multa fino a 18 miliardi di dollari negli Stati Uniti e si ritrova la sua reputazione distrutta in tutto il mondo. Altrettanto non sorprendentemente il crollo delle azioni Volkswagen ha trascinato al ribasso i listini azionari in Europa ed in America. La paura è che non si tratti di un caso isolato, ma di un problema diffuso. C’è anche il timore (certezza?) che questo episodio inneschi una severa reazione anti-imprese ed una pesante ondata di regolamentazione. Non è esagerato affermare che lo stesso governo tedesco sarebbe a rischio se venisse dimostrato - come sostenuto da alcuni- che era a conoscenza dell’inganno. Una simile scoperta comprometterebbe anche l’autorità morale della Germania nell'eurozona. Come potrebbero i tedeschi indignarsi contro la Grecia, responsabile di avere avuto un governo che ha truccato i conti, se si scoprisse che anche il loro stesso governo ha tollerato un imbroglio delle dimensioni di quello della Volkswagen?

Quello che è più sorprendente è che l’amministratore delegato abbia sperato di sopravvivere al suo posto. È vero che – a differenza di molte imprese che di fronte ad accuse di frode e corruzione cercano di coprire invece che di scoprire i loro errori – Volkswagen si è comportata correttamente. Ha nominato una commissione indipendente ed ha fatto pubblica ammenda. Ma l'amministratore delegato o sapeva e quindi doveva andarsene perché colpevole. O non sapeva e quindi doveva andarsene per manifesta incapacità gestionale. In una società di quasi 600mila dipendenti è impossibile prevenire frodi individuali. Ma qui non si tratta di una frode individuale. Si tratta di una frode che richiede la partecipazione di molti livelli dell'organizzazione. Queste sono prevenibili in due modi: un meccanismo di incentivi per i dipendenti che denunciano una scorrettezza dell'impresa e una cultura che emana dal vertice dell'impresa (tone at the top). Questa cultura deve rendere chiaro che l'obiettivo non è il risultato ad ogni costo, ma solo il risultato ottenuto seguendo le regole.

In molti ricordano la famosa frase di Milton Friedman che l’unica responsabilità sociale di un’impresa è di fare profitti. In pochi rammentano che la frase non finiva lì. Con lungimiranza Friedman aggiungeva «fintanto che (un'impresa) rimane all'interno delle regole del gioco, vale a dire, si impegna in una concorrenza aperta e libera senza inganno o frode». Purtroppo questa seconda parte sembra dimenticata non solo nel mondo del business, ma anche nel mondo delle business school. Invece che insegnare il dovere di rispettare le regole (almeno nei paesi democratici) all'interno dei singoli corsi, si preferisce sciacquarsi la bocca con dei corsi separati di etica, mal tollerati dagli studenti e poco seguiti. È arrivato il momento che anche noi professori ci prendiamo le nostre responsabilità e cambiamo il modo di insegnare. Se la cultura emana dai vertici, deve innanzitutto emanare da noi. Se il caso Volkswagen producesse questo cambiamento, i morti che l’eccesso di emissioni di ossido di azoto produrrà non saranno morti invano.

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